Nuovi scenari per l’assetto geologico dei Campi Flegrei. Dai rilievi degli studiosi napoletani emergono importanti novità sui meccanismi di alimentazione magmatica della caldera flegrea, in particolare sulla nascita dei più recenti crateri vulcanici.
Forse sarà possibile modificare la storia del comprensorio occidentale di fuoco, da Nisida alla Solfatara, dall’Averno a Capo Miseno, dagli Astroni al «giovanissimo» Monte Nuovo. Nisida, per esempio, non si sarebbe formata diecimila anni fa, ma attraverso le violente eruzioni di tremilanovecento anni fa. Evoluzioni preziose per capire i processi di stratificazione del comprensorio occidentale napoletano e, soprattutto, per programmare i moderni sistemi di ricerca della comunità scientifica e della Protezione Civile, considerando valido l’assioma per cui a vulcano più «giovane» corrisponde una attività magmatica più vivace ed effervescente.
L’ultima uscita, non ancora pubblicata sui bollettini internazionali, arriva dal dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Federico II, diretto dal professore Vincenzo Morra. Lo studio è stato elaborato dal gruppo di ricercatori napoletani Lorenzo Fedele, Donatella Insinga, Andy T Calvet, Claudio Scarpati e Annamaria Perrotta, in collaborazione con l’Istituto per l’ambiente marino costiero del Cnr, all’Us Geological Survey di Menlo Park, Usa. «In questo nuovo lavoro – spiega Morra – viene rivista la storia eruttiva recente dei Campi Flegrei alla luce dei risultati di questo studio incentrato sulla datazione di eventi vulcanici appartenenti alla fase più giovane di attività del distretto vulcanico (età minore di 15000 anni)».
I nuovi risultati mettono seriamente in discussione i modelli vulcanologici finora accettati – ha proseguito Morra – per descrivere il susseguirsi dei fenomeni vulcanici flegrei, delineando un quadro molto più complesso ed articolato. In particolare, la nuova datazione a 3900 anni del vulcano di Nisida, precedentemente ritenuto più antico di 10000 anni, apre nuovi scenari sulla interpretazione dell’evoluzione del sistema di alimentazione dei magmi flegrei.
L’occorrenza di un evento recente in un’area situata ad est della postulata camera magmatica avvalora le teorie a favore di un sistema di alimentazione complesso, probabilmente caratterizzato da un serbatoio magmatico principale dal quale si dipartirebbero numerose apofisi di ridotte dimensioni.
«Questi nuovi dati cronologici – dice il vulcanologo Claudio Scarpati – insieme ad altri dati già pubblicati recentemente, comportano uno stravolgimento dei modelli vulcanologici fin qui adottati e conseguentemente devono essere opportunamente presi in considerazione nell’ambito di una corretta valutazione del rischio vulcanico associato ad un’area dalla elevata densità abitativa quale quella dei Campi Flegrei.