Comune deve risarcire danni a chi cade per una buca del marciapiede coperta d’acqua
Con la sentenza n. 11430 la corte di Cassazione ha stabilito che risulta “contraddittoria” la sentenza di merito in tema di responsabilità da cose in custodia laddove il giudice, dopo avere premesso che la presenza di una buca sul fondo stradale cittadino giustifica l’addebito di responsabilità al Comune per difetto di manutenzione e manifesta la sussistenza del nesso causale fra la situazione della strada e l’infortunio occorso al pedone, ha poi qualificato come caso fortuito la circostanza che la buca fosse ricoperta dall’acqua e non visibile dall’infortunata, sul rilievo che si trattava di evento estemporaneo, nei confronti del quale il Comune non ha avuto la possibilità di intervenire tempestivamente. Nel caso di specie, una turista aveva richiesto il risarcimento danni nei confronti del comune di Cervia in quanto, a causa di una buca piena d’acqua nella pavimentazione del marciapiede, era caduta riportando lesioni. I giudici di merito però, dopo aver in generale stabilito che una buca sul fondo stradale può giustificare la responsabilità del comune per mancata manutenzione, avevano poi escluso la responsabilità del comune, nel caso di specie, in quanto, il fatto che la buca fosse piena d’acqua a causa della pioggia costituiva un elemento “estemporaneo” contro cui il comune non si sarebbe potuto attivare in tempo in quanto “non controllabile” La Corte, definendo la sentenza illogica e contraddittoria, ha quindi accolto il ricorso della malcapitata turista spiegando che erroneamente “la sentenza impugnata ha cioè considerato come causa idonea ad esimere l’ente pubblico da responsabilità una circostanza di fatto che ha invece aggravato gli effetti del vizio di manutenzione, che senza quel vizio non avrebbe causato il danno e che avrebbe potuto valere ad escludere non la responsabilità del Comune, bensì un eventuale concorso di colpa dell’infortunata, per non avere visto tempestivamente la buca”. In sostanza, secondo la Cassazione, la Corte di Appello “ha confuso un evento (normale e largamente prevedibile) che ha contribuito a causare il danno (la pioggia che, nascondendo le apserità del suolo, le ha rese ancora più insidiose) con una causa di interruzione del nesso causale, quasi che si trattasse di evento esterno e non controllabile, di per sé solo sufficiente a produrre il danno”.