“Centomila disoccupati per colpa della pirateria”
Immaginate che un giorno si cominci a condividere tutto, proprio tutto,
la casa, l’auto, i gioielli. Non sareste contenti, vero?». Lei non lo
sarebbe e glielo si legge sul viso, mentre denuncia «la grande rapina»
che quotidianamente colpisce l’industria della creatività, quella che
produce musica, cine, a videogiochi e telefilm. Agnete Haaland, 50
anni, norvegese, prima donna presidente della Federazione
internazionale degli attori, dice che i pirati svuotano le tasche di
chi dà una forma ai sogni. Le cifre che snocciola fanno paura.
Quest’anno, secondo le stime, il settore perderà in Europa 24 miliardi
causa downloading e streaming, ovvero il consumo gratuito di canzoni e
film su Internet. Sono 100 mila posti di lavoro in un dominio high-tech
che, invece, dovrebbe generarne molti di più.
Tutta colpa
della velocità, della rete che corre verso il futuro. Tirare giù una
canzone del web è uno scherzo da pochi secondi. I nuovi siti di
condivisione dei file – RapidShare o Megaupload, per dirne due – hanno
ridotto in modo radicale i tempi in cui si scarica un album o un
lungometraggio. La diffusione degli smartphone ha ampliato il mercato
nero potenziale. Il problema è che nessuno conosce la giusta soluzione,
la ricetta che protegga autori e produttori senza violare le giuste
libertà dei navigatori. Non ha funzionato nemmeno la stretta francese:
sono diminuiti i download, ma sono aumentati gli ascolti in streaming.
Per chi vive di musica non cambia nulla. Se non che, beffa oltre il
danno, sono ancora calati gli acquisti di cd e dvd.
La
conseguenza è stato un netto crollo dei ricavi per le fabbriche della
creatività. Gli ultimi numeri definitivi (Rapporto Tera Consultats,
riferimento 2008) descrivono l’industria europea come una macchina da
860 miliardi di fatturato l’anno, in pratica il 6,9% del pil
continentale. Ci lavorano 14 milioni di persone, il 6,5 % dell’intera
popolazione occupata dell’Ue. Sulla carta è un mercato in espansione.
In pratica, ci sono abbastanza timori da incrinare anche le speranza
dei più ottimisti.
«Siamo preoccupati per gli effetti della
perdita di introiti che si amplia inesorabilmente – spiega William
Maunier, presidente di Euro-Mei, l’organismo che rappresenta i
lavoratori dei media e dello spettacolo -. Si profila un calo degli
investimenti, una riduzione delle opportunità e anche del numero degli
impiegati». Di qui a chiedere un intervento antipirateria il passo è
breve. Ma come, se persino il piano Sarkozy è fallito? «Possiamo far
pagare i provider e utilizzare i fondi per sostener gli autori –
suggerisce il musicista francese Jean-Michel Jarre, quello di Oxygene
-. E’ attraverso le loro reti che si accede ai prodotti ed è col
traffico che loro guadagnano. Giusto che una parte degli incassi torni
agli autori».
Il 2008 è stata un’ecatombe per il settore,
vittima anche di strategie obsolete, sopratutto quelle di case
discografiche che da anni inseguono la rivoluzione tecnologica senza
riuscire a cavalcarla. I paladini del libero Internet accusano questo
ritardo e denunciano il fatto che le major invocano soluzioni
legislative per mascherare le inadempienze. Così tutto dipende da come
si leggono le parole della bionda Haaland, per cui «gli artisti devono
ottenere benefici tangibili anche dallo sfruttamento secondario del
loro lavoro». Occorrono impegni a monte, dunque interventi strategici
dell’industria stessa, e a valle, con la disciplina dell’uso gratuito.
L’Italia
non fa eccezione. Anzi. Nel 2008 i nostri «creatori» risultano aver
perso 790 milioni e 22.400 posti causa pirateria. Dai noi il business
vale 3,9 miliardi euro, ma nel 2004 si era a 4,4. Tutti i segmenti sono
calo: il mercato al dettaglio (-17% in quattro anni), cinema (-11%), i
dvd a noleggio (-12). E’ salito il mercato digitale (+900%), tuttavia i
volumi restano bassi.La prospettiva al 2015 è inquietante. Si calcola
che il traffico europeo di condivisione file crescerà di quasi quattro
volte rispetto all’attuale. Di riflesso, le perdite cumulative senza
interventi legislativi arriveranno a 30 miliardi, 165 miliardi se si
considera il periodo 2000-2015. In posti di lavoro fa 610 mila teste,
ma potrebbero essere di più.
Il parlamento europeo prepara una
relazione, la sta scrivendo la conservatrice francese Marielle Gallo
che intende criminalizzare il downloading incondizionatamente. In aula
ci sarà battaglia. La sinistra e i verdi vogliono differenziare i
ragazzi che scaricano a casa dalla pirateria organizzata. «Il rischio è
di colpire l’anello debole e non toccare i criminali veri», si dice a
Sinistra. Problema serio. E’ necessario salvare l’industria, i posti e
la libertà di espressione. Serve genio e talento creativo. Due delle
poche cose che non si posso tirare già da Internet.