Certificato di abitabilità, se manca ora è più difficile fare il rogito anche se le parti sono d’accordo
Certificato di abitabilità o di agibilità, ogni tanto ignorato, spesso sottovalutato ma capace di fare la differenza quando si vuol vendere casa. E’ allora, infatti, che vengono fuori tutti i problemi relativi alla mancanza di questo documento sia che si tratti di immobili ristrutturati dal proprietario che di appartamenti acquistati dal costruttore, accettando a cuor leggero che il documento non ci fosse. E quando arriva la necessità di procurarselo arrivano anche le difficoltà. Vediamo allora come evitarle e come venire a capo dei problemi.
A cosa serve il certificato – Abitabilità (o agibilità) uguale costruzione realizzata a norma di legge, niente agibilità è quindi abuso edilizio. Un po’ brutale ma nei fatti è così. In base a quanto prevede il Testo unico in materia edilizia che raccoglie le norme in materia in vigore fin dal 1934, il certificato serve infatti ad attestare che sono state rispettate tutte le condizioni di sicurezza, igiene, salubrità. Le norme del 1934 avevano una prevalente valenza di carattere sanitario, si doveva, cioè, accertare che l’immobile fosse conforme alle prescrizioni igienico-sanitarie e alla idoneità ad essere occupato stabilmente. Queste disposizioni sono state modificate nel 1994 e successivamente nel 2001, quando il certificato di agilità ha sostituito quello di abitabilità, imponendo l’assoluta aderenza al progetto per poter ottenere la certificazione necessaria, livelli di risparmio energetico nell’edificio e la sicurezza negli impianti. Il certificato riguarda l’intero immobile e non i singoli appartamenti.
La procedura per l’agibilità Per ottenere il certificato dal Comune è prevista la procedura del silenzio-assenso. Il responsabile dei lavori deve presentare un’apposta dichiarazione al comune alla quale è necessario allegare, tra l’altro: un attestato di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato, con l’avvenuta prosciugatura dei muri e della salubrità degli ambienti (nel caso di nuove costruzioni); la dichiarazione dell’impresa installatrice che attesta la conformità degli impianti installati o il loro collaudo; il certificato di collaudo statico dell’edificio; la dichiarazione di conformità delle opere realizzate rispetto alle norme in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche. Il Comune dovrà verificare le carte e trascorsi 90 giorni senza contestazioni il certificato si intende rilasciato.
Mai fidarsi del costruttore che vende senza certificato – E’ evidente, quindi, che se questo documento manca c’è qualche problema sull’immobile. Si può trattare di difetti “lievi” ad esempio piccole difformità rispetto al progetto iniziale magari per le fioriere e le decorazioni dei balconi, ma possono esserci anche questioni più gravi, ad esempio mancato rispetto delle disposizioni in materia di risparmio energetico o di accessibilità, o addirittura un vero abuso edilizio, perchè sono stati costruiti più box rispetto a quelli previsti e non è stata richiesta la variante in corso d’opera. In queste situazioni sanare richiede tempo e denaro e non sempre è agevole per il semplice fatto che il certificato va chiesto dal costruttore per l’intero immobile e non per il singolo appartamento. Quindi se manca è tutta la palazzina da sanare, e non è possibile mettere a posto la situazione se la richiesta non viene presentata e gli oneri e le sanzioni pagate da tutti i condomini. Quando si acquista dal costruttore, dunque, accettare di fare il rogito senza avere in mano il certificato significa esporsi a gravi rischi, compresa l’impossibilità di richiedere il risarcimento dei danni e l’obbligo di pagare tutte le spese se il comune a decidere d’intervenire d’autorità per imporre la sanatoria.
Agibilità e compravendita – Un immobile senza abitabilità, infatti come ha precisato in più sentenze la Cassazione, può essere commercializzato, a patto che l’acquirente sappia che il certificato manca e accetti questo fatto. Se c’è accordo tra le parti e l’appartamento può essere abitato non ci si può poi rifare in nessun caso sul venditore per le spese da sostenere per il condono o la messa a norma dell’edificio. La situazione è diversa, invece, se la mancanza di abitabilità è stata nascosta e si tratta di immobile abusivo in tutto o in parte. In questo caso l’acquirente, che era all’oscuro, ha il diritto di recedere dal contratto oppure ottenere una consistente riduzione del prezzo, come prevede l’articolo 1489 del Codice Civile.
Le ristrutturazioni e l’agibilità – Un aspetto questo, da non trascurare anche nelle compravendite tra privati, dato che nella maggior parte dei casi in cui vengono effettuati lavori di ristrutturazione nell’appartamento per i quali è richiesta la Dia, è necessario richiedere, al termine dei lavori, anche il relativo certificato di abitabilità. In linea di massima si può dire che questo documento serve in conseguenza dell’esecuzione di lavori di ristrutturazione edilizia o di ampliamento che riguardino parti strutturali degli edifici (basta abbattare una parete, insomma, per doverlo richiedere) e comunque in tutti i casi di mutamento di destinazione d’uso. Anche chi compra da un privato, dunque, deve richiedere il certificato perchè altrimenti rischia di trovarsi a sua volta a dover far fronte alle spese di condono.
Le nuove “attenzioni” degli enti locali – Peraltro oggi è sempre più difficile che un notaio acconsenta a fare un atto senza tutte le certificazioni, anche se le parti sono d’accordo. Le Regioni, infatti, in molti casi vietano la registrazione dell’atto se le certificazioni mancano. i Comuni da parte loro, anche a causa delle difficoltà economiche, sono molto più attenti al fenomeno dell’abusivismo edilizio, dato che la mancata certificazione spesso e volentieri equivale ad un’evasione degli oneri di concessione edilizia. Per questo motivo sono anche aumentati i controlli in caso di ristrutturazioni in corso, con l’impossibilità a procedere se l’immobile non è completamente in regola.