Concorrenza illecita su Facebook: i primi conflitti di carattere commerciale
L’ordinanza 7 luglio 2011 del Tribunale di Torino si distingue per l’attualità dell’argomento trattato e probabilmente potrebbe rappresentare l’inizio di un filone giurisprudenziale che deve fare i conti con il mondo del web 2.0.
In base a tale provvedimento giurisprudenziale, difatti, un Gruppo costituito su Facebook può tranquillamente configurarsi come segno distintivo atipico, con funzione di identificazione e distinzione dell’imprenditore, utilizzabile con finalità pubblicitarie e promozionali. Di conseguenza qualora chi non ne abbia il diritto utilizzi la denominazione e quindi il “marchio” del gruppo come emblema e segno di riconoscimento può essere considerato responsabile di manifestazione di concorrenza confusoria ex art. 2598, n.1, c.c. e contraffazione del marchio ai sensi dell’art. 20 C.p.i.
Questa ordinanza rappresenta l’ennesimo esempio di come la Rete abbia cambiato la nostra vita entrando prepotentemente non solo nelle nostre case, ma nell’intero tessuto sociale ed economico del nostro paese. Ormai Internet di virtuale ha ben poco e di questo ne sono consapevoli anche gli organi giudiziari, che sempre più spesso decidono adeguandosi ai nuovi tempi digitali.
Indubbiamente questo cambiamento epocale è stato favorito dagli strumenti del web 2.0 che rappresentano un’evoluzione della rete e dei siti internet, caratterizzati da una maggiore interattività che pone l’utente al centro della rete. Internet non può più essere concepita una semplice “rete di reti”, né un agglomerato di siti Web isolati e indipendenti tra loro, bensì la “summa” delle capacità tecnologiche raggiunte dall’uomo nell’ambito della diffusione dell’informazione e della condivisione del sapere.
L’individuo ormai attraverso i social network ed in particolare Facebook realizza non solo la propria personalità ma svolge attività di indubbia rilevanza sociale ed economica. Molte ormai sono le società ed enti presenti su Facebook con l’obiettivo principale di pubblicizzare la propria attività e promuovere determinate iniziative. Le stesse caratteristiche del social network aiutano molto la realizzazione di questo obiettivo, poiché attraverso il sistema delle amicizie o lo stesso funzionamento dei Gruppi si è in grado di poter contare su un numero rilevante di individui già profilati che di sicuro sono interessati alle iniziative di quella determinata società. Un ottimo sistema, quindi, per svolgere attività di marketing a costi praticamente nulli.
Lo stesso organo giudicante, nel caso di specie, non può fare a meno di rilevare queste caratteristiche dei social network e contesta decisamente quanto sostenuto dal convenuto (che ha creato un Gruppo del tutto similare a quello del ricorrente) che cerca di circoscrivere l’ambito delle attività intessute con il Gruppo ad un ambito meramente sociale, senza rilevanza economica. Sostiene, difatti, giustamente il Tribunale di Torino che quando il soggetto che avvia i contatti e calamita le “amicizie virtuali” è dichiaratamente un imprenditore, tutto il tenore dei rapporti muta e si intride di rilevanza economica e di potenzialità commerciale.
Di conseguenza il Gruppo Facebook, che pure si connota con l’uso della denominazione e dei marchi della ricorrente rappresenta un caso di segno distintivo atipico, suscettibile di tutela contro l’interferenza confusoria, quantomeno ai sensi dell’art. 2598, n.1, c.c., che come è noto, protegge, in generale, anche i “segni legittimamente usati da altri” quale fattispecie espressamente considerata di atto idoneo a creare confusione con i prodotti e l’attività del concorrente.