COMPETENZE E RUOLO DEL DIFENSORE CIVICO
COMPETENZE E RUOLO DEL DIFENSORE CIVICO
Anche nell’anno 2005 è continuata l’attività del Difensore Civico ai sensi dell’art. 89, comma 2°, dello Statuto comunale, il quale stabilisce che il Difensore Civico rimane in carica fino alla nomina del suo successore, che ancora non è avvenuta nonostante l’argomento sia stato più volte esaminato dal Consiglio Comunale. Non è stato mai raggiunto infatti il “quorum” dei 2/3 dei voti favorevoli dei Consiglieri assegnati, e non dei votanti.
Tenuto conto della difficoltà di raggiungere l’elevato quorum richiesto per la nomina del Difensore Civico, la Commissione Consiliare Statuto del Comune di Novara nell’elaborazione della proposta di alcune modifiche dello Statuto comunale ha previsto anche la modifica della disciplina della nomina del Difensore Civico. In tale proposta, che dovrà essere esaminata ed approvata dal Consiglio Comunale, è richiesto per le prime tre votazioni sempre il voto favorevole dei 2/3 dei Consiglieri assegnati, ma dopo la terza votazione è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli stessi Consiglieri. Non è stata proposta alcuna modifica per la norma statutaria (art. 89, comma 1°) che richiede la maggioranza dei 2/3 dei Consiglieri comunali per la revoca del Difensore Civico che può avvenire solo per gravi motivi inerenti l’esercizio delle sue funzioni. É da ritenersi quindi assicurata la garanzia d’indipendenza del Difensore Civico nei confronti dell’Amministrazione.
Allo scopo di poter meglio inquadrare l’attività del Difensore Civico comunale, ritengo opportuno accennare brevemente alle disposizioni di legge e dello Statuto del Comune che disciplinano tale istituto. La figura del Difensore Civico è apparsa nel nostro ordinamento giuridico a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 142/1990, il cui art. 8, sostanzialmente confermato dal D.Lgs. n. 267/2000, ha dato facoltà ai Comuni e alle Provincie di prevedere nei propri Statuti l’istituto del Difensore Civico con il compito di svolgere un ruolo di garante dell’imparzialità e del buon andamento della Pubblica Amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell’Amministrazione nei confronti dei cittadini.
Lo Statuto del Comune di Novara, nel rispetto ovviamente dei principi sanciti dalla legge, ha definito in modo più dettagliato i compiti ed i poteri del Difensore Civico del Comune negli artt. dall’86 al 93, stabilendo che lo stesso:
Si ricordano brevemente altre disposizioni di legge che riguardano l’attività del Difensore Civico.
L’art. 127 del T.U. n. 267/2000, riprendendo quanto disposto dalla legge n. 127/1997, aveva conferito al Difensore Civico, su richiesta di un determinato numero di Consiglieri, il controllo entro limiti ben precisi delle deliberazioni riguardanti appalti ed affidamento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario, e piante organiche ed assunzioni di personale. Nonostante il parere diverso di alcuni studiosi, tale norma è da ritenersi decaduta a seguito dell’abrogazione del controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, operata dalla legge costituzionale n. 3/2001, in quanto come ha sostenuto il Consiglio di Stato (Sez. V, 8 agosto 2003, n. 4598), l’eliminazione di tale controllo consegue in via automatica all’abrogazione dell’art. 130 della Costituzione.
In ogni caso è da ricordare che la Regione Piemonte ha provveduto in merito abrogando con una propria legge le precedenti disposizioni in materia di Comitato Regionale di Controllo.
L’art. 15 della legge n. 340/2000, confermato sostanzialmente, con qualche modifica per quanto riguarda la competenza del Difensore Civico regionale nei confronti degli atti delle Amministrazioni dello Stato, dalla recente legge n. 15/2005, ha previsto la possibilità per i cittadini, in caso di rifiuto o differimento di richiesta di accesso agli atti amministrativi, di presentare entro il termine per il ricorso al T.A.R., richiesta di riesame al Difensore Civico competente, ove costituito, il quale, se ritiene illegittimo il rifiuto o il differimento opposto, lo comunica all’ufficio che ha adottato il provvedimento. Se l’Amministrazione non conferma con provvedimento motivato la propria determinazione entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione del Difensore Civico, l’accesso al documento richiesto dal cittadino si intende accolto. In caso di motivata conferma della determinazione negativa da parte dell’Amministrazione, l’interessato può ricorrere al T.A.R. entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento.
É da mettere in rilievo che la disposizione di legge stabilisce che, ove non sia stato istituito il Difensore Civico che sarebbe competente per il riesame della richiesta, la competenza è attribuita al Difensore Civico dell’ambito territoriale immediatamente superiore.
Dall’esame delle suddette disposizioni emerge evidente che il Difensore Civico, pur avendo un ampio potere istruttorio in merito ai fatti sottoposti al suo esame, con riguardo al risultato dei suoi interventi, i poteri riconosciuti (art. 91 dello Statuto) si limitano alla possibilità di segnalare ai competenti organi del Comune eventuali anomalie o disfunzioni riscontrate e di suggerire eventuali rimedi per la loro eliminazione.
Nulla è detto nelle norme statutarie in merito all’obbligo da parte dei destinatari delle segnalazioni del Difensore Civico di una espressa decisione in merito alla segnalazione stessa, per cui l’efficacia dei sui interventi dipende dalla volontaria disponibilità degli Amministratori ed dei Funzionari ad accogliere la sua azione di sollecitazione, di stimolo, di proposta.
Tale situazione provoca una certa perplessità in molti cittadini che si rivolgono al Difensore Civico, in quanto sono convinti che egli abbia il potere di annullare, revocare, modificare i provvedimenti dell’Amministrazione.
A mio modesto parere, non è opportuno né utile, per i cittadini, il riconoscimento al Difensore Civico di poteri coercitivi, in quanto verrebbe snaturato il suo ruolo d’intermediario tra Pubblica Amministrazione e cittadini al di fuori di ogni formalismo burocratico e procedimentale, facendogli assumere il ruolo simile a quello di organo giurisdizionale, che si aggiungerebbe in modo disorganico a quelli numerosi già esistenti, rendendo necessarie regole procedurali che impedirebbero al cittadino di rivolgersi al Difensore Civico in modo semplice, diretto, senza alcuna complicazione di natura burocratica.
Ciò tuttavia non esclude l’esigenza di provvedimenti sia legislativi che statutari per rendere più incisiva ed efficace l’intervento del Difensore Civico nei confronti dell’ufficio presso cui interviene.
Per quanto riguarda le modifiche statutarie possibili in base alle vigenti disposizioni di legge è da ricordare che la Commissione Consiliare Statuto ha accettato le seguenti proposte avanzate da questo ufficio:
1. integrazione dell’art. 91 prevedendo l’obbligo di una decisione in merito alle segnalazioni fatte dal Difensore Civico, che deve essere adeguatamente motivata in caso di mancato accoglimento;
2. integrazione dell’art. 90 nel senso di stabilire un termine non superiore a 15 giorni per l’evasione da parte dei Funzionari ed impiegati del Comune delle richieste di chiarimenti e di copia di atti o di documenti, in modo da consentire al Difensore Civico di poter rispettare il termine di 30 giorni previsto dallo stesso art. 90 per la comunicazione al cittadino dell’esito del suo intervento.
Al fine di rendere più efficace l’attività del Difensore Civico, estendendone quindi l’utilizzabilità da parte dei cittadini, sono indubbiamente necessarie altre misure che non possono costituire oggetto di normazione statutaria, ma di un provvedimento legislativo che stabilisca:
Come già ricordato, l’art. 92 dello Statuto del Comune di Novara prevede tale funzione di mediazione, che difficilmente può però essere attivata stante il breve termine previsto dalla legge per la proposizione dei ricorsi in sede giurisdizionale, e non essendo prevista dalla legge la sospensione dei termini per la proposizione di tali ricorsi fino alla conclusione del procedimento davanti al Difensore Civico; la possibilità di intervento del Difensore Civico nei confronti degli enti, anche privati, che erogano servizi pubblici, nei confronti dei quali è completamente carente un’adeguata tutela di natura pubblica dei cittadini. Con la realizzazione di tali proposte si renderebbe sicuramente più incisivo ed efficace il ruolo del Difensore Civico, fermo restando il suo carattere di organo indipendente di tutela non giurisdizionale, che opera in modo snello, senza eccessiva formalità e norme procedurali che appesantirebbero la sua attività e quella dei cittadini, specialmente di quelli appartenenti alle fasce più deboli, che ad esso si rivolgono per la tutela dei loro diritti ed interessi nei confronti della Pubblica Amministrazione, e che molto spesso non hanno la possibilità per motivi economici di una tutela più formale attraverso gli organi dell’Amministrazione della giustizia.
ATTIVITÀ NELL’ANNO 2005
I casi trattati durante l’anno 2005 sono stati in totale n. 275, che hanno comportato n. 217 contatti con l’utenza, in quanto alcuni di questi hanno riguardato più problematiche che hanno interessato servizi diversi. Rispetto ai casi trattati durante l’anno 2004 (n. 256) vi è stato un lieve aumento.
É stata predisposta una tabella riepilogativa ed un elenco cronologico dei casi trattati con l’indicazione sintetica degli oggetti, allegati in calce alla presente. Nella tabella riepilogativa sono evidenziati i modi attraverso i quali è avvenuto il contatto con l’ufficio da parte degli interessati (di persona, telefonico, per posta elettronica, con lettera/esposto) o d’ufficio, i casi che non rientrano nella competenza funzionale del Difensore Civico tra i quali vi sono anche quelli di competenza del Difensore Civico regionale al quale sono state indirizzate le persone interessate, i servizi comunali competenti, la definizione delle pratiche (conclusa, non conclusa o abbandonata dal cittadino) e il suo esito (positivo, solo in parte positivo, negativo), ed altri elementi utili per una analisi delle richieste dell’utenza. Per quanto riguarda l’indicazione delle pratiche concluse (n. 166) e di quelle non ancora concluse (n. 16), con esclusione quindi delle pratiche non rientranti nella sua competenza (n. 79 di cui 11 di competenza del Difensore Civico regionale), è opportuno precisare che se le richieste riguardavano un’informazione, un consiglio/parere, le stesse si sono ritenute concluse nel momento in cui il cittadino ha avuto l’informazione o il parere, contestualmente alla richiesta o successivamente; nei casi invece di segnalazione di problematiche varie o di richiesta di intervento, le pratiche sono state ritenute concluse quando, in base all’argomento segnalato ed alle necessarie verifiche, la segnalazione o la richiesta d’intervento si è risolta positivamente (n. 92) o solo in parte (n. 44) e cioè la segnalazione/richiesta è stata totalmente o solo parzialmente accolta, o negativamente (n. 30).
Le pratiche abbandonate dai cittadini sono state 14. L’abbandono in genere si è verificato in quanto i cittadini non si sono più presentati per consegnare la documentazione richiesta per i casi prospettati. Per quanto riguarda le pratiche concluse negativamente o solo in parte positivamente rispetto alle richieste dei cittadini, si deve rilevare che, salvo qualche eccezione, ciò è stato determinato da una obiettiva valutazione degli uffici interessati in base alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari condivisa dal sottoscritto, o da una valutazione in merito alla manifesta non fondatezza della lagnanza del cittadino per cui non si è ravvisata la necessità di chiedere chiarimenti all’ufficio che gestisce il servizio. Per le pratiche indicate come non concluse (n. 16) occorre ricordare che per la quasi totalità si riferiscono a problematiche che richiedono l’espletamento di procedure il cui iter è abbastanza lungo, o insorte nell’ultima parte dell’anno, per cui non vi è stato materialmente il tempo per una loro definizione. Tra queste pratiche vi è per esempio, quella relativa all’iscrizione ipotecaria su immobili privati da parte della società concessionaria di riscossione dei tributi per il mancato pagamento nel termine stabilito dalla legge di cartelle esattoriali. Di tale pratica se ne parlerà più diffusamente in seguito.
Le richieste che riguardano “Altri Comuni” (n. 16) interessano vari argomenti (violazioni al codice della strada, I.C.I., approvazione P.R.G., disturbo arrecato da un cane, sostituzione di un vecchio tetto di eternit, servitù di passaggio, risarcimento danni per caduta su strada pubblica, recapito di posta ordinaria aperta, ritardo nell’allacciamento del gas), per i quali nei limiti del possibile sono state date le opportune indicazioni da prospettare ai competenti uffici dei Comuni interessati. Le richieste indicate come “Varie” (n. 65) si riferiscono prevalentemente a questioni di natura privata, riguardanti in prevalenza contratti e canoni di locazione, questioni condominiali, sfratti, risarcimenti di danni, rapporti tra coniugi separati, tra famigliari relativi ad eredità ecc., per i quali i cittadini sono stati consigliati di rivolgersi, secondo il caso, alle associazioni-proprietari o ai sindacati-inquilini, allo sportello del consumatore, di cui sono stati forniti gli indirizzi, oppure ad un legale di loro fiducia per le questioni più importanti per le quali si prospettava l’opportunità dell’esperimento di un’azione giudiziaria. Numerose sono state infine le richieste di informazioni relative alle modalità di ricorso avverso verbali di contestazione per violazioni al codice della strada con particolare riferimento alla detrazione punti della patente di guida al titolare del veicolo.
Dall’esame dei dati contenuti nella scheda si può rilevare come l’istituto del Difensore Civico sia abbastanza noto ai cittadini, anche se non tutti hanno conoscenza dei compiti ad esso attribuiti. Infatti i casi sottoposti al Difensore Civico che non rientrano nella sua competenza funzionale rappresentano il 29 % ca. del totale, con un lieve aumento rispetto alla percentuale dell’anno precedente (27 % ca.). Ciò dipende dal fatto che alcuni cittadini confondono ancora il Difensore Civico con il Giudice di Pace, con l’avvocato messo gratuitamente a loro disposizione dal Comune, con l’associazione di tutela dei consumatori, e così via.
É comunque un fatto positivo che anche questi cittadini contattino il Difensore Civico; intanto prendono conoscenza delle sue funzioni e competenze, e vengono indirizzati verso l’ufficio, l’ente, l’associazione ecc., che potrebbe dare un concreto aiuto per la soluzione del loro problema.
Si è potuto notare che i cittadini preferiscono esporre verbalmente di persona o telefonicamente le loro questioni, tanto è vero che i casi prospettati con lettere scritte o per posta elettronica sono pochissimi rispetto al numero totale; il cittadino non gradisce le formalità, ma il contatto diretto ed informale attraverso il quale ritiene di poter esporre con maggiore libertà e con maggiore naturalezza le proprie questioni. Anche l’ufficio ha privilegiato la comunicazione diretta o telefonica con i cittadini, prendendo le opportune annotazioni su apposite schede predisposte per ogni caso trattato. Il cittadino apprezza la tempestività di una risposta in merito alla segnalazione che ha fatto, e spesse volte, anche se la stessa non è positiva rispetto alle sue aspettative, se viene fornita una semplice, ma esauriente, motivazione circa l’impossibilità dell’accoglimento della richiesta, manifesta ugualmente la propria soddisfazione, anche se spesso giudica ingiuste certe disposizioni di legge.
I casi trattati riguardano principalmente i seguenti servizi ed Aziende del Comune: Sicurezza del Cittadino – Vigilanza sul Territorio, Ambiente, Fiscalità Locale, Mobilità Urbana, Servizi Sociali, Sinistri – Assicurazioni, Cimiteri, Espropri Acquisizioni Alienazioni, Edilizia Privata, Informatico e Statistica, ASSA, Manutenzione Suolo Pubblico, Attività Economiche, Minori ed Handicap, Parchi e Giardini, Patrimonio, Personale, Servizi Demografici, Urbanistica, SIN, SUN. I casi più semplici sono stati trattati telefonicamente con i vari servizi, che hanno sempre manifestato la massima disponibilità per l’esame del problema, e per una soluzione positiva delle richieste dei privati quando ciò era oggettivamente possibile.
In conformità a quanto stabilito dallo Statuto comunale, che all’art. 86 stabilisce che il Difensore Civico ha facoltà di ricercare iniziative presso altri uffici e servizi al pubblico, diversi ovviamente da quelli del Comune di Novara e delle sue Società partecipate, sono stati trattati n. 39 casi, in maggior parte riguardanti competenze degli uffici ubicati a Novara.
Gli uffici pubblici ed enti gestori pubblici servizi relativi alle segnalazioni pervenute sono:
A.I.P.A., A.N.A.S., Agenzia Territoriale per la Casa (A.T.C.), Consorzio Alta Velocità, Consorzio via Campanotta, Enel, Inpdap, Inps, Italgas, Provincia, Sestri, Telecom Italia.
Quando vi è stata la necessità di contattare tali uffici, quelli ubicati a Novara hanno fornito tutti i chiarimenti e le delucidazioni richieste, che hanno consentito ai cittadini interessati di risolvere le loro questioni o, quanto meno, di averne una cognizione più chiara. Con riferimento alle segnalazioni pervenute e per le novità intervenute in merito ad alcune questioni già trattate nelle precedenti relazioni, si ritiene opportuno approfondire alcuni problemi.
In data 6.10.2005 un cittadino ha segnalato che la Sestri S.p.A., concessionaria del servizio di riscossione dei tributi a Novara, ha proceduto all’iscrizione ipotecaria su un immobile di sua proprietà per il mancato pagamento della tassa smaltimento rifiuti per gli anni 1998, 1999 e 2000, per un complessivo importo di euro 377,52, oltre ad euro 155,52, per interessi di mora e aggio, per un credito complessivo quindi di euro 533,04.
Tale iscrizione ipotecaria è stata disposta in virtù dell’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973, come sostituito dall’art. 16 del D.Lgs. n. 46/1999.
L’iscrizione ipotecaria è stata eseguita per la somma complessiva di euro 1489,58, in quanto al suddetto importo di euro 533,04 è stato aggiunto quello di euro 211,75 relativo alle spese per l’iscrizione e la successiva cancellazione ipotecaria, per un importo complessivo quindi di euro 744,79, che è stato raddoppiato in virtù di quanto disposto dal primo citato art. 77 del D.P.R. n. 602/1973.
Con nota in data 21.11.2005 è stato comunicato alla società Sestri che a parere di questo ufficio la suddetta iscrizione ipotecaria non sembra conforme a quanto stabilito dal 1° comma dell’art. 76 del citato D.P.R. n. 602/1973, il quale testualmente recita: “Il concessionario può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui si procede supera complessivamente euro 1549,38″. Tale limite è stato elevato ad euro 8.000,00 ai sensi dell’art. 3, comma 40°, lettera b-bis, della legge 2.12.2005, n. 248.
Si è fatto rilevare che se la legge non consente l’espropriazione immobiliare, e cioè la vendita coattiva di un immobile di proprietà del debitore per la soddisfazione di un credito, se questo non è superiore ad un determinato importo, è conseguentemente impossibile, oltre che inutile, procedere all’iscrizione d’ipoteca su un immobile, che è preordinata all’espropriazione immobiliare, ponendo oltre tutto a carico del cittadino notevoli spese per l’iscrizione e la successiva cancellazione dell’ipoteca, che nel caso esaminato raggiungono un importo di circa il 40 % del debito tributario.
É stata pregata la società Sestri di voler comunicare eventuali osservazioni in merito ai rilievi sulla legittimità dell’iscrizione ipotecaria quando l’importo del credito tributario complessivo non sia superiore a quello previsto dalla legge.
Con nota in data 12.12.2005 la Sestri S.p.A. ha sostenuto la legittimità dell’iscrizione ipotecaria immobiliare operata, basandosi sostanzialmente sul fatto che l’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973 che disciplina l’iscrizione d’ipoteca non prevede un importo minimo sotto il quale non è lecita l’iscrizione, essendo invece tale limite previsto dal precedente art. 76 che disciplina l’espropriazione immobiliare.
Alla società Sestri è stato fatto presente che la sua interpretazione delle norme in esame risulta priva di fondamento sia dal punto di vista giuridico che da quello logico, se si pone mente per un momento alle norme del codice civile che disciplinano l’istituto dell’ipoteca, ed in particolare all’art. 2808 il cui 1° comma così puntualmente recita: “L’ipoteca attribuisce al creditore il diritto d’espropriare, anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione”.
Se quindi lo scopo dell’istituto dell’ipoteca è quello di vincolare un determinato bene immobile, anche nei confronti di eventuali terzi acquirenti, alla vendita coattiva per la soddisfazione di un determinato credito, ne deriva che nel caso in cui una specifica disposizione di legge stabilisce che l’esecuzione immobiliare non è consentita per il recupero di crediti inferiori ad un determinato importo, l’iscrizione ipotecaria non può raggiungere lo scopo per cui l’istituto è stato predisposto dall’ordinamento giuridico, per cui l’iscrizione fatta risulta nulla di pieno diritto.
Si è peraltro ricordato che gli artt. 76 e 77 del D.P.R. n. 602/1973 sono contenuti nel capo II del provvedimento legislativo che ha per titolo “espropriazione forzata” e nella sezione IV di tale capo che ha per titolo “disposizioni particolari in materia di espropriazione immobiliare”, per cui risulta evidente che il limite posto dall’art. 76 all’importo del credito al di sotto del quale non è possibile procedere all’esecuzione immobiliare, ha natura di portata generale, in base all’interpretazione sia letterale che logico-sistematica delle disposizioni che disciplinano l’istituto dell’espropriazione nel caso specifico.
Sarebbe contrario ad ogni elementare criterio di tecnica giuridica nell’elaborazione delle norme pretendere che in ogni articolo venga ripetuta una limitazione che senza alcuna ombra di dubbio ha natura di portata generale.
É stato anche ricordato che il Giudice di Pace di Napoli con sentenza depositata il 28.11.2005 ha ritenuto illegittima una iscrizione ipotecaria per un debito complessivo d’importo inferiore a quello previsto dal prima citato art. 76 del D.P.R. n. 602/1973, condannando il concessionario al risarcimento dei danni per la sua condotta lesiva.
É stato ribadito quindi il punto di vista di questo ufficio circa l’illegittimità delle iscrizioni ipotecarie quando il credito complessivo tributario è inferiore al limite previsto dalla legge per poter procedere all’espropriazione immobiliare, e sono stati sollecitati i competenti servizi del Comune ad esprimere il proprio punto di vista sulla questione, che investe un importante servizio pubblico comunale gestito in concessione, con riguardo all’esigenza del rispetto nell’esercizio dell’attività amministrativa del principio di legalità, che costituisce un diritto dei cittadini nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Alcuni cittadini hanno contestato le modalità di pagamento del canone annuo per le lampade votive al Cimitero che comportavano, al contrario degli anni precedenti, sempre una spesa per i cittadini per il servizio postale o per quello bancario.
Da informazioni assunte presso l’ufficio del Cimitero comunale si è potuto appurare che le proteste per tali questioni erano state numerose, tenuto conto che l’incidenza della spesa per il servizio postale o bancario rappresentava quasi il 10 % del canone da pagare.
A seguito di un tempestivo intervento del competente Assessorato del Comune è stata consentita la possibilità del pagamento dei bollettini presso tutti gli sportelli della Banca Popolare di Novara senza alcuna spesa per i cittadini.
Questo ufficio con nota in data 24.11.2005 diretta ai competenti servizi del Comune, al fine di evitare che gli inconvenienti di cui sopra potessero ripetersi, ha fatto presente che per il pagamento da parte dei cittadini di tributi, canoni, sanzioni pecuniarie ecc., deve essere consentito un modo agevole senza alcun onere a loro carico, che può invece essere posto per altri modi opzionali di pagamento che l’utente secondo una sua libera scelta ritiene di utilizzare.
Nelle precedenti relazioni è stato più volte esaminato il problema delle strade private, alcune delle quali gravate dal diritto di pubblico transito e sollecitato l’avvio di una soluzione, sia pure graduale, del problema, con carattere di priorità per quelle strade nelle quali il Comune ha realizzato direttamente, od attraverso i privati con lo strumento dello scomputo degli oneri di urbanizzazione, e quindi con oneri in ogni caso a carico del Comune, degli interventi (fognatura, pubblica illuminazione, asfaltatura ecc.), per cui vi è già stata una valutazione positiva in merito all’importanza di tali strade ai fini della circolazione pubblica, poiché in caso contrario non avrebbe potuto trovare una giustificazione l’esecuzione con onere a carico del Comune di tali opere.
É da valutare positivamente che il Comune abbia iniziato ad affrontare il problema con l’elaborazione di una proposta di regolamento che disciplina i criteri per il passaggio consensuale, e progressivo in relazione alle risorse comunali aggiuntive per la manutenzione ordinaria, di strade da private a comunali.
In merito a tale regolamento si rappresenta l’opportunità:
É stato anche fatto presente che le disposizioni del codice della strada per le strade private gravate da una servitù di pubblico transito impongono al Comune l’obbligo di garantire la sicurezza della circolazione effettuando i necessari interventi di manutenzione, salvo rivalse per i relativi oneri nei confronti dei soggetti inadempienti.
Nel caso in cui in una strada privata viene esercitato un diritto di pubblico transito, il Comune quindi non può disinteressarsi delle condizioni della stessa, ma è obbligato a garantire la sicurezza della circolazione, a controllare che venga effettuata la manutenzione e a provvedere d’ufficio in caso di inadempienza da parte dei soggetti obbligati.
È stato anche posto il problema della copertura assicurativa per eventuali danni derivanti da incidenti stradali causati dalla cattiva manutenzione delle strade private con diritto di pubblico transito, in quanto per le considerazioni prima fatte, non può escludersi una responsabilità del Comune sotto l’aspetto della “culpa in vigilando”.
Tale aspetto assume una maggior rilevanza con riferimento ad una recente sentenza della suprema Corte di Cassazione, Sezione III, n. 19653 del 1.11.2004, con la quale è stato ribaltato il precedente orientamento in materia di responsabilità civile della P.A. per danni causati a terzi da situazioni qualificabili come “l’insidia o il trabocchetto”.
Infatti, in base al precedente orientamento della giurisprudenza, la P.A. era tenuta ex art. 2043 del codice civile (responsabilità aquiliana) a rispondere dei danni cagionati agli utenti delle strade per cadute a causa di buche od ostacoli, soltanto allorquando ricorresse il presupposto dell’imprevedibilità dell’ostacolo per scarsa illuminazione o simili circostanze (insidia o trabocchetto).
Con la menzionata sentenza, invece, si afferma che il danneggiato non ha più l’onere di dimostrare la sussistenza di tali requisiti, dovendosi ritenere l’applicabilità anche alla P.A. dell’art. 2051 del codice civile in tema di responsabilità da cose in custodia, secondo cui ciascuno è tenuto a risarcire i danni procurati dalle cose che abbia in custodia (quindi anche beni pubblici), salvo che provi il caso fortuito.
Concludendo su questo problema, si ritiene opportuno ribadire quanto in precedenti relazioni già detto anche per quanto riguarda le strade private non soggette a pubblico transito.
Anche la costruzione di tali strade, in base alle disposizioni contenute nel regolamento edilizio, devono essere autorizzate dal Comune e sono soggette ai controlli previsti dall’ordinamento vigente.
Per l’apertura di nuove strade private, o per la costruzione delle stesse previste nell’ambito di convenzioni urbanistiche, dovrebbe essere imposto ai privati interessati l’obbligo di costituire uno strumento giuridico (regolamento di comunione, consorzio privato od altro) in modo che vi sia un preciso soggetto di riferimento che abbia la responsabilità della gestione della strada.
Una problematica di estrema attualità è quella relativa ai cani.
Poiché gli episodi di aggressione alle persone da parte di cani si verificano con carattere di ricorrenza, ed alcuni sono di particolare gravità, il Ministero della Salute con ordinanza 3.10.2005, pubblicata nella G.U. del 2.12.2005, in attesa dell’emanazione di una disciplina normativa organica della materia, ha adottato delle disposizioni cautelari a tutela della salute.
In tale ordinanza è stabilito che deve essere applicata ai cani la museruola o il guinzaglio quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico, e sia la museruola che il guinzaglio ai cani condotti nei locali pubblici e nei pubblici mezzi di trasporto.
Per alcune razze di cani e loro incroci a rischio di maggiore aggressività, indicate in un elenco allegato all’ordinanza, è stabilito l’obbligo per il proprietario di stipulare una polizza di assicurazione di responsabilità civile per danni causati dal proprio cane contro terzi.
É necessario che venga esercitato un efficace controllo da parte della vigilanza urbana affinché tali disposizioni, poste a tutela della sicurezza e della incolumità dei cittadini, vengano rigorosamente osservate e sanzionate le eventuali violazioni.
Si ritiene inoltre opportuno ricordare, ancora una volta, che la modifica del regolamento sui cani, che ha previsto l’obbligo per i proprietari che circolano con il cane negli spazi pubblici di essere muniti di apposita paletta e di appositi sacchetti per la raccolta delle deiezione canine, non ha prodotto gli effetti sperati, anche perché forse non è stato effettuato un adeguato controllo con applicazione delle sanzioni previste per le violazioni al suddetto obbligo.
Purtroppo le deiezioni canine che cospargono le vie ed i marciapiedi della città, sono sempre numerose e fastidiose per i cittadini, delle cui legittime esigenze si disinteressano alcuni proprietari di cani che non hanno la consapevolezza che tenere un cane comporta delle responsabilità non solo nei confronti dell’animale, ma anche nei confronti dei cittadini che non devono essere costretti a passeggiare in luoghi pubblici deturpati dalla presenza non decorosa ed antigienica di deiezioni animali.
É necessario quindi da un lato un controllo più efficace da parte della vigilanza urbana per prevenire ed eventualmente reprimere tale fenomeno, e dall’altro la realizzazione delle aree nelle varie zone della città, a suo tempo individuate, destinate alla libera circolazione dei cani.
ATTUAZIONE DEI PRINCIPI SULL’AZIONE AMMINISTRATIVA
L’art. 91 dello Statuto del Comune di Novara stabilisce che il Difensore Civico nella sua relazione annuale deve riferire anche circa l’attuazione dei principi sull’azione amministrativa, sulla pubblicità e sul diritto d’accesso ai documenti amministrativi, in sostanza sull’applicazione della legge n. 241/1990 e successive modificazioni, che disciplina il procedimento amministrativo e il diritto di accesso.
Nella relazione dell’anno scorso avevo detto che era in corso una rivisitazione della legge n. 241 con l’intento di dare una maggiore funzionalità alla normativa con riferimento agli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali, e d’instaurare su basi meno discrezionali un rapporto paritario tra Pubblica Amministrazione e cittadini, sempre più ispirato ai principi di buon andamento e imparzialità, come prescritto dall’art. 97 della Costituzione.
É stata emanata la legge 11.2.2005, n. 15 che ha subito profonde modificazioni con la successiva legge 14.5.2005 n. 80, che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 14.3.2005 n. 35, il cui art. 3 ha profondamente modificato gli artt. 2, 18, 19, 20 e 21 della legge n. 241/1990.
In via generale è da ritenere che l’art. 1 della legge di riforma del procedimento amministrativo arricchisca i criteri che devono reggere l’attività amministrativa aggiungendo ai precedenti (legalità, economicità, efficacia e pubblicità) quelli della trasparenza, e dei principi ricavabili dall’ordinamento comunitario, che in gran parte coincidono con quelli già presenti nel nostro ordinamento (imparzialità, partecipazione, diritto d’accesso, obbligo di motivazione, ragionevolezza dei termini per la conclusione del procedimento ecc.), mentre altri, come quelli di proporzionalità e di legittimo affidamento, hanno una certa potenzialità innovativa.
Si ritiene opportuno accennare brevemente ad alcuni punti specifici della legge di riforma della n. 241/1990 che risultano particolarmente significativi:
Come ha rilevato il Dipartimento della Funzione Pubblica in una sua Direttiva del 17.10.2005, l’estensione del principio del silenzio-assenso rende effettivo il dovere della P.A. di fornire sempre e comunque una risposta alle istanze del cittadino, trasformando tale silenzio, da apodittica interdizione dei diritti del cittadino, in uno strumento sollecitatorio dei doveri della P.A., che può sempre negare al cittadino quanto da lui richiesto, purché motivi adeguatamente le ragione del diniego; le norme che riguardano il diritto di accesso, che recependo gli orientamenti giurisprudenziali intervenuti nella materia, raccordano le disposizioni con quelle sulla riservatezza dei dati, e completano il quadro degli strumenti di tutela per i casi di diniego da parte della Pubblica Amministrazione.
Sono da sottolineare le disposizioni contenute nell’art. 22, comma 1°, punto e) e nell’art. 23, che stabiliscono che anche i soggetti privati limitatamente alla loro attività di pubblico interesse sono tenuti al rispetto delle norme sul diritto d’accesso.
Tra questi soggetti privati rientrano i concessionari di pubblici servizi, nonché gli enti pubblici privatizzati (ferrovie, poste ecc.).
Fatte queste brevi considerazioni sui contenuti sostanziali della nuova legge, è necessario ricordare che nel nuovo art. 29 della legge 214/1990 il legislatore, tenuto conto dei mutamenti istituzionali intervenuti a seguito della riforma del titolo V della parte II della Costituzione, ha stabilito che le disposizioni della legge si applicano ai procedimenti amministrativi che si svolgono nell’ambito delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali e, per quanto stabilito in materia di giustizia amministrativa, a tutte le amministrazioni pubbliche.
Le Regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla legge.
Tenuto conto delle materie che sono d’esclusiva competenza dello Stato in base alle norme costituzionali, sono da ritenersi operative nei confronti delle Regioni e degli enti locali, oltre alle disposizioni della nuova legge di carattere giurisdizionale espressamente indicate nel citato art. 29, anche quelle riconducibili alla materia dell’ordinamento civile, come quelle concernenti l’attività contrattuale, nonché l’efficacia e l’invalidità del provvedimento.
É necessario quindi che il Comune proceda con carattere di priorità all’adeguamento dei propri regolamenti sui procedimenti amministrativi e sul diritto di accesso per uniformarli ai principi delle nuove disposizioni di legge, tenendo conto che le stesse prevedono che dovranno essere assicurati i livelli essenziali per i diritti civili e sociali, fermo restando la possibilità di garantire livelli ulteriori di tutela.
L’esigenza di una opportuna rivisitazione dei suddetti regolamenti era stata espressa nelle precedenti relazioni.
Per quanto riguarda il regolamento sui procedimenti amministrativi, emanato ormai da molti anni con una certa frettolosità, si ricorda che lo stesso non prevede la disciplina di tutti i procedimenti amministrativi di competenza del Comune, ed in particolare di quelli relativi ai compiti successivamente attribuiti al Comune da nuove disposizioni di legge.
La legge stabilisce che in tale regolamento deve essere, tra l’altro, stabilito il termine finale per la conclusione di ogni procedimento, e che in difetto di tale determinazione, lo stesso deve concludersi nel breve termine stabilito in via generale dalla legge, che non sempre può oggettivamente essere rispettato per i provvedimenti di una certa complessità.
Il ritardo nella conclusione di un procedimento può comportare delle responsabilità di natura civile, disciplinare, ed in certi casi anche di natura penale.
Nella revisione del regolamento dovrebbero essere previste le disposizione per dare concreta attuazione all’art. 63 dello Statuto comunale, il quale stabilisce che nel caso di procedimenti amministrativi che coinvolgono più strutture organizzative, il responsabile del procedimento addetto alla struttura rispetto alla quale si configuri un interesse prevalente deve vigilare sullo svolgimento dell’intero procedimento.
L’applicazione di questa norma, che purtroppo non avviene in maniera organica e continua, determinerebbe un meccanismo quasi automatico di coordinamento nell’attività degli uffici.
La mancanza di dialogo e di coordinamento tra i vari servizi si avverte anche nelle piccole questioni di cui ho avuto modo di interessarmi.
Per le problematiche che interessano diversi servizi, è sempre difficoltoso pervenire in tempi brevi ad una conclusione, per la mancanza di una decisione di sintesi dei vari aspetti del problema in esame.
Lo stesso discorso vale per i cittadini che inviano una lettera a diversi servizi o a diversi Assessorati.
É difficile per loro avere una risposta nei termini previsti dalla legge, e spesso la stessa arriva con notevole ritardo solo dopo diversi solleciti.
Si è constatato che il cittadino apprezza la tempestività di una risposta in merito ad una richiesta fatta alla P.A., e ciò che lo inasprisce di più non è una risposta negativa rispetto alla sua richiesta purché venga fornita una motivazione semplice, ma esauriente, circa l’impossibilità dell’accoglimento, ma il silenzio da parte dell’Amministrazione.
In merito ritengo opportuno ricordare che l’art. 14 del “Codice europeo di buona condotta amministrativa” stabilisce che per ogni lettera o denuncia indirizzata all’istituzione viene inviato un avviso di ricevimento entro un termine di due settimane, tranne i casi in cui può essere trasmessa una risposta nel merito entro tale termine.
La risposta o avviso di ricevimento deve riportare il nome ed il numero di telefono del Funzionario che si occupa della questione.
Una norma simile potrebbe essere introdotta nel regolamento comunale sui procedimenti amministrativi, ma nel frattempo potrebbe trovare immediata applicazione attraverso un preciso ordine di servizio a tutti gli uffici del Comune.
Per quanto riguarda il diritto d’accesso ai documenti amministrativi non sono pervenute richieste d’esame avverso casi di rifiuto o di differimento di richiesta di accesso, ai sensi dell’art. 15 della legge 340/2000 e successive modificazioni.
É pervenuta per conoscenza una lettera da parte di un Consigliere comunale che lamentava il fatto che l’ASSA S.p.A., la SIN S.p.A. e la PHARMA S.p.A., ex Aziende speciali del Comune, non avessero fornito, pur essendo trascorsi 30 giorni, le informazioni richieste sulla situazione del personale delle società.
Il Sindaco con note in data 4.11.2005 ha sollecitato le società suddette a fornire le informazioni richieste, e sull’argomento è stata presentata una mozione da parte di alcuni Consiglieri comunali.
In merito è necessario ricordare che l’art. 43, comma 2, del T.U. degli enti locali n, 267/2000 stabilisce che i Consiglieri comunali hanno diritto di accesso a tutti gli atti che possono essere di utilità nell’espletamento del loro mandato.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito che è legittima la richiesta da parte di un Consigliere comunale di informazioni nei confronti di una società a prevalente capitale comunale, e che a differenza dei soggetti privati non è tenuto a motivare la richiesta di accesso, essendo implicita nella funzione di controllo svolta dal Consigliere comunale, a cui non possono nemmeno essere opposte limitazioni derivanti dalla natura riservata delle informazioni, essendo il Consigliere vincolato all’osservanza del segreto.
É da ricordare altresì in merito una recente sentenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, sent. 5 settembre 2005, n. 5) che così testualmente si esprime: “La detta linea interpretativa ha ottenuto conferma legislativa con le modifiche apportate all’art. 23 della legge n. 241/1990 dalla legge n. 265/1999 e, più ancora, con la recente legge n. 15/2005 che si è spinta fino ad iscrivere, agli effetti dell’assoggettamento alla disciplina sulla trasparenza, tra le Pubbliche Amministrazioni anche i soggetti che svolgono attività di pubblico interesse”.
La questione esaminata dal Consiglio di Stato riguardava il rifiuto del diritto di accesso da parte di un ente pubblico economico successivamente privatizzato.
Come dicevo prima, in materia di diritto d’accesso non sono pervenuti a questo ufficio altri reclami da parte dei cittadini, per cui devo esprimere una valutazione positiva dell’attività svolta dal Comune di Novara in tale ambito.
Ciò dimostra che questo problema, come quello dell’autocertificazione, è entrato nella nuova cultura dei dipendenti del Comune di Novara, e nella consapevolezza dei propri precisi diritti da parte dei cittadini.
Non rimane quindi che ribadire la necessità che venga rivisitato il vigente regolamento per l’accesso dei cittadini alla documentazione amministrativa per adeguarlo ai principi delle recenti disposizioni di legge in materia, e soprattutto per individuare in modo più preciso e dettagliato le categorie di documenti sottratte all’accesso sulla base dei principi di carattere generale stabiliti dalla legge.
Prima di concludere vorrei ricordare che nelle precedenti relazioni avevo sottolineato l’opportunità che venissero attuati all’interno dell’attività amministrativa del Comune dei meccanismi d’autocontrollo che consentano il ricorso, anche d’ufficio, all’esercizio del potere d’autotutela per correggere gli effetti di eventuali errori commessi a danno dei cittadini.
Avevo detto che il potere di autotutela costituiva un istituto di carattere generale del nostro ordinamento giuridico, per cui era attivabile anche senza una precisa disposizione di legge che lo prevedesse in modo specifico.
La recente legge n. 15/2005, come prima ho ricordato, ha disciplinato l’istituto dell’annullamento d’ufficio, della revoca e della convalida del provvedimento amministrativo, che sono espressione dell’autotutela della P.A.
Non dovrebbero quindi più sussistere delle perplessità ad utilizzare l’istituto dell’autotutela per correggere eventuali errori a danno dei cittadini, senza costringerli a costosi e defatiganti procedimenti contenziosi per il riconoscimento dei propri diritti ed interessi legittimi.
Così operando si può fare un passo decisivo nel percorso di avvicinamento dell’Amministrazione Pubblica ai cittadini, che potranno acquisire la consapevolezza che la Pubblica Amministrazione non è una loro controparte, ma una struttura posta a loro servizio per garantire una pacifica ed ordinata convivenza della comunità e per promuovere il suo progresso.
Esprimo un sentito ringraziamento al Consiglio Comunale e al suo Presidente, al Sig. Sindaco, ai Sigg.ri Assessori, al Direttore Generale, al Segretario Generale, al Vice Segretario Generale, ai Dirigenti ed al personale tutto dell’apparato comunale, per la proficua disponibilità riscontrata nello svolgimento del mio lavoro.
Un particolare ringraziamento alla segretaria dell’ufficio del Difensore Civico per la diligenza e la professionalità con cui ha svolto il suo compito.
Novara, 09 marzo 2006
Dr. Erminio Freno
pensionato si evince la necessità dell’esistenza del difensore civico nel comune – anche e soprattutto dell’hinterland – dove la moderazione e la semplicità degli abitanti rende difficile individuare carenze, ritardi, ecc. dell’amministrazione civica