Cassazione: ignoranza del legale? La colpa non può ricadere sull’assistito
La mancata assistenza difensiva, determinata non da una ragionata
scelta processuale o da negligenza e/o inerzia del legale incaricato,
ma da una sua comprovata ignoranza delle regole basilari in tema di
decorrenza dei termini di impugnazione, e quindi degli elementi base
del processo penale, deve essere considerata eventualità
“imprevedibile” da parte dell’assistito. Tale evenienza configura,
dunque, un “caso fortuito o di forza maggiore” che integrando
l’elemento, per l’appunto, dell’imprevedibilità e dunque
dell’impossibilità di “ogni resistenza e contrasto” a tale circostanza,
legittima – come nel caso di specie – la restituzione nei termini per
proporre impugnazione
Con questa pronuncia la Corte intende ribaltare la
giurisprudenza che vede con sfavore la coincidenza del caso fortuito o
imprevedibile con la palese inadempienza del legale; su questo punto la
corte sostiene: “Non può
pertanto condividersi quella parte della giurisprudenza secondo cui il
mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia
dell’incarico di proporre impugnazione, “a qualsiasi causa
ascrivibile”, non è idoneo a realizzare l’ipotesi di caso fortuito o
forza maggiore che legittimano la restituzione nel termine; perché se è
vero che incombe all’imputato l’onere di scegliere un difensore
professionalmente valido e di vigilare sull’esatta osservanza
dell’incarico conferito (…), non può pretendersi che egli,
nell’effettuare la scelta del difensore, verifiche previamente (senza
peraltro possedere le relative cognizioni culturali) la sua padronanza
di ordinarie regole di diritto che dovrebbero costituire il bagaglio
tecnico di qualsiasi soggetto legittimato alla professione forense
attraverso il superamento dell’esame di Stato.”