Cassazione: giochi con il pc dell’ufficio mettono a rischio il posto di lavoro
No ai giochi con il computer dell’ufficio: mettono a rischio il posto di lavoro. Così la Cassazione ha ordinato un nuovo esame nei confronti di F.C., un dipendente della K24 Pharmaceuticals a Roma, licenziato nel 2007 con l’accusa «di avere utilizzato durante l’orario di lavoro il pc di ufficio per giochi con un impiego di quasi 300 ore nel periodo di oltre un anno, provocando un danno economico e di immagine» all’azienda.
Nell’agosto 2010 il dipendente era stato reintegrato su decisione della Corte d’appello di Roma, in quanto la contestazione aziendale era stata troppo «generica», impedendo così al lavoratore di difendersi dalle accuse.
Contro la reintegra di F.C. ha fatto ricorso l’azienda e la sezione Lavoro (sentenza 25069) ha accolto la tesi difensiva. La Suprema Corte ha fatto notare che «l’addebito mosso al lavoratore di utilizzare il computer in dotazione ai fini di gioco non può essere ritenuto logicamente generico per la sola circostanza della mancata indicazione delle singole partite giocate abusivamente dal lavoratore». Pertanto, continua la Cassazione, che è «illogica la motivazione della sentenza impugnata che lamenta indicazione specifica delle singole partite giocate, essendo il lavoratore posto in grado di approntare le proprie difese anche con la generica contestazione di utilizzare in continuazione, e non in episodi specifici isolati, il computer aziendale» per motivi di gioco.
Il lavoratore subirà un nuovo esame davanti alla Corte d’appello di Roma che «provvederà ad una diversa decisione non considerando generica la lettera di contestazione da cui poi è conseguito il licenziamento».