CASSAZIONE CIVILE: LA RESPONSABILITÀ PER PRODOTTI DIFETTOSI (COSMETICI) NON È OGGETTIVA
Interessante pronuncia della Corte di Cassazione in tema di responsabilità da prodotto, che ha il pregio di chiarire alcuni aspetti interpretativi del DPR 224/1988.
Nel caso di specie, l’attrice, avendo riportato lesioni a seguito di reazione allergica alla tintura per capelli, aveva chiesto la condanna della società produttrice e della ditta titolare della parruccheria al risarcimento dei danni addebitando al predetto produttore di avere posto in commercio la tintura composta con elementi tossici e comunque pericolosi per la salute ed alla parruccheria di avere applicato la tintura senza le prescritte cautele.
Il Tribunale di Ancona, con sentenza in data 6 luglio 1999, ha accolto la domanda condannando entrambi i convenuti, in solido, al pagamento della somma di lire dieci milioni, mentre la Corte di appello di Ancona, pronunciandosi sull’appello della società produttrice, ha parzialmente riformato la predetta sentenza rigettando la domanda proposta nei confronti della predetta società appellante. La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso della danneggiata, ha confermato la pronuncia della Corte d’appello.
Secondo la Cassazione, in linea genarale “l’articolo 1 del DPR 224/1988 lega la speciale responsabilità del produttore dalla stessa introdotta al nesso di causalità tra il danno ed il difetto del prodotto al quale (difetto) viene così attribuito il carattere di un prerequisito della responsabilità e la funzione delimitativa dell’ambito di applicazione di tale responsabilità che, proprio perché tale, piuttosto che causa di esonero della responsabilità, spetta al danneggiato provare secondo il principio generale sull’onere della prova stabilito dall’articolo 2697 Codice Civile e la regola, quindi, che pone a carico di colui che intende fare valere un diritto l’onere di provare gli elementi costitutivi di tale diritto”.
In particolare, con riferimento al caso di specie, “Non è molto diversa la conclusione alla quale si deve approdare nei casi in cui, come quello in esame, il danno (alla salute) sia stato prodotto dalla applicazione di un cosmetico, quale è la tintura per capelli ai sensi dell’articolo 1 della legge 713/86 e del relativo allegato 1. E’ vero, infatti, che l’articolo 7 della legge 713/86 impone che i prodotti cosmetici siano fabbricati, manipolati, confezionati e venduti in modo tale da non causare danni per la salute nelle normali condizioni di impiego ma tale norma, sia essa letta con riferimento al contesto normativo della legge di cui fa parte, sia essa letta in coordinamento con quelle della sopra citata legge n. 224, non conduce alla conclusione che, per i prodotti cosmetici, il livello di sicurezza prescritto, ed al di sotto del quale il prodotto deve, perciò, considerarsi difettoso, sia quello della sua più rigorosa innocuità e che per i predetti prodotti, la responsabilità del produttore assuma, quindi, i caratteri propri di una responsabilità oggettiva assoluta in quanto esclusivamente legata alla prova del nesso di causalità tra l’utilizzazione del prodotto ed il danno alla salute che ne è seguito“.
In sostanza, secondo la Cassazione, “la rigidità della enunciazione iniziale contenuta nella predetta disposizione è, infatti, espressamente attenuata dal riferimento alle normali condizioni di impiego che delimita l’ambito del dovere di cautela del produttore escludendo la garanzia di sicurezza in presenza di anormali condizioni di impiego le quali possono logicamente dipendere non solo dall’abuso o dall’uso non consentito, come potrebbe ritenersi ad una più sommaria lettura, ma anche da circostanze anomale che, ancorché non imputabili al consumatore, rendano il prodotto, altrimenti innocuo, veicolo di danno (alla salute); tra queste circostanze possono e debbono ricomprendersi le particolari proibitive condizioni di salute in cui versi il consumatore, anche solo temporaneamente, nel momento in cui utilizza il prodotto ed, in particolare, l’anomala reattività immunitaria del suo organismo verso sostanze estranee normalmente innocue, che appunto rende il prodotto, o alcuno dei suoi componenti, un imprevisto allergene per il consumatore”.
Secondo il DPR 224/1998 (articolo 5) è difettoso “non ogni prodotto insicuro ma quel prodotto che non offra la sicurezza che ci sì può legittimamente attendere in relazione al modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, alla sua presentazione, alle sue caratteristiche palesi alle istruzioni o alle avvertenze fornite, all’uso per il quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, ed ai comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere, al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione. Il difetto del prodotto non si identifica, dunque, con la mancanza di una assoluta certezza o di una oggettiva condizione di innocuità dello stesso, ma con la mancanza dei requisiti di sicurezza generalmente richiesti dall’utenza in relazione alle circostanze specificamente indicate dall’articolo 5 o ad altri elementi in concreto valutabili e concretamente valutati dal giudice di merito, nell’ambito dei quali, ovviamente, possono e debbono farsi rientrare gli standards di sicurezza eventualmente imposti dalle norme in materia. Per i cosmetici la norma deve essere coordinata, ovviamente, con le disposizioni della legge 713/86 sopra citata (non anche, nel caso in esame, con le successive direttive CEE sulla sicurezza dei prodotti – 59/1992 e 95/2001 – o i decreti legislativi che ad esse hanno dato attuazione rispettivamente D.Lgs 115/95 e D.Lgs 172/04 – siccome successivi all’evento). Ma anche per questa categoria di prodotti la conclusione non è radicalmente capovolta dalla disposizione dell’articolo 7 che vieta la fabbricazione e vendita di prodotti insicuri per la salute se è vero che, per espressa disposizione normativa, la garanzia di sicurezza attiene, come si è detto, alle normali condizioni di impiego. Dalla predetta disposizione, e dalla lettura coordinata con la disposizione dell’articolo 5 della legge sulla responsabilità del produttore, deriva, infatti, che il requisito di sicurezza che, per i cosmetici, il produttore è tenuto a garantire, ed in mancanza del quale il prodotto deve ritenersi difettoso, si pone solo in relazione alle “normali condizioni di impiego” del prodotto medesimo (nel medesimo senso, è appena il caso di evidenziare, dispongono le norme successive sulla sicurezza generale dei prodotti sopra richiamate)“.
In conclusione, “Il danno non prova indirettamente, di per se, la pericolosità del prodotto in condizioni normali di impiego ma solo una più indefinita pericolosità del prodotto di per se insufficiente per istituire la responsabilità del produttore se non sia anche in concreto accertato che quella specifica condizione di insicurezza del prodotto si pone al di sotto del livello di garanzia di affidabilità richiesto dalla utenza o dalle leggi in materia“.
(Corte di Cassazione – Sezione Terza Civile, Sentenza 15 marzo 2007, n.6007: Responsabilità per prodotti difettosi – Nesso di causalità).