(Cassazione penale sez. VI, Sentenza 17.12.2010 n. 3014)
Z.G. Ricorre, a mezzo del suo difensore, contro la sentenza 1 luglio 2009 della Corte di appello di Torino la quale, in parziale riforma della sentenza 4 ottobre 2007 del Tribunale di Torino, ha ridotto la pena a mesi 2 e giorni 15 di reclusione, per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone (così modificata l’imputazione di violenza privata) in concorso con il delitto di lesioni personali. 1) la decisione della Corte di appello impugnata. La Corte distrettuale ha ritenuto che la condotta posta in essere dallo Z. (e consistita nel costringere con violenza la cliente M.L., che rifiutava di uscire dallo studio professionale – di cui era titolare unitamente al socio V. – ad allontanarsi dallo stesso, con ciò arrecando alla donna lesioni personali, a seguito di urto con il montante della porta) non possa essere scriminata dalla esimente della legittima difesa, neppure dalla necessità di difendere il proprio diritto all’inviolabilità del proprio domicilio, posto che tale diritto ben poteva essere tutelato richiedendo l’intervento delle forze dell’ordine, né venendo in considerazione la necessità di tutelare l’incolumità del socio V. che non risulta fosse minacciata. La gravata sentenza ha inoltre escluso pure la causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p. dell’esercizio di un diritto, in quanto la stessa non sussiste allorchè il diritto sia esercitato con la violenza o la minaccia in una situazione in cui il titolare possa ricorrere all’autorità giudiziaria, intendendo con tal dizione anche il ricorso alle forze dell’ordine. La Corte di appello infine, non contestabili le lesioni, ha osservato sul punto: a) che per la sussistenza di tale esimente non è sufficiente che l’ordinamento attribuisca un diritto, ma è necessario, altresì, che consenta di esercitarlo proprio con l’attività che, per altri, che non sia titolare di quel diritto, costituisca reato;