Cassazione: l’azienda sfrutta il lavoro nero? Legittimo l’accertamento fiscale induttivo
La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 2593 del 3 febbraio 2011, ha
riconosciuto la piena legittimità dell’accertamento fiscale con metodo
induttivo nel caso in cui l’azienda sfrutti il lavoro nero. Il caso
vede come protagonista una donna, artigiana pugliese, che aveva pagato
in nero un dipendente, il cui stipendio non era stato quindi
contabilizzato. L’ufficio delle imposte provvedeva ad un accertamento
per le maggiori Iva, Irap e Irpef dovute; tale atto impositivo veniva
prima annullato dalla Commissione Provinciale Tributaria e poi
confermato dalla Commissione Regionale. La contribuente proponeva
allora ricorso in Cassazione affermando che il lavoratore in nero
costituiva un costo deducibile. La Suprema Corte, rigettando il ricorso
proposto dalla donna, ha precisato che non solo il lavoratore in nero
non è un costo deducibile ma che tale circostanza fa senz’altro
presumere un maggior reddito legato a un maggiore volume d’affari. Gli
Ermellini hanno inoltre sottolineato che “il divieto di doppia
presunzione attiene esclusivamente alla correlazione di una presunzione
semplice con altra presunzione semplice e non può ritenersi, invece,
violato nel caso, quale quello di specie, in cui da un fatto noto
(presenza di un dipendente non regolarmente assunto per il quale la
stessa contribuente ha ammesso la corresponsione di una retribuzione
non contabilizzata) si risale – peraltro in funzione di una presunzione
legale, seppur relativa- a un fatto ignorato (maggiore redditività di
impresa e non semplicemente maggior costi per retribuzioni, come ha
prospettato in memoria la ricorrente)”.