Cassazione: assecondare i capricci dei figli, non evita il pagamento dell’assegno di mantenimento
Il mantenimento dei figli si paga solo versando l’assegno stabilito in
sede di separazione e non regalando cellulari, motorini, macchine,
polizze vita e sanitarie. Il principio di diritto è contenuto nella
sentenza della sesta sezione penale della Corte di cassazione n.
14203/07. Nello specifico, i giudici di piazza Cavour hanno confermato
la decisione della Corte d’Appello di Firenze che aveva condannato a 15
giorni di carcere (con la concessione delle attenuanti generiche) e a
100 euro di multa un padre di 54 anni che non aveva versato, dal marzo
1998 al dicembre 1999, alla ex moglie e alle due figlie maggiorenni, 2
milioni di vecchie lire ogni mese, oltre al 50% delle spese
scolastiche, per i medicinali e di quelle straordinarie, come invece
stabilito dal giudice della separazione.
L’uomo, condannato per il
reato di mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza è tenuto,
inoltre, a risarcire i danni in favore dell’ex coniuge e delle figlie,
costituitesi parti civili nel procedimento penale, e a versare,
comunque, alle interessate una provvisionale di 7 mila euro.
Senza
successo il tentativo di difesa dell’uomo che, oltre a ricordare la
stipula in favore di entrambe le figlie di «polizze vita e sanitarie»,
aveva evidenziato come l’inadempimento degli obblighi imposti dal
provvedimento di separazione non avesse comportato la situazione di
indigenza della famiglia dal momento che «la stessa figlia maggiore
aveva dichiarato di aver ricevuto più volte somme di denaro dal padre,
anche per l’acquisto di un’autovettura e che lo stesso le aveva
acquistato vestiti, motorini e cellulari».
Irremovibile a riguardo
la Cassazione secondo cui l’imputato «si è limitato a corrispondere
somme del tutto insufficienti e marginali quali le contribuzioni di
150/300 mila lire in mani della figlia, mentre le spese per generi
voluttuari non erano certamente idonee ad incidere, eliminandolo, sullo
stato di bisogno delle figlie», le quali, sempre secondo i giudici,
«erano riuscite a sopravvivere» grazie all’aiuto di uno zio, che
contribuiva anche alle spese scolastiche. Situazione di indigenza
dell’ex nucleo familiare, si legge nella sentenza in commento,
«comprovata anche da protesti delle cambiali per l’acquisto di
un’automobile e dal distacco di servizi essenziali quali luce e gas».
Non è servito a evitare al padre i guai giudiziari il richiamo al stato
di indigenza dovuto al fallimento dell’attività imprenditoriale.
Nel
corso del giudizio era emerso, infatti, come l’uomo avesse un lavoro e
«ne svolgeva anche altri in nero e manteneva un nuovo nucleo
familiare». Possedeva, inoltre, una Mercedes 300 turbo diesel, una
vettura, cioè, hanno tagliato corto i Supremi giudici, «notoriamente
impegnativa dal punto di vista del mantenimento».