Cassazione: dagli atti penali si evincono elementi di prova di illecito amministrativo? La notifica della contestazione decorre dalla ricezione degli atti alla autorità amministrativa
In tema di sanzioni amministrative, “al di
fuori dell’ipotesi di connessione per pregiudizialità, disciplinata
dall’art. 24 della legge n. 689 del 1981, qualora gli elementi di prova
di un illecito amministrativo emergano dagli atti relativi alle
indagini penali, il termine stabilito dall’art. 14 della citata legge
per la notificazione della contestazione decorre dalla ricezione degli
atti trasmessi dall’autorità giudiziaria all’autorità amministrativa”.
Lo ha stabilito la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n.
23477/2009 con cui ha spiegato che “l’art. 14 della legge n. 689 del 1981
prevede che, ove non sia possibile procedere a contestazione immediata
della violazione amministrativa, gli estremi devono essere notificati
entro novanta giorni dall’accertamento (secondo comma); quando gli atti
relativi alla violazione sono trasmessi all’autorità competente con
provvedimento dell’autorità giudiziaria i termini decorrono dalla
ricezione (terzo comma). Il successivo art. 17 (obbligo del rapporto)
stabilisce che, qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura
ridotta, il funzionario o l’agente accertatore, salvo che ricorra
l’ipotesi di cui all’art. 24, deve presentare il rapporto all’ufficio
amministrativo competente ad emettere l’ingiunzione; l’art. 24 citato
disciplina l’ipotesi della connessione per pregiudizialità, che ricorre
quando l’esistenza di un reato dipende dall’accertamento di una
violazione amministrativa, attribuendo all’autorità giudiziaria
competente a conoscere il reato la cognizione anche della violazione
amministrativa (primo comma): la vis attractiva della fattispecie
penale, comporta lo spostamento della competenza del giudice penale in
ordine alla violazione amministrativa, preclude fin dall’origine ogni
potere sanzionatoria della P.A. e, con esso, lo svolgimento di
qualsiasi attività preordinata a tal fine; qualora, essendosi chiuso il
procedimento penale, gli atti vengano trasmessi all’autorità
amministrativa, questa, divenuta nuovamente competente, è legittimata
ad avvalersi, ai fini dell’assunzione delle proprie determinazioni, di
tutti gli atti, gli accertamenti e le deduzioni difensive svolti in
quella precedente sede (…)”.
E ancora. “Nel caso di connessione per pregiudizialità di cui al secondo comma
dell’art. 24, il rapporto di cui all’art. 17 è trasmesso all’autorità
giudiziaria, sicché i verbalizzanti non devono riferire all’autorità
amministrativa, alla quale è sottratto ogni potere, ma soltanto a
quella penale. Ed invero, la norma va necessariamente coordinata con
gli artt. 331 e 347 cod. proc. pen., che prevedono l’obbligo
rispettivamente dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un
pubblico servizio di denunciare al P.M. un reato perseguibile d’ufficio
e della polizia giudiziaria di riferire la notizia criminis d’ufficio.
Occorre sottolineare come quella disciplina dell’art. 24 è una soltanto
delle ipotesi di connessione che in astratto possono verificarsi fra
l’illecito amministrativo e quello penale: fra quelle non espressamente
previste, vi è la connessione c.d. probatoria che ricorre quando, come
nella specie, gli elementi rilevanti ai fini della prova dell’illecito
amministrativo sono acquisiti nell’ambito di un procedimento penale
senza che fra l’illecito amministrativo ed il reato sussista il
rapporto di dipendenza previsto dall’art. 24” e che l’interpretazione
sistematica della normativa in esame fa sì che si ritenga che, in questi
casi “gli agenti accertatori non possono trasmettere gli atti
all’autorità amministrativa senza l’autorizzazione dell’autorità
giudiziaria, atteso che spetta a quest’ultima verificare se ricorra o
meno la vis attractiva della fattispecie penale e, ove ritenga che non
sussistono i relativi presupposti, adottare gli eventuali provvedimenti
per la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa”.