Cassazione: no licenziamento di chi denuncia illeciti in azienda
E’ illegittimo il licenziamento di chi denuncia, con un esposto alla magistratura, presunti illeciti commessi dall’azienda datrice di lavoro. Lo sancisce la Cassazione, accogliendo il ricorso di lavoratore che, assieme ad altri 5 colleghi, aveva denunciato ai pm, con altri 5 colleghi, irregolarità che sarebbero state commesse dalla società per cui prestava servizio in relazione ad un appalto per la manuntenzione di semafori. Nel fare ciò, l’uomo aveva allegato documenti aziendali all’esposto, e non aveva informato i superiori. L’azienda lo aveva quindi licenziato, sostenendo che in tal modo aveva diffamato la società.
La sezione lavoro della Suprema Corte ha quindi annullato con rinvio la sentenza con cui i giudici d’appello di Napoli avevano confermato il licenziamento del lavoratore. “Non costituisce giusta causa o giustificato motivo di licenziamento – si legge nella sentenza degli ‘ermellini’ – l’aver il dipendente reato noto all’autorità giudiziaria fatti di potenziale rilevanza penale accaduti presso l’azienda in cui lavora né l’averlo fatto senza averne previamente informato i superiori gerarchici, sempre che non risulti il carattere calunnioso della denuncia o dell’esposto”. Non costituisce “giusta causa” di licenziamento, neanche “l’aver allegato alla denuncia o all’esposto – si spiega nella sentenza – documenti aziendali”. Dunque, spiegano i giudici di piazza Cavour, “se l’azienda non ha elementi che smentiscano il lavoratore e/o che ne dimostrino un intento calunnioso nel presentare una denuncia od un esposto all’autorità giudiziaria, deve astenersi dal licenziarlo, non potendosi configurare come giusta causa la mera denuncia di fatti illeciti commessi in azienda ancor prima che essi siano oggetto di delibazione in sede giurisdizionale: diversamente, si correrebbe il rischio di scivolare verso non voluti, ma impliciti, riconoscimenti di una sorta di ‘dovere di omerta” che ovviamente non può trovare la benché minima cittadinanza nel nostro ordinamento”.
Ciò significa, continua la Cassazione, che “non può nemmeno lontanamente ipotizzarsi che rientri tra i doveri del prestatore di lavoro il tacere anche fatti illeciti (da un punto di vista penale, civile o amministrativo) che egli veda accadere intorno a sé in azienda”. Cosa diversa, naturalmente è “la precipua volontà di danneggiare il proprio datore di lavoro”, ma è “pur sempre necessario che risulti dimostrata la mala fede del lavoratore”, fatto che nella vicenda in esame “non può ritenersi insita neppure nell’eventuale archiviazione del suo esposto”, anche perché “le ragioni di una archiviazione possono essere innumerevoli e non necessariamente implicanti dolo da parte del denunciante”.
Fonte: www.agi.it