Cassazione: i figli devono beneficiare dello stesso tenore di vita precedenti alla separazione dei genitori, anche se si tratta di somme eccessive
I figli di genitori ricchi hanno diritto a spendere anche dopo la
separazione di mamma e papà. E anche se un’eccessiva disponibilità
economica potrebbe compromettere l’educazione dei ragazzi. Non è di
questo che si deve preoccupare il giudice quando fissa l’assegno
divorzile. L’importante è conservare il tenore di vita precedente.
Così i giudici della prima sezione civile, con la sentenza 11538,
hanno censurato le conclusioni dei giudici di secondo grado. I giudici,
in caso di separazione dei coniugi, devono determinare l’assegno sulla
base delle loro possibilità economiche e del tenore di vita di
cui la famiglia ha beneficiato in precedenza. In appello invece erano
state accolte le proteste del papà separato, secondo il quale l’assegno
di 1.100 euro che era stato disposto dal tribunale in favore di ognuna
delle due figlie minorenni, sommati ai 500 euro al mese che doveva
versare alla madre, oltre alla metà di tutte le spese mediche di mamma
e figlie, era davvero troppo. Avrebbe finito per avere ripercussioni
negative sull’educazione delle ragazze, diceva il padre preoccupato. I
magistrati della Corte d’appello fiorentina gli avevano dato ragione.
Di tutt’altro avviso, naturalmente, la mamma che ha presentato
ricorso in Cassazione. E la Corte, richiamando il codice civile che
all’articolo 147 prevede espressamente che i genitori devono “far
fronte ad una molteplicita’ di esigenze, non riconducibili al solo
obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, culturale,
scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e
materiale”, sottolinea che 2.700 euro al mese in totale non è detto
siano una somma eccessiva. In particolare la Corte nell’ammettere che
le conclusioni della Corte d’appello non sono “affette da illogicità”,
precisa che però “non sono aderenti al dettato normativo che impone di
determinare la contribuzione, considerando le esigenze della prole in
rapporto al tenore di vita goduto in costanza di convivenza con
entrambi i genitori, e considerando altresì le risorse e i redditi di
costoro”. Insomma, parafrasando un vecchio detto, i soldi dei padri – e
non solo le colpe – ricadono sui figli.