Cassazione: la società fallita non conserva le fatture? Allora, niente deduzioni
Il fisco potrà recuperare la maggiore Iva dalle società
fallite. Questo perché la procedura concorsuale non giustifica lo
smarrimento delle fatture e il contribuente che richieda la deduzione
dovrà, al massimo, provare le spese mediante “testimoni” o mediante
“presunzioni”. A questa conclusione è giunta la Corte di Cassazione con la
sentenza n. 25713 del 9 dicembre 2009, con cui ha accolto il ricorso
dell’amministrazione finanziaria, bocciando la decisione della
commissione tributaria regionale della Campania poiché “il subentro della
procedura fallimentare non giustifica lo smarrimento della
documentazione”. In particolare, si legge in sentenza “in tema
di Iva, la deducibilità dell’imposta pagata dal contribuente per
l’acquisizione di beni o servizi inerenti all’esercizio dell’impresa è
subordinata, in caso di contestazione da parte dell’ufficio, alla
relativa prova, che deve essere fornita dallo stesso contribuente
mediante la produzione delle fatture e del registro in cui vanno
annotate; nel caso in cui il contribuente dimostri di trovarsi
nell’incolpevole impossibilità di produrre tali documenti (ad esempio,
a causa di furto) e di non essere neppure in grado di acquisire copia
delle fatture presso i fornitori dei beni o dei servizi, trova
applicazione la regola generale prevista dall’art. 2724, n. 3, cod.
civ., secondo cui la perdita incolpevole del documento occorrente alla
parte per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce
motivo di esenzione dall’onere della prova, né trasferisce lo stesso a
carico dell’Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per
testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti”.