Cassazione: nessun obbligo di tradurre in italiano le sentenze scritte in latino
Le sentenze ecclesiastiche circa l’annullamento del matrimonio non hanno l’obbligo di essere tradotte dal latino all’italiano. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 19808/2009 occupandosi di un caso di delibazione
di una sentenza che aveva dichiarato nullo un matrimonio per immaturità
di un coniuge. Si può procedere con la traduzione solo laddove la lingua sia quasi sconosciuta
oppure laddove insorga controversia tra le parti sul significato di alcune frasi.
La prima sezione civile della Cassazione ha anche sottolineato il fatto che in precedenza “nessuna lamentela era stata fatta
dalla coppia sul fatto che la sentenza fosse scritta in latino”.
Il fatto: il tribunale ecclesiastico aveva annullato un matrimonio durato 22 anni
a causa di un ”grave difetto di discrezione e di giudizio” del marito
”medico affermato”.
La moglie si era opposta alla delibazione della sentenza e aveva sottolineato il fatto che “il grave difetto di discrezione e di giudizio
ravvisato nel diritto canonico non coincide per nulla con l’incapacità di agire né con
l’incapacità di intendere e di volere nel diritto civile, ma con la
semplice grave immaturità, rendendo inammissibile la domanda di
efficacia nel territorio italiano o di delibazione per contrarietà
all’ordine pubblico nazionale”.
La Cassazione ha deciso, però, che il ”grave difetto di discrezione di
giudizio” è un motivo più che valido per rendere nulle le nozze anche per lo Stato italiano.