Cassazione: il danno esistenziale? E’ voce a se stante e non rientra né nel danno biologico né in quello morale
La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 2546/2007) ha stabilito che “il danno esistenziale, da intendere come ogni pre­giudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri del soggetto, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, non costituisce una componente o voce né del danno biologico né del danno morale, ma un autonomo titolo di danno, il cui riconoscimento non può prescindere da una specifica allegazione nel ricorso introduttivo del giudizio sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo. In mancanza, la richiesta fattane per la prima volta in appello è da ritenere nuova e inammissibile, ex art. 345”. La Corte ha poi aggiunto che “è configurabile un danno biologico risarcibile per gli stretti congiunti della persona deceduta a causa di illecita condotta altrui allorché le sofferenze causate a costoro dalla perdita abbiano determinato una lesione dell’integrità psicofisica degli stessi” e che “il risarcimento, perciò, può essere riconosciuto e liquidato, anche in via equitativa, solo se sia stata fornita la prova che il decesso abbia inciso negativamente sulla salute dei congiunti, determinando una qualsiasi apprezzabile permanente patologia o l’aggravamento di una patologia preesistente”.