Calci, pugni e altre crudeltà alla moglie malata di cancro: condannato a 5 anni
E’ stato condannato a cinque anni di reclusione per aver ”maltrattato con crudeltà la moglie gravemente malata di cancro”, averla ”percossa sistematicamente, colpendola con calci e pugni in testa e in varie parti del corpo”, ”rifiutandosi di darle cibo che acquistava solo per lui e per il figlio minore”, ”intimandole di non andare più in ospedale a farsi curare”, ”ferendola a fronte del rifiuto della donna di avere un rapporto sessuale in quanto non si sentiva bene…”. A quanto riporta il ”Corriere del Veneto”, sono queste le motivazioni appena depositate in tribunale della sentenza di condanna per maltrattamenti emessa dal giudice Paola Vacca nei confronti di A. A. K., un uomo di origini ghanesi da anni residente nel Veronese. Il pm a coronamento della sua requisitoria aveva chiesto 2 anni di reclusione per l’uomo, ma il giudice nel suo verdetto ha avuto la mano più pesante. La vittima, però, che per quindici anni (secondo l’accusa, ”dal 1994 al 2009”) sarebbe stata costretta a subire le peggiori angherie dal marito, è morta il 30 dicembre 2009 ma la giustizia, da allora, ha comunque fatto il proprio corso. Nel motivare il verdetto il giudice punta il dito contro un ”quadro allucinante di violenze domestiche, un atteggiamento dell’imputato improntato a costante aggressività nei confronti della coniuge, reiteratamente incitata in modo sprezzante ad andare a prostituirsi per guadagnarsi il pane, picchiata, privata del poco denaro che aveva, lasciata priva dei mezzi di sussistenza più basilari: cibo e calore”. Stando al capo d’imputazione, ”alla donna, casalinga, malata e in chemioterapia”, il marito avrebbe detto di ”non voler spendere soldi per la sua persona, facendola dormire al freddo; sottraendole addirittura 10 euro affinché non potesse comprarsi nulla; spaccando una bottiglia e minacciandola con un coccio nell’ottobre 2009 dopo aver notato la documentazione sanitaria della donna, intimandole di non andare più in ospedale per farsi curare, colpendola con pugni al braccio, dolente e gonfio a causa della malattia”. Tutte circostanze ”di inaudita gravità”, per il giudice, a quanto riferisce il ”Corriere del Veneto”, che, ritenendo la sua condotta ”gravissima e tra le più gravi tra quelle contemplate dalla nora incriminatrice”, non ha esitato a riservare al marito-orco 5 anni di cella.