Commette reato il medico che, dopo aver operato in ospedale, invita il paziente presso il proprio studio
Il chirurgo che, dopo aver operato i pazienti in ospedale, li inviti a
recarsi nel proprio studio privato per il controllo della degenza,
senza però informarli che – in alternativa – possono essere assistiti
gratuitamente presso la struttura ospedaliera pubblica, commette reato.
Secondo la Cassazione, infatti, in ipotesi del genere si configura un abuso di ufficio.
I giudici della Suprema Corte hanno infatti argomentato tale rigorosa
tesi sostenendo che l’attività ambulatoriale è di fatto già compresa nel pagamento del ticket versato,
in precedenza dall’ammalato, per il ricovero e l’intervento. Dunque, si
finirebbe per far pagare ben due volte al paziente, senza metterlo
nella condizione di scegliere ciò.
Peraltro, il paziente, sia nel rapporto con il medico che con la struttura ospedaliera, va considerato “consumatore” (ossia “contraente debole”) e, in quanto tale, necessita di una tutela più rigorosa, secondo le norme previste proprio dal codice del consumo.
Pertanto, egli va messo al corrente, anticipatamente e in modo chiaro,
del proprio diritto di usufruire di una prestazione già pagata col
ticket.