Cassazione,odontotecnico condannato
Cassazione,odontotecnico condannato
“Non può eseguire pulizia dei denti”
Attenzione a chi esegue la pulizia dei denti: se non ha la laurea, almeno quella “breve”, sta commettendo un reato. Anzi, a chi non è laureato basta una semplice “ispezione” nella bocca del paziente per finire sotto processo. L’avvertimento arriva dalla Cassazione che il 30 gennaio scorso, con la sentenza 4294, ha respinto il ricorso di un dentista bellunese di due suoi collaboratori condannati per “abusivo esercizio della professione”.
In particolare, il dentista si è beccato la condanna a 18 giorni di reclusione, sostituita con 684 euro di multa, perché aveva “consentito ad un odontotecnico” e perfino ad un’altra sua collaboratrice che non era nemmeno odontotecnica, “di svolgere atti tipici della professione odontoiatrica”.
In pratica, i giudici della sesta sezione penale della Suprema Corte sottolineano che sia “l’attività di prelevamento di impronte del cavo orale” (che era stata affidata all’odontotecnico), sia “l’ablazione del tartaro e la lucidatura” (di cui si stava occupando la collaboratrice “semplice”) non possono essere affidate ad un odontotecnico. E meno che mai ad una semplice collaboratrice.
A questo proposito la Cassazione, richiamando un Regio Decreto del 1928, si mostra molto rigorosa nell’applicazione della norma: all’odontotecnico, scrivono i giudici “è vietata qualunque manovra, cruenta o incruenta, nella bocca del paziente, sano o ammalato”. E questo divieto vale anche “in presenza o con l’aiuto del medico o dell’abilitato in odontoiatria”.
La Corte si spinge anche oltre: “anche la sola ispezione del cavo orale” se eseguita da un odontotecnico “costituisce reato di esercizio abusivo della professione di odontoiatra”. In sostanza, l’odontotecnico “può solo costruire apparecchi di protesi dentaria sui modelli tratti dalle impronte fornite dal medico chirurgo”.
E se il dentista proprio non può in quel momento, la pulizia dei denti può al massimo essere affidata ad un “igienista dentale” che ha “conseguito – ricorda la Corte – il diploma di laurea triennale per l’abilitazione a questa delicata professione”. Insomma, senza una laurea le bocche dei pazienti si possono guardare solo in fotografia