CENSURATO IL GIUDICE CHE AVEVA IRRISO UN AVVOCATO
Non è lecito deridere un avvocato, anche nel caso in cui questi abbia palesemente sbagliato. Ci aveva provato il giudice milanese Benedetto Simi De Burgis, cui la sezione disciplinare del CSM qualche tempo dopo aveva irrogato una censura per avere tenuto un “tono irridente e allusivo”. Bersaglio di quel “tono” era stata un avvocato, curatrice di sostegno nell’ambito di una vicenda giudiziaria che verteva anche sulla attività di quest’ultima.
Il magistrato in una nota scritta aveva ironizzato sui compensi esosi della curatrice rispetto all’entità del patrimonio da lei amministrato, soffermandosi anche su altre strategie procedurali adottate dalla stessa.
De Burgis nel ricorso presentato in Cassazione si era difeso sostenendo che l’avvocatessa redarguita “aveva specifici motivi di astio nei suoi confronti”. Ma per le sezioni unite i vari capi di incolpazione costituiscono nell’insieme “comportamenti abitualmente e gravemente scorretti”.
Con la sentenza numero 25203 depositata il 15 dicembre scorso le Sezioni Unite Civili della Cassazione (presidente Rovelli) hanno confermato perciò la censura inflitta
dal Csm a Simi De Burgis, in quanto “dichiarazione formale di biasimo”, per avere violato il “i
doveri di correttezza, imparzialità ed equilibrio, ponendo in essere
abitualmente provvedimenti lesivi della sua immagine, gravemente scorretti nei
confronti di parti, difensori, personale amministrativo, colleghi e ausiliari”. Il riferimento è alla legge 109 del 2006 sugli illeciti disciplinari dei magistrati.