Compensazioni Iva vietate fino al 16 marzo
La stretta sulle compensazioni Iva, introdotta dall’articolo 10 del Dl
78/2009, si inserisce nella lotta alla frode, in particolare,
all’utilizzo di crediti Iva “falsi”, non derivanti dall’effettiva
imposta assolta dal contribuente e detraibile, secondo le regole della
legge Iva. Appunto perché destinato alla tutela degli interessi
erariali, la ratio del provvedimento è comprensibile: meno
condivisibili, invece, sono gli effetti a carico di imprese e
professionisti, chiamati a condividere con le aziende la responsabilità
derivante da eventuali falsità.
Nel dettaglio, dal 1° gennaio la
compensazione del credito Iva annuale nel modello di versamento F24,
per importi oltre 10mila euro, può essere eseguita dal giorno 16 del
mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale.
La novità va a incidere sulle compensazioni “esterne”. In tal modo il
contribuente ha la possibilità di utilizzare liberamente il credito Iva
2009 nelle liquidazioni periodiche del 2010, mensili o trimestrali.
Dato che il modello Iva 2010, relativo al periodo d’imposta 2009, può
essere presentato in forma autonoma da febbraio, fino al 15 marzo 2010
non possono essere effettuate compensazioni esterne utilizzando il
credito Iva 2009. Ne discende che i contribuenti, anche nei primi mesi
del 2010, possono continuare a utilizzare il credito Iva 2008, che
scaturisce dal modello Iva 2009.
L’ulteriore novità riguarda
l’obbligo di disporre di una dichiarazione Iva “certificata” circa
l’esistenza del credito Iva, nell’ipotesi in cui la compensazione
riguardi crediti Iva per oltre 15mila euro. A tale scopo, nella
dichiarazione deve essere apposto il visto di conformità da parte di un
soggetto abilitato (articolo 35, comma 1, lettera a), Dlgs 241/1997).
In alternativa al visto di conformità, per le società ed enti la
dichiarazione Iva va sottoscritta oltre che dal rappresentante legale
anche da coloro che sottoscrivono, se prevista, la relazione di
revisione.
I soggetti abilitati al visto di conformità (responsabili
fiscali di un Caf, commercialisti e consulenti del lavoro nonché periti
ed esperti tributari iscritti nei ruoli delle Cdc entro il 30 settembre
1992), devono tutelare l’Erario con una polizza professionale con
massimale adeguato al numero di contribuenti assistiti e al numero di
visti di conformità rilasciati, comunque di importo non inferiore a
1.032.914 euro.
L’infedele attestazione dell’effettuazione dei
controlli necessari per il visto di conformità comporta una sanzione
amministrativa da 258 a 2.582 euro, con la precisazione che la
responsabilità del soggetto che ha apposto il visto è rilevabile
solamente se emergono somme a carico del contribuente e, soprattutto,
se non sono stati eseguiti i soli controlli di cui al Dm 164 del 31
maggio 1999.