Condizionatore rumoroso? Al condomino che chiede il danno morale conviene allegare le emissioni pericolose
Al momento resta solo il rumore di fondo. Torna in
appello la causa per il condizionatore d’aria “fracassone”: l’impianto
produce inquinamento acustico, ma il giudice del merito ha riconosciuto
il danno morale ai condomini perseguitati dal ronzio, ritenendo
sussistente la contravvenzione in base all’articolo 674 del codice
penale senza che fosse stata dedotta l’illiceità penale delle
immissioni sonore. Deluso il danneggiato che non si è tutelato a
sufficienza. È quanto emerge dalla sentenza 23807/09 della Cassazione.
Se al proprietario di casa stava a cuore il
ristoro, doveva allegare che la condotta dell’installatore integrasse
il reato di “Getto pericoloso di cose”: questa la lezione che si trae
dalla pronuncia della Suprema corte, che boccia la sentenza impugnata
per vizio di ultrapetizione. Il giudice d’appello esclude il danno alla
salute mentre decide un risarcimento di 4.000 euro a titolo di danno
morale (e ordina la rimozione dell’impianto): le emissioni sonore del
condizionatore risultano superiori alla soglia del tollerabile in base
alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio. Ma i danneggiati non
avevano chiesto di accertare se la condotta dell’installatore
integrasse la fattispecie ex articolo 674 Cp: il giudice ha fatto di
testa propria ponendo alla base della sua decisione un comportamento
non dedotto dai condomini. E’ stata corretta, invece, la scelta di
qualificare l’intervento dei condomini come principale e non adesivo
dipendente: i singoli proprietari, lamentando un danno alla persona,
avevano proposto una domanda autonoma a tutela della loro condizione
soggettiva senza limitarsi ad appoggiare le domande del condominio.