Camera, assenteismo con i falsi passi: in 17 rischiano il processo
ROMA
(25 maggio) – Truffa aggravata ai danni dello Stato. Adesso in
diciassette, tutti dipendenti della Camera dei deputati, rischiano il
processo. Perché riuscivano a star lontani dall’ufficio anche per tre
ore, utilizzando badge non collegati al proprio nome o non segnando
affatto le uscite. Il pm Ilaria Calò ha chiuso le indagini e depositato
gli atti dell’inchiesta aperta nel 2009 sui casi di assenteismo a
Montecitorio: una segnalazione arrivata proprio dalla segreteria
generale, per volontà di Gianfranco Fini.
L’atto prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. La notifica
delle conclusioni della procura agli indagati è già in corso. Adesso i
legali avranno venti giorni di tempo per presentare nuove prove o
memorie. Poi il magistrato chiederà che gli indagati vadano a processo.
Per gli impiegati, di vario livello e in servizio in diversi
uffici (tre sono assistenti parlamentari) era diventata una prassi. I
badge utilizzati erano quelli destinati ai visitatori o, in alcuni
casi, erano stati recuperati i tesserini di colleghi oramai in
pensione. I dipendenti uscivano e rientravano senza problemi: spesa,
commissioni in centro e quant’altro. Qualche volta l’allontanamento
dall’ufficio durava oltre tre ore.
Le assenze, in alcuni casi, venivano anche segnate sui registri della
portineria, ma non rimanevano tracce nei rilevatori elettronici
piazzati all’ingresso della Camera dei deputati. E così i dipendenti
non avevano bisogno di recuperare il tempo trascorso per sbrigare le
commissioni con straordinari e rientri in ufficio.
La denuncia delle ”anomalie” era partita sulla base di una serie
di controlli a campione eseguiti periodicamente. La segreteria aveva
riscontrato alcune contraddizioni tra gli ingressi e i dati sui
registri. E da un esame più approfondito sulla verifica delle presenze
era emerso che inizialmente in pochi, poi sempre un numero maggiore di
dipendenti, risultava in ufficio quando in realtà non si trovava al
lavoro.
Poi sono scattate le verifiche incrociate, come i filmati delle
telecamere piazzate all’ingresso della Camera dei deputati e il timer
che misurava i tempi delle assenze. Così, Ugo Zampetti, segretario
generale della Camera, ha informato il presidente Fini in via
riservata. Lo scandalo poteva essere evitato: a Montecitorio non si può
indagare senza autorizzazione. E invece è stato proprio Gianfranco Fini
a volere informare la magistratura e a inviare la documentazione al
procuratore Giovanni Ferrara. Per mesi le indagini dell’ispettorato di
polizia della Camera sono andate avanti. Ma le immagini degli impiegati
che lasciavano gli uffici non lasciavano spazio a dubbi.
Per il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti
trascorrerà ancora del tempo. Almeno fino alla richiesta di rinvio a
giudizio. Intanto sembra che l’amministrazione di Montecitorio abbia
sostituito tutti i badge dei dipendenti, per evitare in futuro altri
casi di assenteismo.