Comune di Napoli, una nave che va a fondo
Un anno
fa, di questo periodo, era il tempo delle speranze per la città di Napoli
che si leccava le ferite di un 2008 horribilis. Era accaduto di tutto: era
scoppiata una tragica emergenza rifiuti toccando il suo apice e fornendo
al mondo intero le immagini della città sommersa dai sacchetti in fiamme.
Al Comune era scoppiato lo scandalo dell’inchiesta Global Service,
l’operazione “Magnanapoli”, con l’immobiliarista Alfredo Romeo principale
imputato nell’affidamento della manutenzione stradale, che aveva travolto
la Giunta comunale con dimissioni, arresti e persino un suicidio, quello
dell’Assessore Giorgio Nugnes travolto emotivamente dagli scandali.
Insieme a lui furono coinvolti Enrico Cardillo, Assessore alle Risorse st!
rategiche, al bilancio per intenderci, e altri due colleghi. Q! uanto ba
stava perché la Giunta si sciogliesse e invece il Sindaco Iervolino,
interrogata dai P.M., non seppe far meglio che dichiararsi all’oscuro
delle azioni commesse dai suoi collaboratori, valutare il suicidio di
Nugnes come un atto di dignità e definire alcuni dei suoi assessori degli
“sfrantummati”. Ne seguì uno dei tanti rimpasti di Rosetta e furono
reclutati i “professori” per dare nuovo impulso all’attività di Palazzo
San Giacomo. In tutto questo c’era stato anche il tempo di assistere allo
schiaffo che il Comandante della Polizia Municipale Generale Sementa aveva
sferrato ad un giornalista di Epolis.
Il 2009 difficilmente sarebbe
stato peggiore dell’anno precedente, ma cominciò sotto il peggiore degli
auspici con una morte assurda durante i festeggiamenti del Capodanno,
quando Nicola Sarpa di 25 anni, affacciato al balcone di casa ai quartieri
spagnoli per chiamare il fratello, fu colpito in pieno da un colpo di
pistola sparato dalla strada da Manuela Terracciano de! tta ‘o masculone,
figlia di un boss della zona. La criminalità organizzata non avrebbe poi
mancato di macchiare di sangue l’immagine della città; a Maggio Petru
Birlandeandu, musicista di strada rumeno, resterà ucciso sotto gli occhi
della moglie nella stazione della Cumana di Montesanto durante un raid di
camorra. Le immagini indigneranno la nazione almeno quanto quelle rese
pubbliche a Novembre relative all’omicidio avvenuto sempre a Maggio di
Mariano Bacio Terracino, finito da un killer davanti ad un bar della
Sanità.
La microcriminalità invece aveva lasciato il segno ad
Aprile quando in una villa di Posillipo tre rumeni avevano massacrato a
colpi di spranga Franco Ambrosio, l’ex “re del grano”, e la moglie.
Nel
2009 la Giunta Comunale si è come accartocciata su se stessa, implosa
senza far rumore. Anche la mano dei “professori” si è rivelata meno forte
del previsto e il successore di Cardillo, l’economista Riccardo Realfonzo,
ha sbattuto la porta lo scorso N! ovembre dopo aver accusato la Giunta,
Sindaco compreso, di non! averlo supportato nelle strategie di
cambiamento. Ad oggi la macchina comunale è completamente decotta, ferma e
immobile. La città vegeta in uno stato comatoso profondo, d’inerzia che è
persino più dannosa degli scandali. Il Sindaco non parla più, non prende
più posizione su alcun argomento, e persino il pur apprezzabile Comandante
Sementa, voluto proprio dal Sindaco, dopo le polemiche ha dovuto smorzare
i toni autoritari con i quali si era presentato alla città. I rimpasti
della giunta si susseguono qua e là nel vano tentativo di restare in piedi
ma ormai le gambe non reggono più. La città è in posizione orizzontale,
supina.
Parlare di Comune è come parlare di Regione, una commistione di
responsabilità che s’intrecciano in una fitta trama e che confluiscono
nella grande area metropolitana del capoluogo.
La crisi dei rifiuti
è soltanto arginata e non debellata, ma solo divenuta silenziosa. Eppure
il Comune, alla luce dei tagli del Governo alle amministrazioni comunali,
! si è sentito autorizzato ad aumentare la T.A.R.S.U. nonostante la città
resti cronicamente sporca e la raccolta differenziata non decolli restando
ancorata ad una vergognosa percentuale vicina al 13 per cento. L’emergenza
rifiuti non ha evidentemente insegnato molto ad un’amministrazione che non
ha fatto nulla nell’ultimo decennio per scongiurarla.
Silenziosa è
anche l’emergenza sottosuolo sul quale sprofonda la città superiore.
Silenzio che però diventa frastuono quando l’emergenza esplode come nella
voragine di San Carlo alle Mortelle dovuta al dissesto idrogeologico e che
non evita di subire l’influenza dell’abusivismo edilizio dei decenni
passati. Voce che ha in Pianura la realtà più critica con i suoi circa 120
mila abitanti effettivi a fronte dei circa 60 mila dichiarati dal Comune
di Napoli.
Silenziosa anche l’emergenza mare, con un commissariato
speciale regionale che da anni avrebbe il compito di bonificare il
litorale senza però approssimarsi minimam! ente all’obiettivo. Circa 50
milioni di euro investiti col ris! ultato c he tre quarti di liquami della
regione finiscono in mare senza depurazione. “Il mare non bagna Napoli”
non è solo una raccolta di novelle della scrittrice Anna Maria Ortese ma
anche la realtà alla quale sono inchiodati i napoletani ai quali, durante
la stagione estiva, è preclusa la fruizione di una delle principali
risorse del territorio. Da San Giovanni a Mergellina, il mare di Napoli è
una concentrazione di colibatteri fecali fuori controllo con conseguente
forte rischio salmonella, epatite e tifo. I depuratori sono pochi e
obsoleti, e per di più neanche a pieno regime; va da se che in inverno,
proprio quando bisognerebbe attuare le misure e gli interventi
propedeutici per il recupero del litorale, tutto tace salvo poi scoprire
che d’estate l’ARPAC ti invita a macinare chilometri e file per arrivare
ad un mare che si possa definire tale. Qualcuno al Comune di Napoli
minimizza ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità classifica il Golfo di
Napoli, uno dei più belli al mon! do, al secondo posto per rischio di
tossinfezione, solo dopo le acque di Bangkok. Forse un po’ troppo severo
come dato anche perché si tratterebbe di dati raccolti nell’epoca post
colera, ma in ogni caso il problema esiste ed è serio.
Il
territorio cittadino è la cartina tornasole delle incapacità della classe
politica napoletana alla quale si aggiungono le omissioni del governo
centrale. Un territorio che raggruppa tre nuclei fondamentali: il centro,
Napoli Est e Napoli Ovest: tre aree urbane che danno l’esatta dimensione
di un immobilismo sostanziale.
La zona occidentale ha il suo emblema
nel bellissimo comprensorio Bagnoli-Coroglio dove al posto della più
grande acciaieria del Sud Italia si ipotizzano da troppi anni palazzi
congressuali, alberghi, parchi, studios cinematografici, acquari, porti
turistici e spiagge attrezzate. Se ne occupa la società
Bagnolifutura SpA del Comune che ogni tanto perde pezzi del progetto
originale. Depennato il porto turistico p! er ordine della Soprintendenza,
ma anche tutti il resto resta ! ancora u na chimera. Per ora Bagnoli è
solo un’occasione sprecata, la più grande per lo sviluppo turistico della
città.
La zona orientale è un altro potenziale polo di sviluppo che
sorge alle spalle del Centro Direzionale, tra l’ex manifattura tabacchi e
i depositi del greggio. Si tratta della zona in cui sulle carte è da anni
previsto un nuovo grande quartiere con edilizia residenziale, spazi verdi,
campus universitari, centri di ricerca, strutture per la musica, lo sport
e la cultura. Il tutto accanto agli snodi autostradali, portuali e
aeroportuali. Pensato nel 2001, per il momento della nuova Napoli est ci
sono solo i progetti su carta.
Tra Napoli Ovest e Napoli Est c’è il
centro storico, non uno qualsiasi. È il più vasto d’Europa, con la più
alta concentrazione di monumenti e opere d’arte. È un nucleo urbano che
conserva l’antico tracciato viario greco e che per tutti questi motivi è
dal 1995 patrimonio mondiale protetto dall’Unesco. Per questo necessita
del Piano ! di Gestione, ovvero un insieme di interventi programmatici
atti alla sua conservazione e valorizzazione. L’Unesco lo chiede a Palazzo
San Giacomo da quindici anni senza ottenerlo; il Comune si rende da sempre
responsabile di un reato di omissione nascondendosi in un irritante
silenzio. Qualche volta per la verità ha parlato, ma si è sempre trattato
di bugie, come quando il Sindaco Iervolino annunciò che il Piano di
Gestione era stato approvato per poi incassare l’umiliante smentita dal
Capo delegazione delle Nazioni Unite durante la visita a Napoli del
Dicembre 2008. È chiaro da quando gli ispettori Unesco hanno messo piede
in città per verificare le condizioni di degrado del cuore di Napoli che
il Piano di Gestione non sia una priorità del Comune che rischia per
questo di perdere i contributi previsti dalla legge 77/2006 pari a circa
220 milioni di euro, o addirittura l’estromissione del centro storico di
Napoli dalla lista dei patrimoni dell’umanità.
A tutto ciò si a!
ggiunge l’area Nord, l’agglomerato delle periferie degradate c! he ha in
Scampia il suo emblema, un quartiere dormitorio dove neanche il paventato
abbattimento delle bruttissime “vele” si è mai compiuto. Periferie che in
qualche modo sono un’estensione della città stessa in cui circa
settecentomila napoletani su un milione vivono in quartieri degradati,
abbandonati, privi di servizi sociali e contaminati dalla criminalità
organizzata, piazze di spaccio di droghe strutturate sull’evasione
scolastica che alimenta l’illegalità e il lavoro minorile sui quali
controllo e repressione sono inesistenti.
La macchina comunale
assomiglia sempre più ad un vecchio elefante bloccato da artrosi, e per
sopravvivere e alimentarsi spreca troppe risorse. Basterebbe citare i
circa 13 mila dipendenti a libro paga e i 16 elementi che formano la
Giunta quando Roma ne conta 12.
Probabilmente è questo il punto
nodale dal quale si dipanano gli affanni della città. La metafora del
pachiderma si concretizza nelle statistiche nazionali che indicano Napoli
tra l! e città con più sostanziosi trasferimenti statali e regionali in
Italia mentre il suo Comune indirizza una delle maggiori percentuali di
risorse al proprio funzionamento, oltre il 35 per cento. Questo vuol dire
che la nostra Amministrazione Comunale gode più di altre di stanziamenti
di denaro ma ne spreca almeno un terzo per alimentare la statuaria
macchina comunale, ossia se stessa. Ne consegue che ne risentono i servizi
sociali, la cultura, il turismo e l’istruzione, settori fondamentali che,
guarda caso, vedono Napoli in fondo alle classifiche per investimenti, ma
anche l’impiantistica sportiva che è davvero disastrosa: Napoli è l’unica
metropoli europea priva di un palazzetto dello sport di livello
internazionale. Il “Mario Argento” è stato abbandonato e ridotto ad un
rudere post-bellico durante i lavori di rifacimento, il “San Paolo” è uno
stadio fatiscente e mangiasoldi che succhia risorse al “Collana” e a tutti
gli altri impianti della città inagibili e ai limiti del! la
praticabilità. Sono dati impietosi ai quali si somma la cla! ssifica della
qualità della vita de “Il Sole 24 Ore” che attribuisce alla provincia di
Napoli il penultimo posto. Quando fu eletta Sindaco per la prima volta,
alla Iervolino fu affidato il compito morale di riorganizzare la macchina
comunale, ridurre l’evasione delle tasse e assicurare i flussi di denaro
in entrata.
Nulla di tutto questo è successo e la giunta, tra una
seduta e l’altra dedicata all’approvazione del bilancio, non riesce
neanche a trovare i soldi per la manutenzione delle strade sempre più
rotte e indecorose, quelle stesse strade che sono la pietra dello scandalo
“Magnanapoli”. Le cifre del deficit le ha snocciolate la Corte dei Conti:
più di 50 milioni di passivo ai quali se ne sommano altri 60 fuori
bilancio.
Rieletta con secondo mandato, il Sindaco ebbe a dire che il
Comune doveva essere l’esempio del rispetto delle regole ma le inchieste
giudiziarie hanno detto il contrario mentre la città continua a sguazzare
nella più diffusa illegalità. Del resto l! e inchieste della magistratura
investono spesso il palazzo di città, alcune rumorose, altre più
silenziose; come quella innescata dalla Guardia di Finanza sull’uso
disinvolto dei cellulari che ha fatto ingrossare la spesa del Comune per
la telefonia mobile a 600 mila euro, escluse spese per telefonia fissa.
Qualcuno raggiunse il record di 7.500 euro in 48 ore e nessuno scendeva
sotto gli 800 euro a bimestre, tranne uno: il Sindaco Iervolino che si
attestava sui 150 euro. Anche su internet viaggiava l’immoralità e il
Comune fu costretto a porre un freno alla libera navigazione limitando ad
un’ora al giorno la consultazione di siti web che non appartengono alla
pubblica amministrazione: a Palazzo San Giacomo si visitavano siti porno e
di scommesse.
La città è un immenso cantiere e tutto si riverbera
sul quotidiano in termini di viabilità, inquinamento acustico e
vivibilità. I lavori della metropolitana, forse gli unici in progress
sistematico, avanzano tra mille diffic! oltà giustificate dai reperti
archeologici che ad ogni scavo v! engono a lla luce. Ma ci sono anche i
progetti incompiuti, come per esempio Palazzo Fuga, il borbonico Real
Albergo dei Poveri, il più grande edificio urbano d’Europa al quale non si
riesce a dare sicurezza, decoro e destinazione nonostante i costosissimi
lavori perenni.
Nell’era Iervolino un risultato si è raggiunto ed è
quello della riorganizzazione dei consigli di quartiere; le cosiddette
istituzioni di municipalità allargate ne hanno consentito il dimezzamento
ma se questo poteva apparire un vantaggio in realtà ha fatto si che si
venissero a creare delle macro-aree urbane più grandi anche di tantissime
altre città italiane per densità di popolazione, i cui presidenti si sono
scoperti costretti ad affrontare, senza alcun potere effettivo,
problematiche amplificate.
In tema di sprechi la Giunta Iervolino
può vantare l’acquisto del Palazzo di Via Verdi come sede del Consiglio
Comunale, a due passi da Palazzo San Giacomo, per sostituire la Sala dei
Baroni in Castel Nuovo.! Acquisto controverso e combattuto in diverse
sedute accese dello stesso Consiglio, e alla fine portato a conclusione
per circa 30 milioni di euro più altri nove per la ristrutturazione. Un
anno dopo l’acquisto a spese dei contribuenti, si scoprì che il settimo
piano del Palazzo di Via Verdi non era fruibile ai disabili perché la
costosa ristrutturazione aveva ridotto gli spazi invece di
razionalizzarli. E il Consiglio Comunale ritornò alla Sala dei
Baroni.
La Iervolino, in qualche modo costola di Bassolino, non è
la sola responsabile di uno sfascio cittadino che parte da molto più
indietro e ha le sue ramificazioni anche Santa Lucia, trovando radici
nella storia dell’intero Paese. Un Sindaco che si è dimostrato inadeguato,
perseverante nel fallimento e mai degno della carica che ricopre.
Nell’inchiesta sul Global Service ha sempre preso una posizione di
estraneità dei fatti ma la sua colpevolezza sta nel fatto di aver scelto
personalmente quegli assessori da lei def! initi “sfrantummati”.
Nella
relazione programmatica alla ! rielezio ne del 2006, Rosa Russo Iervolino
aveva dettato le priorità: Bagnoli, Napoli Est, l’uscita del dissesto
finanziario del Comune, il Piano di Gestione Unesco, un piano per portare
la raccolta differenziata al 40-60 per cento, la valorizzazione delle
periferie. Nulla di quanto prospettato che si possa dire neppure lontano
dalla realizzazione. Gli scandali e i continui rimpasti sono le uniche
attività che hanno scandito la vita delle diverse Giunte
Iervolino.
La città è senza guida e, per questo, alla deriva; è una
percezione sin troppo corposa perché vi sia qualcuno che non se ne sia
accorto. Basta camminare per strada e vedere in condizioni sia la città a
cominciare dalle strade storiche e panoramiche, private di un benché
minimo decoro. Via Toledo è deturpata da una pavimentazione sbagliata, da
dei lastroni di pietra lavica saltati dappertutto e sostituiti da colate
di cemento per evitare che cada più gente di quella che ruzzola a terra
ogni giorno in un percorso coste! llato da bruttissime fioriere rovesciate
senza un fiore e da abusi di ogni genere; un suk tappezzato di lenzuoli
bianchi su cui poggia merce di ogni genere, pronta ad essere infagottata e
portata via dai cosiddetti “uomini sacco” durante gli inutili controlli.
Uno spettacolare “guardia e ladri” che ormai ha preso piede dappertutto,
dal lungomare ai decumani, dal Vomero a Posillipo, quartiere in cui le
strade turistiche sono ormai impraticabili persino dai turisti per la
mancata di manutenzione.
Spruzzano in ogni quartiere le bombolette
spray, ormai impunemente sui monumenti del centro, in barba alle leggi che
prevedono persino la galera. Non c’è una piazza, un palazzo storico o una
statua che non sia oggetto di aggressione di ogni tipo. E il Comune di
Napoli dichiara di non avere mezzi e uomini per fronteggiare
quest’emergenza, una dichiarazione di resa che racchiude in se anche
l’incapacità di porre rimedio ai danni che non si riesce ad
evitare.
Napoli è citt! à indiscutibilmente non amministrata, priva
di una guida degna! , e meri terebbe ben altro. Ma anche città da sempre
emarginata da uno Stato italiano unitario che ha creato 150 anni fa
l’emigrazione meridionale e il proliferare del fenomeno malavitoso,
inaugurando l’irrisolta questione meridionale che investe i temi della
disoccupazione e della criminalità organizzata mai fronteggiati con
concrete contromisure; questione meridionale senza volontà di soluzioni
perché il Sud del paese resti tagliato fuori dallo sviluppo al fine di
poter alimentare le ripetitive campagne elettorali di una politica
arrivista e lontana dalle vere esigenze della gente. Una città ricca di
arte, storia e fervore culturale nonostante i luoghi comuni figli dei
misfatti mediatici che rubano spazio alle tante eccellenze locali. Una
città che non è messa in condizione di poter sfruttare le sue esclusive
bellezze paesaggistiche che ne fanno una delle più belle al mondo. Una
città che non riesce a trovare una guida capace di restituirle normalità e
trasferire al Governo central! e di Roma la necessità e i vantaggi per
l’intera nazione di ricollocarla tra le grandi capitali del Mediterraneo,
area nella quale Napoli ha una posizione strategica da sempre, e ancor di
più dal 1869, anno in cui furono aperti i traffici nel Canale di Suez.
Motivo questo per il quale anche dall’estero ci si accanì con Napoli e
l’Inghilterra egemone decise a tavolino la cancellazione dalla cartina
geografica del ricco, prospero e denigrato Regno delle Due Sicilie
supportando con uomini, armi e denari la falsa impresa garibaldina e
delegandone l’attuazione politico-militare al Piemonte. Quello stesso
Piemonte che per le celebrazioni dei 150 anni di Unità d’Italia del 2011
gode di cospicui finanziamenti mentre Napoli, unica vera Capitale e città
europea dell’epoca, invasa, annessa e tributaria di sangue, ricchezze e
risorse umane, deve defilarsi nell’ombra.
Napoli è una risorsa
enorme sprecata, la più grande per una nazione autolesionista che invece
di sfruttarne le po! tenzialità le mortifica da sempre. Un popolo spremuto
dall’opu! lenza de l nord che ne trae beneficio in forza lavoro,
formazione universitaria e profitto economico per banche e società
assicurative. Persino la tangenziale, l’unica a pagamento, di proprietà
riconducibile ad un noto industriale del nord, spreme le tasche dei
napoletani con un aumento ingiustificato del 23% in tre anni. Per non
parlare dell’Erario italiano che da Napoli attinge dai più alti costi
d’Italia di carburanti e tasse automobilistiche.
Città dunque
abbandonata dalla politica ma che non merita di essere abbandonata anche
dai suoi figli più innamorati che devono invece trovare il proprio spazio
e non piombare nella disperazione indotta dalla politica nazionale e
locale. Perché, nonostante tutto, non c’è niente di più gratificante che
essere consapevoli della napoletanità e se poeti e scrittori
sette-ottocenteschi di tutto il mondo hanno scritto meraviglie di Napoli
vuol dire che la città colpiva al cuore, cosa di cui ancora è capace, e
uno spartiacque tra l’epoca lumino! sa e l’epoca del buio ha dato il via
ad un declino che arriva a noi. Quello spartiacque si chiama
“risorgimento”, che per Napoli equivale a dire inizio del
declino.