Casal di Principe il giorno seguente. Cambierà qualcosa?
Casal di Principe il giorno seguente. Catturato il superboss del cartello camorrista, Antonio Iovine, cambierà qualcosa nella famosa cittadina di Gomorra ? Cosa pensano adesso i cittadini? Le risposte ai giornalisti sono svariate, alcune di circostanza. Ma tutte fanno riflettere e ci offrono uno squarcio della realtà in cui vivono gli abitanti.
Nel pieno centro di Casal di Principe, lungo corso Umberto, quasi nessuno si dice ’’contento’’ per l’arresto del boss Antonio Iovine. E vanno anche oltre dicendo che “quando a governare questa terra c’era la camorra, si viveva meglio. Ora che c’è lo stato siamo rovinati’’. “Il discorso è semplice – dice Antonio Diana, panettiere – qui tutti rubano, i politici come i boss. Ma la differenza è che mentre i boss mangiano la torta ma ti danno anche una fetta, i politici mangiano solo per fatti loro’’. I camorristi, lungo il corso principale di Casal di Principe, c’è chi li descrive così: “cattolici, educati, rispettosi’’. ’’I politici qui non ti stringono neanche la mano – dice Marcello Della Bona – i boss ti salutano, sono educati, ti rispettano’’. Nei bar, nei negozi di Casal di Principe la storia che si racconta, oggi, è sempre la stessa: “Siamo ormai marchiati. Siamo casalesi e nessuno ci da più lavoro. Il problema di questa terra è questo, non certo la camorra’’. A pochi metri dal rifugio dove è stato arrestato ieri il boss Antonio Iovine, nel bar dei giovani, gli uomini giocano a burraco. Entri e loro esordiscono: “Siamo disoccupati perciò giochiamo a carte. E sa perche’ siamo senza lavoro? Perché siamo casalesi’’. Nel centro del paese, davanti al bar “Chicco d’oro’’, il discorso non cambia. Ulderico ha 38 anni e tre figli. “Ho sempre fatto il muratore ma da quando è uscita fuori questa storia del clan Casalesi nessuno mi da più lavoro e non solo al Nord ma anche nella mia stessa Campania. E dire che con le nostre imprese edilizie abbiamo costruito il Nord Italia. Ora non siamo buoni più. Siamo solo delinquenti’’. Ma il clima che aleggia tra le strade del paesino non è solo di sconforto.
“Eh, speriamo cambi qualcosa, chi può dirlo, vedremo, aspettiamo”, questa la risposta di un passante. Accusare il paese di omertà e collusione con la latitanza del “Ninno” come hanno ventilato i magistrati è però “estremamente sbagliato e fuorviante” commenta l’ex sindaco Renato Natale. “La paura – dice – è qualcosa che non controlli, difficile da spiegare a parole. Ma la paura non significa omertà. Perciò non si può – prosegue – criminalizzare un intero paese, non è giusto. Qui c’è tanta gente che dell’anticamorra fa una battaglia costante.
“Cambierà qualcosa?- Conclude l’ex sindaco –“Più che soffermarmi sul singolo arresto di un latitante io guarderei alle mancanze della politica che poco fa, anzi nulla fa, per un territorio che ha bisogno di sviluppo, lavoro e speranza”.