Cassazione: non versare l’assegno di divorzio costa il carcere
È possibile finire in carcere per non avere pagato il mantenimento all’ex coniuge? La risposta affermativa si applica esclusivamente nei casi di bisogno. Qualora, infatti, il mancato versamento tocchi beneficiari con condizioni economiche gravose, essendo il pagamento considerato imprescindibile, è normativamente ammissibile la reclusione per il coniuge deficitario. La detenzione correlata alla sanzione pecuniaria viene, di contro, esclusa nei confronti del responsabile che non versa l’assegno di divorzio all’ex coniuge ‘benestante’ o che comunque non è ammesso ai requisiti che circoscriventi lo status di bisogno.
A queste conclusioni è giunta la Corte di Cassazione, sezioni unite penali, tramite la sentenza 23866/2013 con cui ha stabilito che, in maniera favorevole al reo, con riguardo alla punizione applicativa in caso di incompiuto versamento mensile dell’assegno, il generico rimando all’articolo 570 del Codice Penale va interpretato in riferimento esclusivo al primo comma, mentre la difformità sanzionatoria stabilita dal legislatore nel secondo comma viene appositamente giustificata dalla diversità ontologica della circostanza. Nello specifico, l’applicazione del primo comma del menzionato articolo 570 del c.p., viene a riguardare l’ex coniuge che, mancando al pagamento dell’assegno di divorzio al quale è vincolato, arriva a sottrarsi, si legge in sentenza, agli “obblighi di assistenza” contratti con l’ex coniuge, a prescindere dalla condizione di necessità.
Dissimile è invece la situazione prospettata dalla disciplina dell’articolo 570 del c.p., al secondo comma. In tal caso infatti, la condanna prevista dalla normativa viene applicata nei riguardi di chi è responsabile di aver negato la corresponsione dei mezzi di sussistenza ai figli o al coniuge. Qui, il comportamento sanzionato arriva dunque a presupporre uno stato di bisogno sussistente da parte del beneficiario. “E’ proprio l’ambito circoscritto della nozione dei mezzi di sussistenza (che contiene la valenza dello stato di bisogno nel soggetto passivo) -ha chiarito al riguardo la Suprema Corte- a impedire di considerare la violazione formale dell’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile affine alla condotta di danno quale delineata dall’articolo 570, comma secondo, n. 2, del codice penale”.
L’impossibilità di estendere il rinvio, prodotto dall’art. 12-sexies l.n. 898 del 1970, al secondo comma dell’articolo 570 del Codice Penale interviene l’inefficace conformità a livello contenutistico tra la fattispecie penale prevista dal Codice e invece quella annunciata dalla riforma normativa regolante il divorzio, alla quale tra l’altro rimanda la legge n. 54 del 2006 in tema di obblighi economici a carico del coniuge separato. La risoluzione del contrasto sottoposto al vaglio della Corte, inoltre, non è arrivata a comportare alcuna sostanziale mitigazione della tutela repressiva, posto che, essendo rimessa nelle mani del giudice la concretizzazione della decisione sanzionatoria, nei confronti di chi si sottrae al versamento dell’assegno divorzile, qualora sussistano gravi precondizioni, può comunque subentrare la pena detentiva.
Fonte: www.leggioggi.it