Cassazione Sezione I civile Sentenza 21 settembre 2006, n. 20440
TESTO |
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Giudice di pace di Catania, C.B. impugnò la cartella esattoriale notificatagli dal concessionario del servizio riscossione tributi (Montepaschi Serit s.p.a.) il 10 maggio 2001 e relativa a sanzione pecuniaria di lire 192.730 emessa a suo carico per violazione del c.d.s. accertata con sommario processo verbale il 28 agosto 1997 dalla polizia municipale di quella città.
L’adito giudice respinse l’opposizione osservando, a confutazione dei relativi motivi, che: il processo verbale era stato notificato, nei termini di cui all’art. 201 c.d.s., nelle mani della madre del B., la quale, in data 4 novembre 1997, in nome e per conto del figlio, sottoscrisse la ricevuta, ritirando il piego presso gli uffici dell’agenzia recapiti Ventura; per provvedimento del sindaco di Catania del 3 ottobre 1999, detta agenzia aveva assunto la qualifica di messo notificatore; in tale veste, esercitava le funzioni di ufficiale giudiziario e aveva valido titolo a compiere tutti gli adempimenti del procedimento di notificazione previsti per l’amministrazione postale dalla l. 890/1982; l’avviso di ricevimento del piego raccomandato, munito del bollo dell’ufficio recante la data del giorno della consegna e la firma del delegato al ritiro da parte del destinatario, costituiva prova dell’avvenuta notificazione; la Montepaschi Serit s.p.a. difettava di legittimazione passiva dacché non partecipa alla formazione del ruolo, di competenza dell’ente impositore.
Di tale sentenza il B. chiede la cassazione per tre motivi con ricorso proposto nei confronti del Comune di Catania e della Montepaschi Serit s.p.a.
Nessuno degli intimati svolge difese in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denunzia letteralmente la “violazione dell’art. 360, n. 3, c.p.c., 14, comma 4 e ultimo comma, l. 689/1981, 149 c.p.c., 201, comma 3, c.d.s., 12 l. 890/1982”. Il Giudice di pace – lamenta – ha ritenuto valida la notifica del sommario processo verbale benché eseguita due anni prima del presunto atto amministrativo del 3 ottobre 1999 con cui si era attribuita alla agenzia recapiti Ventura la qualifica di messo notificatore, consentendole di esercitare appieno le funzioni di ufficiale giudiziario. La notificazione ora quindi inesistente, non essendo avvenuta pel tramite dell’amministrazione postale come prescritto dalla richiamate disposizioni di legge. E, in mancanza di valida notificazione nei termini, si è verificata l’estinzione della obbligazione del pagamento della sanzione amministrativa. Peraltro, il Giudice di pace, violando il principio del contraddittorio e procedendo arbitrariamente ex officio, ha basato la decisione su un provvedimento amministrativo da nessuno dedotto né tampoco prodotto in corso di giudizio. Quand’anche equiparata a un messo notificatore, l’agenzia avrebbe potuto effettuare la notifica ai sensi degli artt. 137 ss. c.p.c., avvalendosi del servizio postale, come i messi notificatori e gli ufficiali giudiziari, ma non certamente trasformarsi in un ufficio postale e compierne, come avvenuto nella specie, le specifiche attività.
Con il secondo motivo il ricorrente, ribadendo la argomentazioni di cui al precedente motivo, denunzia come violazione dell’art. 360, n. 4, c.p.c. “la nullità del procedimento”, conseguita anche dalla violazione del principio dispositivo e del contraddittorio da parte del Giudice di pace.
Con il terzo motivo, il ricorrente denunzia la “violazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c.”. Riproponendo, ancora una volta, quanto detto in precedenza, segnala la contraddittorietà e illogicità della motivazione adottata dal Giudice di pace nel valorizzare, ex officio, il provvedimento sindacale intervenuto dopo la contestata notificazione e nel ritenere comunque valida l’attività notificatoria avvenuta a mezzo posta, ma con recapito a cura di una agenzia privata, tributaria di servizi postali.
A parte l’erronea indicazione, tra le norme violate, dell’art. 360, n. 3, c.p.c. – che è ovviamente norma strumentale in base alla quale gli errori, in iudicando e/o in procedendo, possano essere denunciati – il primo motivo si appalesa fondato nel suo nucleo essenziale incentrato sulla invalidità della eseguita notificazione del verbale di accertamento della infrazione al c.d.s.
Come già rilevato da questa Corte con le sentenze 563/1994, 8079/1996, 2889/2002, 12533/2003, l’art. 14 della l. 689/1981 impronta a rigore formale l’atto della contestazione differita attuata con la notificazione degli “estremi della violazione” all’interessato, indicando tassativamente i soggetti abilitati a provvedere alla notificazione stessa e prevedendo le modalità esecutive secondo le disposizioni dettate dalle leggi vigenti e dal c.p.c., essendo al riguardo ammesso – in difetto di un espresso divieto – anche l’impiego del servizio postale. Da parte sua, l’art. 201, comma 3, del nuovo c.d.s. prevede invece espressamente la notificazione della violazione a mezzo posta. Il rigore formale dell’atto di notificazione ben si spiega anche avuto riguardo agli affetti che la legge (ultimo comma dell’art. 14) riconduce alla omissione della notificazione nel previsto termine, cui consegue l’estinzione della obbligazione di pagare la somma dovuta dal trasgressore per la violazione. Ebbene, quando l’amministrazione alla quale appartiene il funzionario o l’agente che ha accertato la violazione si avvalga del servizio postale per la notificazione degli estremi della violazione, è tenuta ad osservare le norme sulla notificazione degli atti giudiziari a mezzo della posta come dettato dalla l. 890/1982 e dal complesso di tale minuziosa disciplina si deve con certezza desumere che i relativi adempimenti non possono formare oggetto della concessione a privati come prevista per taluni servizi postali dall’art. 29 del d.P.R. 156/1973 (c.d. codice postale) e dagli artt. da 121 a 148 del regolamento di esecuzione approvato con d.P.R. 655/1982. La l. 890/1982 riserva, infatti, all’amministrazione postale tutti gli adempimenti del procedimento di notificazione, dalla accettazione (art. 3), al recapito (artt. 7 e 8), alla spedizione, infine, dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato che, “munito del bollo dell’ufficio postale recante la data dello stesso giorno della consegna, costituisce prova della eseguita notificazione”. Non può dunque dubitarsi che le complesse formalità previste dalla l. 890/1982, finalizzate insieme a garantire il risultato del ricevimento dell’atto da parte del destinatario e ad attribuire certezza all’esito in ogni caso del procedimento di notificazione, costituiscano una attribuzione esclusiva degli uffici postali e degli “agenti” e “impiegati” addetti, con connotati di specialità essenzialmente estranei a quei “servizi postali” di “accettazione” e “recapito” “per espresso” di corrispondenza che il direttore provinciale delle poste ha facoltà di dare in concessione secondo la previsione del citato art. 29 del d.P.R. 156/1973 ad agenzie private alle quali gli artt. 129 e 138 del relativo regolamento attribuiscono le denominazioni rispettivamente di “Agenzia privata autorizzata alla accettazione e al recapito degli espressi in loco” e “Agenzia per il recapito degli espressi postali”. Con la conseguenza necessitata che la notificazione degli estremi della violazione affidata (dall’ufficio cui appartiene l’agente accertatore) all’agenzia privata concessionaria a norma dell’art. 29 codice postale ed eseguita dai dipendenti della stessa agenzia (“suoi fattorini”, così definiti dall’art. 131 del regolamento) si deve considerare giuridicamente inesistente e, come a omessa notificazione, ad essa consegue l’effetto della estinzione della obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione, secondo la previsione dell’ultimo comma dell’art. 14 l. 689/1981.
Le particolarità della notifica a mezzo posta sono state, non a caso, confermate dal d.lgs. 261/1999 che, pur liberalizzando i servizi postali in attuazione della direttiva 97/67/CE (concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio), all’art. 4, comma 5, ha continuato a riservare in via esclusiva “al fornitore del servizio universale”, ovverosia all’organismo che fornisce l’intero servizio postale universale su tutto il territorio nazionale (id est all’Ente Poste), “gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie”.
Detto intervento legislativo ha, in un certo senso, avallato l’orientamento giurisprudenziale inaugurato in subiecta materia da questa Corte in epoca antecedente.
Non è controverso, nella specie, che i vigili urbani di Catania affidarono la notificazione degli estremi della violazione alla agenzia privata concessionaria per quel Comune del servizio recapito espressi. L’affermazione del giudice a quo circa la validità della notifica così eseguita integra violazione delle norme che disciplinano la notificazione degli atti giudiziari a mezzo del servizio postale.
L’accoglimento del primo e pregiudiziale motivo comporta l’assorbimento degli altri.
Cassata perciò la sentenza impugnata, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto (in ordine ai modi non controversi della eseguita notificazione), a norma dell’art. 384 c.p.c., la causa deva essere decisa nel merito con l’accoglimento della opposizione da C.B. proposta avverso la cartella esattoriale e la conseguenziale dichiarazione di estinzione dell’obbligazione sanzionatoria, ai sensi dell’art. 14, ultimo comma, l. 689/1981.
Il Comune va, infine, condannato al rimborso delle spese del giudizio, di merito e di cassazione, a favore del B.
Il ricorso, invece, è inammissibile nei confronti della Montepaschi Serit s.p.a. Il Giudice di pace ha rigettato l’opposizione nei confronti del predetto esattore per difetto di legittimazione passiva in quanto estraneo alla formazione del ruolo, di competenza dell’ente impositore. Tale decisione non è stata censurata con alcuno dei motivi in cui si articola il ricorso ed è pertanto divenuta regiudicata.
Non vi è luogo a statuizione sulle spese relativamente al predetto intimato, astenutosi da qualsivoglia difesa in questa sede.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo del ricorso proposto nei confronti del Comune di Catania, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione e condanna il Comune di Catania alle spese del giudizio a favore del ricorrente, liquidato in complessivi Euro 300,00, di cui 180,00 per onorari di avvocato e 80,00 per diritti di procuratore, quanto al giudizio davanti al Giudice di pace, e in Euro 400, di cui Euro 300 per onorari di avvocato, quanto al giudizio di cassazione, oltre spese generali e accessori di legge. Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti della Montepaschi Serit s.p.a.