Campania, l’inchiesta sul disastro ambiente «Nel mare di Napoli scarichi non trattati»
NAPOLI
(17 aprile) – A ovest le acque malsane dei Regi Lagni, a est un
depuratore progettato per un’area industriale che non c’è, e che quindi
funziona a scartamento ridotto: ma anche le acque che bagnano Napoli
sono luride e inquinate come quelle del litorale casertano. E l’allarme
cresce con il passare delle ore. Alla Procura di Napoli all’inizio
della prossima settimana arriveranno i faldoni dell’inchiesta di Nola e
Santa Maria Capua Vetere, così sarà possibile capire se le indagini
dovranno essere estese anche al territorio cittadino. Ma non c’è
bisogno di aspettare quei documenti per scoprire che il mare di Napoli
è già ad alto rischio così com’è.
Bastano due clic sul sito dell’Arpa Campania per scoprire che le
bandiere di pericolo sono ovunque nella piantina multimediale a
disposizione degli utenti. E l’allarme, al di là del mondo digitale,
viene lanciato anche dall’ingegnere Alfonso De Nardo, direttore
provinciale dell’agenzia per la protezione ambientale, che è stato a
Napoli fino alla settimana scorsa, prima di passare alla direzione
della provincia di Salerno: «Se devo proprio dare una percentuale dico
che solo il 10% delle acque di fogna sono trattate correttamente. Il
resto finisce direttamente nel mare del Golfo, con i risultati che
potete immaginare».
I risultati si presentano sotto forma di agenti inquinanti e di
inimmaginabili concentrazioni batteriche. Solo rari tratti della linea
costiera cittadina vengono risparmiati, con buona pace degli
Amministratori e dei bagnanti estivi.
L’area metropolitana del capoluogo viene «servita» da due depuratori, a
ovest c’è quello di Cuma, mentre la zona orientale sversa nel
depuratore chiamato Napoli est. Ognuno dei due impianti presenta limiti
e problemi che ne riducono l’efficienza. Quello di Napoli est, poi, ha
una particolarità: sversa esattamente dentro al porto di Napoli. Non
arriva al largo, in alto mare, a profondità adeguate a inibire
l’effetto deleterio del materiale sversato, perché il grosso tubo che
dovrebbe portare quell’acqua sporca lontana dalla costa non viene
utilizzato: «È stato progettato e realizzato molti anni fa – chiarisce
l’ingegnere Di Nardo, però non è mai entrato in funzione». Quella
condotta è stata anche rimessa in sesto ultimamente e sarebbe pronta ad
entrare in funzione, basterebbe completare il collegamento: «So che lo
faranno a breve. Io lo spero», sorride De Nardo.
Il depuratore di Napoli Est era stato progettato per accogliere i
residui industriali dell’area di sviluppo. Quell’area, però, ha
abbandonato la vocazione industriale, se mai l’ha avuta, e si è
trasformata in un imponente agglomerato di abitazioni civili: «Così una
struttura ideata per trattare i residui delle industrie, con
trattamento chimico, adesso accoglie reflui delle abitazioni, che
prevedono un trattamento biologico – Racconta l’ex direttore
provinciale Arpac – naturalmente non si ottengono risultati adeguati e
quelle acque finiscono nel porto quasi senza depurazione».
L’impianto di Napoli est, per adesso, accoglie meno della metà del
materiale che potrebbe trattare. Si attende l’allacciamento di molte
città del Vesuviano, che attualmente sversano i loro liquami
direttamente nelle acque del Golfo di Napoli, senza nessuna bonifica.
L’impianto di Cuma, invece, è nato proprio per il trattamento delle
acque provenienti dai centri urbani: «Però necessita di adeguamenti e
di ampliamenti che lo renderebbero decisamente migliore. E in quel
depuratore dovranno anche essere convogliate le acque dei comuni della
provincia come Acerra, ad esempio, che si sta dotando di un impianto di
sollevamento per allacciarsi a quella struttura senza più sversare
direttamente nei Regi Lagni».
Accerchiata dagli sversamenti dei reflui, Napoli si scopre al centro di
un mare inquinato e pericoloso: «la situazione oggi è disastrosa – non
usa mezzi termini l’ingegnere De Nardo – però non voglio essere
catastrofista ad ogni costo. Dico che gran parte del lavoro di
adeguamento è in corso e sono certo che tra poco la situazione potrà
migliorare. Napoli è come un assetato nel deserto che vede l’oasi a
pochi passi. Ma dipende tutto dalla volontà di chi opera: io spero solo
che quell’oasi non sia un miraggio».