Condannati tre dirigenti di Google per il video con disabile picchiato
MILANO
Il Tribunale di Milano ha condannato tre tra ex ed attuali manager di
Google il più famoso motore di ricerca al mondo, nell’ambito del
procedimenti avviato nel capoluogo lombardo dopo la diffusione in rete,
nel 2006, di un video in cui un giovane disabile di Torino veniva
vessato dai compagni di scuola.
In particolare il giudice Oscar Magi, ha
condannato gli imputati per violazione della legge sulla privacy a sei
mesi di reclusione con pena sospesa e li ha invece assolti dal reato di
diffamazione. Coinvolti sono David Carl Drummond, ex presidente del cda di Google Italia, George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italia e Peter Fleitcher, responsabile delle strategie del gruppo.
Assolto, invece, perchè accusato solo di diffamazione, Arvind Desikan,
responsabile del progetto Google video per l’Europa. Nei loro confronti
l’accusa aveva chiesto pene comprese tra 6 mesi e un anno di reclusione.
LE REAZIONI
«Sentenza sorprendente che mette in discussione principi fondamentali
di libertà dal momento che i nostri dipendenti sono stati condannati
dal giudice per atti commessi da terzi» è la presa di posizione del
motore di ricerca Google sulla sentenza del Tribunale di Milano.
«Con una sentenza esemplare il
tribunale di Milano ha condannato alcuni dirigenti di Google in merito
alla vicenda del ragazzo disabile insultato e picchiato dai compagni di
scuola, il cui video è circolato a lungo sul famoso motore di ricerca».
Lo dice il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri.
«La dignità della persona
oltre che ovviamente la sua privacy -sottolinea- è stata calpestata
evidentemente per incuria. Perchè Google non ha, infatti, vigilato e
collaborato per rimuovere in modo tempestivo contenuti violenti? Ci
auguriamo che, anche alla luce di
questa sentenza, si ponga definitivamente il problema e si trovino
tutte le soluzioni normative affinchè non si sottovaluti più -avverte
Gasparri- l’importanza della vigilanza sui contenuti immessi in rete,
oltre che sulla loro immediata rimozione».
responsabile dei rapporti istituzionali di Google Italia, secondo cui
la sentenza di condanna a sei mesi di reclusione per tre dirigenti del
motore di ricerca, rappresenta un «attacco ai principi fondamentali di
libertà sui quali è stato costruito Internet».
«Siamo profondamente turbati. Dalla decisione del giudice di Milano –
afferma Pancini – i nostri colleghi non hanno niente a che fare con il
video in questione. Non sono nel video, non lo hanno girato, non lo
hanno caricato, nè visionato. Riteniamo che nel processo i nostri
colleghi hanno dato priva di grande coraggio e dignità. Il semplice
fatto che siano stati processati è eccessivo».
«C’è un’altra ragione – aggiunge – per la quale siamo profondamente
turbati da questa decisione: ci troviamo di fronte a un attacco ai
principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito Internet.
La normativa vigente è stata definita appositamente per mettere gli
Internet service provider al riparo dal danno di responsabilità, a
condizione che rimuovano i contenuti illeciti non appena informati
della loro esistenza. Se questi principi vengono meno, e se siti come i
blog, Facebook, Youtube vengono ritenuti responsabili del controllo di
ogni video, significherebbe la fine di Internet come oggi lo
conosciamo, con tutte le conseguenze politiche e tecnologiche. Si
tratta di principi per noi importanti, perciò continueremo a seguire i
nostri colleghi in appello».
«Non è passato il principio sostenuto dai Pm, ovvero quello
dell’obbligo di una censura preventiva sui contenuti pubblicati in
rete» hanno affermato gli avvocati Giuliano Pisapia e Giuseppe Vaciago, legali dei tre dirigenti di Google condannati e del quarto assolto.
Nonostante la condanna di tre imputati, secondo i legali il fatto che
il giudice ha assolto tutti gli imputati dall’accusa di diffamazione,
condannando solo per violazione della privacy, dimostra che «non è
passato il principio dei Pm».
Se alla violazione della privacy il giudice avesse legato la
diffamazione, infatti, secondo i legali, avrebbe sancito «l’ obbligo di
censura preventiva da parte degli hosting provider su internet». I
legali hanno dunque giudicato «in maniera molto positiva l’ assoluzione
per il reato di diffamazione».
Per quanto riguarda invece la condanna relativa al capo di imputazione
di violazione della privacy, Pisapia e Vaciago hanno spiegato che
«bisognerà leggere le motivazioni, anche se la decisione che
impugneremo desta forti perplessità poichè contrasta con le direttive
europee, con la dottrina più autorevole e con la giurisprudenza di
legittimità in Italia e all’estero».