Cassazione: legittimano l’accertamento induttivo i versamenti di amici e parenti
Il fisco può, legittimamente, attribuire al reddito i versamenti
fatti da un amico o parente, dimostrati in giudizio con distinte e assegni bancari, se la causale del versamento non è giustificata da una fattura. Lo ha sancito la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza n. 24933/2009 con cui ha spiegato che
“in tema di accertamenti in rettifica ai fini IRPEF, gli uffici competenti sono autorizzati, ai sensi degli artt. 37 e seguenti del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ad avvalersi della ‘prova per
presunzione’, la quale presuppone la possibilità logica di inferire, in
modo non assiomatico, da un fatto noto e non controverso, il fatto da
accertare, con conseguente onere della prova contraria a carico del
contribuente il quale, ove intenda contestare l’efficacia presuntiva
dei fatti addotti dall’ufficio a sostegno della propria pretesa, oppure
sostenere l’esistenza di circostanze modificative o estintive dei
medesimi, deve a sua volta dimostrare gli elementi sui quali le sue
eccezioni si fondano (…); la valutazione dei mezzi di prova è comunque
rimesso in via esclusiva al giudice di merito”.