Cassazione: affermare che una persona dice "caz..te" è irrispettoso, ma non è reato
È «volgare e irrispettoso» dire a qualcuno che le
sue parole sono «cazzate», ma non costituisce reato. Lo sottolinea la
Cassazione (sentenza 49423/09) dichiarando non penalmente rilevante
un’espressione che purtroppo è entrata a far parte del lessico
corrente.
Il caso
L’imputato assolto dall’accusa di
ingiuria è un giovane veneto che, durante un alterco con un vicino di
casa contrario al divieto di parcheggiare l’auto nel cortile appena
decisa dall’assemblea condominiale, aveva detto a suo padre, presente
al bisticcio, «papà, andiamo via, abbiamo cose più importanti da fare
che ascoltare le sue cazzate» con riferimento alle lamentele del
condomino. Il destinatario della frase si era risentito per l’uso del
vocabolo e aveva denunciato il giovane accusandolo anche di aver
danneggiato la sua auto posteggiata “abusivamente” nel cortile. In
primo grado, il Tribunale di Dolo aveva condannato il giovane sia per
danneggiamento di vettura, sia per ingiurie. La Corte di Appello di
Venezia, invece, lo ha scagionato. Contro l’assoluzione il vicino
offeso ha protestato in Cassazione chiedendo anche il risarcimento dei
danni morali. Ma la Suprema Corte gli ha risposto che «è certamente
volgare ma non direttamente finalizzata ad offendere una frase rivolta
ad altra persona con la quale si indicano come “cazzate” le lamentele
formulate da chi chiedeva spiegazioni per fatti illeciti che attribuiva
all’autore della frase in oggetto». Con quel termine voleva solo
«descrivere le rimostranze altrui come prive di consistenza e
immeritevoli di essere ascoltate oltre; non era riferita a chi
formulava le rimostranze per indicarne la pochezza come persona».