Cani abbaiano di notte, padroni in cella
porta, perché i giudici se la sono presa con me?», si dispera Santo
Fiorenza, 76 anni, operaio dell’Enel in pensione. Il signor Santo si
proclama innocente: «I miei due bassotti, Nerone e Bracchina, non
abbaiano mai, sono tranquilli di giorno e di notte, venite a vedere,
venite a casa mia…». La Corte di Cassazione, però, è stata
inflessibile con lui e con altri tre cittadini di Regalbuto, piccolo
comune in provincia di Enna: respinto il ricorso dell’avvocato Vito
Felici, due mesi di carcere per ciascuno e senza neppure la sospensione
condizionale. Più le spese processuali e 500 euro di ammenda. Una
mazzata.
il meritato riposo dei compaesani di contrada Spito. Ma soprattutto i
padroni, malgrado le proteste del vicinato, non hanno mai fatto nulla
per placare quei «diffusivi» latrati e fermare il concerto: ecco perché
i giudici sono stati così rigorosi. E adesso la sentenza (sul sito
Cassazione.net) farà giurisprudenza.
sua legittima sposa da 54 anni, è allibita: «Ma vi rendete conto? Noi
che non abbiamo una carta macchiata (sono cioè incensurati, ndr) e
siamo pure anziani, adesso ci troviamo con la paura della prigione. Non
è giustizia, questa». Sono allibiti, per la verità, anche gli altri
tre proprietari, tutti incensurati come il signor Fiorenza: Francesco
Pignarello Arcodia, 45 anni, barista del paese, col suo yorkshire
«Lucky» molto educato; eppoi Giuseppe Cardaci, camionista, 55 anni, che
ha 2 cani da caccia, abituati per mestiere alla discrezione; e infine
Santo Granuzzo, 72 anni, col suo vecchio pastore tedesco a cui era
affezionatissimo e che si era portato dalla Germania, dov’era emigrato
da giovane in cerca di fortuna. «Poveraccio, Santuzzo, il cane gli è
morto durante il processo», racconta commosso l’avvocato Felici. Adesso
di sicuro non abbaia più.
l’avvocato Felici ora ha 30 giorni di tempo per chiedere al Tribunale
di sorveglianza la concessione di una misura alternativa: affidamento
dei suoi 4 assistiti ai servizi sociali del Comune oppure in ultima
istanza la detenzione domiciliare. «La storia cominciò nell’agosto 2006
– racconta il legale – con una raccolta di firme organizzata dai
vicini. Quindi il reato non è neppure di quelli per cui c’è l’indulto
perché successivo al marzo 2006…».
ma due di loro accettarono di pagare subito i 45 euro di ammenda
stabiliti dal decreto di condanna per «strepitio di animali» emesso dal
giudice monocratico del tribunale di Nicosia. Così uscirono dal
processo. Gli altri 4, invece, in nome del diritto dei propri cani ad
esprimersi liberamente pur nel rispetto della quiete pubblica, decisero
di fare appello. E si è arrivati fino in Cassazione.
commenta amara Luisella Battaglia, docente all’università di Genova e
membro del Comitato di bioetica -. Le persone non vanno in carcere per
fatti molto più gravi…». Netto anche il giudizio di Pasqualino
Santori, presidente del Comitato bioetico per la veterinaria (Cbv):
«L’opinione pubblica e le istituzioni devono capire che il cane non è
che si accende e si spegne a piacimento, anche lui ha un diritto di
cittadinanza e le sue esigenze devono essere prese in considerazione».
La signora Nunziata, la moglie di Santo Fiorenza, scuote la testa: «E
pensare che i vicini che raccolsero le firme erano pure amici nostri.
Invece, ci hanno portato alla rovina. Vatti a fidare. Io ormai mi fido
più dei cani che delle persone».