Cassazione: delitti in TV, rischia una condanna per diffamazione il giornalista che non informa che si tratta di ipotesi di ricostruzione
In molte trasmissioni televisive assistiamo a ricostruzioni di delitti, talvolta mai risolti. Allo stesso tempo questo tipo di ricostruzioni sono spesso quelle di “ipotesi investigative di sospetti degli inquirenti” e non è specificato che tali sospetti non hanno avuto “riscontro”. Ebbene, in questi casi a risponderne è il giornalista che rischia una condanna per diffamazione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 45051 del 24 novembre 2009, con la quale ha confermato la condanna nei confronti di un famoso condutture e di
una altrettanto nota giornalista, i quali avevano dato ricostruzione di un delitto rifacendosi ad ipotesi
investigative, le quali non avevano avuto un riscontro oggettivo e tanto meno se ne era data notizia agli spettatori. La Corte ha spiegato che la propria decisione deriva dal fatto che “la scriminante putativa dell’esercizio del diritto di
cronaca è ipotizzabile solo qualora, pur non essendo obiettivamente
vero il fatto pubblicato, il giornalista abbia assolto all’obbligo di
esaminare, controllare e verificare quanto oggetto della sua narrativa,
al fine di vincere ogni dubbio, non essendo sufficiente l’affidamento
riposto in buona fede sulla fonte, e, quando si intende pubblicare la
notizia di un fatto lesivo dell’altrui reputazione, la verifica, per
una deontologica esigenza di garanzia, va fatta quando ciò è possibile,
interpellando la persona che dalla pubblicazione risulterebbe lesa,
anche per riceverne eventuali giustificazioni o spiegazioni”.