Cittadinanzattiva presenta il II Rapporto PiT Giustizia
La giustizia deve essere considerata “come un bene comune dei cittadini e una Grande Opera per il Paese”. È proprio il tema della Grande Opera quello che definisce il secondo Rapporto Pit Giustizia di Cittadinanzattiva, dal titolo “Grandi Opere: la Giustizia”. Perché dietro questa necessità c’è una situazione di precarietà e sfiducia che vede negati i diritti dei cittadini: il diritto all’informazione, a un processo celere, all’accesso e alla qualità. Fra i cittadini c’è sfiducia nei confronti degli avvocati e del sistema giudiziario. E spesso le fasce più deboli neanche sanno dell’esistenza del Gratuito Patrocinio, tanto che il ricorso a questo istituto continua a essere scarso. Sono alcuni dei dati principali che emergono dal Rapporto, illustrato oggi a Roma da Mimma Modica Alberti, coordinatore nazionale di Giustizia per i diritti: “La giustizia – ha detto – è un passaggio nodale per le garanzie e i diritti. Per noi cittadini la giustizia è una Grande Opera e considerarla tale è un investimento per il futuro. E una Grande Opera ha bisogno dell’attenzione delle istituzioni di questo Paese”.
Il Rapporto è stato costruito sulla base di 1.930 contatti da parte dei cittadini. Primo diritto negato è quello all’informazione: “In generale – si legge nella sintesi del Rapporto – chi si rivolge al Pit Giustizia chiede informazioni su modalità di ricorso alla giurisdizione, risarcimento per i tempi lunghi del processo, ricorso alla giurisdizione europea, tariffe salate. In media, viene chiesta la consulenza nel 57% dei contatti; al secondo posto, l’assistenza nel 22% e infine, le informazioni al 21%”.
Emerge anche una complessiva perdita di fiducia dei cittadini nei confronti degli avvocati (per carenza di informazioni e circostanze che riguardano l’andamento dei procedimenti e la difficoltà di ricevere spiegazioni chiare e adeguate) unita a una perdita di fiducia verso il sistema giudiziario, per una serie di ragioni che spaziano dai ripetuti e ingiustificati rinvii delle udienze ai ritardi nel deposito delle sentenze agli irragionevoli tempi lunghi dei processi, causa di decorrenza dei termini e prescrizione.
Fra i diritti negati c’è infatti anche quello a un processo celere. I dati di Cittadinanzattiva, che non si discostano molto da quelli del Ministero della Giustizia, sottolineano ancora una volta che la giustizia italiana è lenta: nel civile, la durata media di un procedimento è pari a 9,7 anni al Sud, a 7,1 anni al Nord, con una media complessiva di 8,4 anni. Nel penale, la media dei procedimenti è di 3,7 anni al Nord, di 6,9 anni al Sud, in media di 4,5 anni.
Attenzione anche al mancato rispetto del diritto all’accesso. Come evidenzia il Rapporto, nel patrocinio a spese dello Stato l’accesso è negato per carenza di informazioni. In ambito civile, “solo nell’11% dei casi i cittadini risultano essere assistiti da un difensore iscritto alle liste del Patrocinio a spese dello Stato. Medesimo discorso si può fare per il penale (solo 10%). Il dato, in entrambi i casi, è tanto interessante quanto preoccupante: nonostante, rispetto al 2009, si sia verificato un aumento in ambito civile (più 9%) delle segnalazioni dei cittadini assistiti da un legale in gratuito patrocinio e un aumento in ambito penale (più 10% a fronte della mancanza di dati relativi al 2009), permane l’amara riflessione per cui il ricorso all’istituto in esame appare quanto mai scarso”. Sono state migliaia le persone escluse dal gratuito patrocinio per una serie di problemi che attengono alla scarsa informazione e alla soglia di reddito, non superiore a 10.628,16 euro, considerata da Cittadinanzattiva troppo bassa. Fra le proposte lanciate dall’associazione su questo particolare ambito, spiccano quella di garantire un accesso con un parametro rapportato al reddito Isee e la sospensione dei processi per reati minori commessi da irreperibili che, spiega Mimma Modica Alberti, sono per lo più immigrati.
“Chiediamo al Governo e al Parlamento – afferma Modica Alberti – il varo di un piano straordinario per rafforzare il controllo di legalità sul territorio, soprattutto ma non solo al sud, e quindi prioritariamente dotare di attrezzature e tecnologie informatiche le sedi giudiziarie. È necessario arricchire le competenze della polizia giudiziaria e dei magistrati, qualificare sezione dei tribunali per rispondere più celermente a specifiche e più ricorrenti domande di giustizia; aumentare l’organico laddove sia necessario; scongiurare la prescrizione dei reati e rendere certe le pene; rivedere la geografia giudiziaria chiudendo e accorpando Tribunali e uffici di giudici di pace per liberare risorse ed energie”.