Condominio, deliberazione, rideliberazione, materia del contendere Cassazione civile , sez. II, sentenza 10.02.2010 n° 2999
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 1 aprile 2009 – 10 febbraio 2010, n. 2999
(Presidente Triola – Relatore San Giorgio)
Svolgimento del processo
1
– Con citazione notificata il 17 giugno 1999, M. B. e A. C. P. B.,
condomini del fabbricato sito in Napoli, alla via X. n. 35, convennero
in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli lo stesso condominio in
persona dell’amministratore pro tempore, esponendo che l’assemblea
condominiale, con delibera in data 18 maggio 1999, adottata a
maggioranza e con il voto contrario dei B. e di G. N., aveva statuito
di installare una sbarra elettronica all’interno del palazzo, subito
dopo la scala di ingresso ai piani, consentendo così un ampio spazio
per il passaggio pedonale e un’area compresa tra la sbarra e l’androne
per la fermata momentanea di tutti i condomini con le proprie
autovetture, e di regolamentare l’uso della sbarra attraverso la
consegna ai conduttori della chiave per lo sblocco della stessa al fine
di accedere ai boxes, lasciando così il cortile libero dalla sosta
delle autovetture. Dedussero la illegittimità della delibera per il
fatto che essa consentiva l’uso del cortile ai soli utilizzatori dei
boxes, impedendo agli altri l’uso del bene comune per operazioni di
carico e scarico di mobili o mezzi di soccorso, ed inoltre per il fatto
che la sbarra sarebbe stata posta dinanzi ai terranei di loro proprietà
esclusiva, rendendone più disagevole l’accesso. Aggiunsero che il
fabbricato era sottoposto a vincolo della Soprintendenza ai Beni
ambientali e Architettonici, per cui ogni opera e modifica era
subordinata alla preventiva autorizzazione del predetto ufficio, nella
specie mancante. Chiesero, pertanto, i B. la declaratoria di nullità
della delibera impugnata.
Ritenuta l’ammissibilità
dell’intervento volontario nel giudizio dei condomini S. C. ed A. L.,
il Tribunale adito, con sentenza in data 13 aprile 2001, accolse la
domanda.
Con citazione notificata il 3 febbraio 2000, M. B. e G.
N. convennero in giudizio il medesimo condominio, esponendo che, con
delibera del 13 gennaio 2000, l’assemblea dei condomini, preso atto che
la sbarra non poteva essere installata all’ingresso del cortile, con
conseguente dichiarazione di abbandono del giudizio di opposizione alla
prima delibera, aveva statuito di consentire il passaggio attraverso il
portone carrabile alle sole autovetture dei proprietari e dei
conduttori dei garages situati nel cortile, riservando agli altri il
passaggio attraverso il cancello pedonale e consentendo ai condomini
che non usufruivano del passo carrabile di sostare brevemente nel
cortile per operazioni di carico e scarico, rivolgendosi ad uno dei
possessori del telecomando del cancello carraio. A tal fine
l’amministratore era stato autorizzato a sostituire il meccanismo
elettronico di governo del cancello consegnando il relativo telecomando
agli aventi diritto. Tale delibera era nulla, secondo gli opponenti, in
quanto l’ordine del giorno dell’assemblea nel corso della quale essa
era stata adottata aveva ad oggetto solo la “verifica” della
installazione della sbarra tra l’androne ed il cortile, ed inoltre
perché la statuizione privava i proprietari dei vani terranei dell’uso
dell’androne e del cortile.
Con sentenza in data 3 aprile 2001, l’adito Tribunale accolse la domanda, annullando la delibera impugnata.
Dette due sentenze vennero gravate di appello e i relativi giudizi riuniti.
2
– Con sentenza depositata il 18 maggio 2004, la Corte d’appello di
Napoli respinse i gravami. Con riguardo alla sentenza del 13 aprile
2001, il giudice di secondo grado rigettò la prima censura, con la
quale si deduceva la nullità della notificazione della citazione al
condominio, per essere indicato nella richiesta e nella relata di
notifica un destinatario persona fisica senza alcuna precisazione della
relativa qualità. Osservò al riguardo la Corte che dal contesto
complessivo dell’atto introduttivo risultava che l’amministratore era
stato citato in detta qualità e non in proprio.
Con riguardo
alla seconda censura, relativa alla violazione dell’art. 145 cod. proc.
civ., comma 3, per avere gli attori eseguito direttamente la notifica
nelle forme di cui agli artt. 138 e 139 del codice di rito presso il
domicilio privato dell’amministratore, senza tentare prima di
notificare l’atto presso la sede indicata dall’art. 19 c.p.c., comma 2,
rilevò il secondo giudice che, non essendo il condominio una persona
giuridica, ma un ente di gestione, e non avendo una sede in senso
tecnico, se non abbia designato nell’ambito dell’edificio un luogo
espressamente destinato, e di fatto utilizzato per la organizzazione e
lo svolgimento della gestione condominiale, ha il domicilio coincidente
con quello privato dell’amministratore.
Quanto alla doglianza
relativa alla mancata produzione della delega dell’avv. Regine, in base
alla quale era stata espletata attività processuale nulla, per conto
degli attori, dall’avv. T., dalla udienza del 5 ottobre 2000 a quella
del 12 dicembre 2000, la Corte osservò che, in base ad un consolidato
orientamento giurisprudenziale, nella ipotesi in cui il procuratore
costituito venga sostituito per il compimento di singoli atti, la
mancanza di delega scritta può essere rilevata solo prima del
compimento degli atti stessi, laddove, nella specie, gli appellanti si
erano doluti di tale mancanza solo con l’atto di impugnazione.
Altre
doglianze riguardavano la erroneità della decisione di primo grado
nella parte in cui aveva ritenuto che la delibera impugnata avesse leso
il diritto degli opponenti all’utilizzo del cortile per parcheggio, non
sussistendo alcun diritto di costoro, né di altri, di parcheggiare nel
cortile le proprie vetture, essendo l’intero fabbricato soggetto a
vincolo culturale della Sovrintendenza delle Antichità e Belle Arti,
che aveva vietato anche la sosta, ed avendo, inoltre, la delibera
impugnata interdetto il parcheggio in quanto ritenuto in contrasto con
la destinazione funzionale e culturale del bene comune ex art. 1102
c.c. Errato sarebbe stato altresì il convincimento della nullità della
delibera per avere introdotto una innovazione vietata. Al riguardo, la
Corte territoriale osservò che, in assenza di autorizzazione, la
installazione della sbarra costituiva un illecito penale per essere il
fabbricato de quo sottoposto al vincolo di cui alla L. n. 1089 del
1939, con conseguente nullità della delibera in questione. E poiché gli
appellanti avevano impugnato la pronuncia di nullità sotto il solo
profilo della lesione del diritto di alcuni condomini sulla cosa
comune, senza censurare il profilo, parimenti messo in rilievo nella
sentenza di primo grado, della illiceità dell’oggetto, ne era derivato
il passaggio in giudicato della decisione di nullità sotto tale profilo.
Quanto
alla sentenza del 3 aprile 2001, per ciò che ancora rileva nella
presente sede, era stata dedotta la carenza di interesse degli
opponenti, essendosi nel corso dell’assemblea il loro delegato dott. De
Cicco espresso in senso favorevole alla delibera poi impugnata. Al
riguardo, la Corte rilevò che, come risultava dal verbale relativo
all’assemblea, il De Cicco aveva dichiarato che, dovendo attenersi ai
punti all’ordine del giorno, non poteva votare per la sostituzione del
meccanismo elettronico che governava il cancello. Tale statuizione,
secondo il condominio appellante, non poteva comportare la
illegittimità della delibera per mancata inclusione dell’argomento
all’ordine del giorno, poiché la formulazione di questo non postula la
necessità di una indicazione analitica di ogni possibile aspetto della
materia da trattare, ma deve essere tale da consentire la trattazione
di situazioni consequenziali ed accessorie. In proposito, il giudice di
secondo grado rilevò che la decisione di modificare il congegno
elettronico del cancello non costituiva il risultato della linea
evolutiva della discussione relativa alla verifica della installazione
della sbarra, non essendovi alcun nesso di consequenzialità tra la
prima e il secondo.
La Corte rigettò poi la eccezione di
inammissibilità della impugnazione del N. per carenza di interesse (per
non essere stato leso in un proprio diritto dalla decisione), avendo lo
stesso dedotto un vizio attinente alla formazione della volontà
assembleare.
Infine, quanto alla ritenuta cessazione della
materia del contendere per avere la delibera del 13 gennaio 2000
sostituito quella del 18 maggio 1999, osservò la Corte che tale
principio è applicabile solo se la delibera successiva sia stata a sua
volta adottata in conformità alla legge, ciò che nella specie non era,
essendo, a sua volta, la seconda delibera illegittima.
3 – Per
la cassazione di tale sentenza ricorrono il Condominio di Via X. n. 35
in Napoli nonché i signori A. L. e S. C. sulla base di otto motivi.
Resistono con controricorso M. B. e A. C. P. B..
Motivi della decisione
1 – Con riguardo al gravame nei confronti della sentenza del 13 aprile 2001, sono state sollevate cinque censure.
2
– La prima di esse ha ad oggetto la violazione e falsa applicazione
dell’art. 145 cod. proc. civ., comma 3, artt. 291 e 354 cod. proc.
civ., per la mancata declaratoria, da parte della Corte di merito, di
nullità della notificazione al condominio convenuto dell’atto
introduttivo del giudizio di primo grado per incertezza assoluta del
destinatario. Rilevano, al riguardo, i ricorrenti che nella richiesta e
relata di notifica era indicato non già l’ente condominiale, ma un
destinatario persona fisica senza alcuna espressa indicazione della sua
qualifica e riferibilità al condominio medesimo.
3.1 – Il motivo è infondato.
3.2
– Esso si limita a riprodurre la deduzione di nullità della
notificazione della citazione già proposta nel giudizio di appello e
rigettata dalla Corte partenopea. Il giudice di secondo grado, premesso
che nella richiesta di relata e nella notificazione dell’atto
introduttivo del giudizio era stato effettivamente indicato il solo
nominativo di S. M., senza alcun riferimento alla sua qualità di
amministratore del condominio convenuto, ha osservato che, nella
specie, tale omissione non comportava nullità della notifica, poiché
dal contesto dell’atto risultava che il M. era stato citato non in
proprio, ma, appunto, nella qualità, non contestata, di amministratore
del condominio medesimo. La Corte territoriale ha, in particolare,
richiamato le conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio,
riportandone la formulazione, del seguente tenore: “… citano: il
condominio del fabbricato in Napoli alla via X. n. 35, in persona
dell’amministratore rag. S. M., domiciliato in Marigliano, alla via Y.”.
3.3
– La decisione adottata sul punto dalla Corte di merito muove dal
principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il
quale, ai fini della validità della notificazione di un atto, per
stabilire se vi sia o meno incertezza assoluta sulla persona del
destinatario, non è sufficiente limitarsi a prendere visione della
relata di notifica, occorrendo, invece, che sia esaminato l’intero
contesto dell’atto, a partire dalla sua intestazione, in quanto in
qualsiasi parte dello stesso può trovarsi la indicazione idonea a
colmare le eventuali lacune riscontrate (Cass., sent. n. 6805 del 2001).
Tale
principio deve ritenersi applicabile alla ipotesi – riscontrabile nella
specie – in cui da detta relata non emerga quel legame giuridicamente
significativo tra consegnatario e destinatario dell’atto sul quale
riposa la ragionevole presunzione che l’atto sia giunto a conoscenza
della persona cui era diretto, ed in cui, tuttavia, tale legame sia
comunque desumibile dal contesto dell’atto da notificare (v., in tema
di nullità della notifica per incertezza sulla persona del
consegnatario, Cass., sent. n. 1079 del 2004, n. 351 del 2006).
Quanto,
poi, alla valutazione della sussistenza, nella specie, dell’evidenziato
nesso, si tratta, all’evidenza, di un apprezzamento di spettanza del
giudice di merito, nella specie congruamente e logicamente motivato, e,
pertanto, incensurabile nella presente sede.
4 – Con il secondo
motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 145
cod. proc. civ., comma 3, artt. 138, 139, 291 e 354 cod. proc. civ., e
art. 19 cod. civ., comma 2, per non aver rilevato la Corte territoriale
la nullità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio,
derivante dal mancato previo tentativo di effettuare la notifica presso
l’edificio condominiale, non risultando che tale edificio fosse
sfornito di un luogo espressamente destinato e di fatto utilizzato per
l’organizzazione e la gestione condominiale. Secondo i ricorrenti, già
il giudice di primo grado avrebbe dovuto dichiarare la nullità della
notificazione dell’atto di opposizione, ordinandone la rinnovazione ai
sensi dell’art. 291 cod. proc. civ.; ed, a sua volta, il giudice di
appello avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai sensi
dell’art. 354 cod. proc. civ.
5.1 – La censura è immeritevole di accoglimento.
5.2
– Anch’essa, come la prima, costituisce mera riproposizione di una
doglianza già avanzata nel giudizio di primo grado, e rigettata dalla
Corte territoriale alla stregua del rilievo che la notifica, eseguita
presso il domicilio privato dell’amministratore del condominio, sig.
M., a mani di una dipendente dello stesso, era pienamente valida in
quanto effettuata con le formalità di cui all’art. 139 cod. proc. civ.
Tale decisione appare corretta, alla stregua del consolidato
orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale il
condominio di edifici, che non è una persona giuridica, ma un ente di
gestione e non ha, pertanto, una sede in senso tecnico, ove non abbia
designato nell’ambito dell’edificio un luogo espressamente destinato e
di fatto utilizzato per l’organizzazione e lo svolgimento della
gestione condominiale, ha il domicilio coincidente con quello privato
dell’amministratore che lo rappresenta (v. Cass., sentenze n. 976 del
2000, n. 6906 del 2001, n. 16141 del 2005).
Errano i ricorrenti
– i quali, peraltro, mostrano di non ignorare tale indirizzo
giurisprudenziale – nella individuazione dell’onere probatorio: errano,
cioè, nel ritenere che, ai fini della validità della notifica eseguita
presso il domicilio privato dell’amministratore, avrebbe dovuto essere
fornita la dimostrazione che lo stabile condominiale fosse sfornito di
locali utilizzati per la gestione condominiale, laddove solo la prova
contraria – quella, cioè, relativa alla esistenza di tali locali –
avrebbe reso nulla la notifica.
5.3 – Del resto, questa Corte ha
già affermato che la notifica all’amministratore personalmente, ovunque
si trovi, degli atti indirizzati al condominio è valida, mentre in
mancanza dello stesso, deve avvenire a mani delle persone e nei luoghi
indicati dall’art. 139 cod. proc. civ., sì che, se effettuata a persona
diversa dall’amministratore e nello stabile condominiale, devono
esservi locali destinati all’organizzazione e allo svolgimento e della
gestione delle cose e dei servizi comuni, come ad esempio la
portineria, per la configurabilità dell’“ufficio” dell’amministratore
(V. Cass., sent. n. 6906 del 2001, cit.).
6 – Con la terza
censura si lamenta la violazione e falsa applicazione del R.D.L. 27
novembre 1933, n. 1578, art. 9, degli artt. 83 e 84, 157, 161 e 354
cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata rigettato la eccezione
di nullità dell’intera attività processuale svolta da legale privo
dello ius postulandi nel corso del giudizio di primo grado. Rilevano i
ricorrenti che lo stesso giudice di appello ha riconosciuto la mancanza
in capo al legale che aveva svolto attività processuale nel corso delle
udienze del 5 ottobre 2000 e del 12 dicembre 2000 di alcun potere
difensivo, non essendo stata prodotta in atti una delega da parte del
legale costituito, nonché la mancanza, nella procura a quest’ultimo, di
alcuna previsione della possibilità di essere sostituito per singoli
atti da altri professionisti. I ricorrenti, che non avevano partecipato
alle richiamate udienze (avendo deciso di abbandonare il giudizio per
cessazione della materia del contendere), sottolineano di avere
eccepito la nullità degli atti nella prima difesa successiva alla
pubblicazione della sentenza di primo grado (per effetto della quale
essi avevano avuto notizia della rilevata causa di nullità degli atti
medesimi), e, cioè, con l’atto di appello; ed aggiungono che, essendosi
la denunciata attività protratta non per singoli atti, ma per ben due
fondamentali udienze, nel corso delle quali erano stati formulati mezzi
istruttori e precisate le conclusioni da parte del predetto legale, si
sarebbe trattato di una nullità assoluta ed insanabile, rilevabile
anche di ufficio in qualunque stato e grado del giudizio.
7 –
Ancora una riproposizione di una eccezione fatta valere nel giudizio di
primo grado, e rigettata dalla Corte di merito, ed ancora una doglianza
infondata.
Secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, nell’ipotesi in cui il procuratore
costituito venga sostituito per il compimento di singoli atti, la
mancanza di delega scritta può essere rilevata d’ufficio o dalla
controparte solo prima del compimento degli atti stessi, mentre
l’eccezione successiva a tale momento è consentita soltanto alla parte
il cui procuratore sia stato, di fatto ed irregolarmente, sostituito
(v., da ultimo, Cass., sent. n. 16216 del 2008).
Nella specie –
come sottolineato dalla Corte partenopea – gli attuali ricorrenti si
erano doluti solo con l’atto di impugnazione della mancanza di una
delega scritta in favore dell’avvocato T., che aveva partecipato, nel
giudizio di primo grado, alle udienze del 5 ottobre e del 12 dicembre
2000, sostituendo l’avv. Regine, legale costituito. Pertanto, il
rilievo della conseguente nullità dell’attività svolta dallo stesso T.
doveva ritenersi ormai precluso dal fatto che detta nullità non era
stata rilevata né nella prima né nella seconda udienza.
8 – Con
il quarto motivo, i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 1120
cod. civ. e dell’art. 329 cod. proc. civ., u.c., nonché la
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo
della controversia. Avrebbe errato la Corte d’appello nel ritenere
passata in giudicato per mancata impugnazione della sentenza di primo
grado n. 5470 del 2001 nella parte relativa alla declaratoria di
nullità, per illiceità dell’oggetto, della delibera condominiale con la
quale era stata decisa la messa in opera di una sbarra elettrica tra
l’androne e il cortile condominiali. Infatti, gli appellanti, attuali
ricorrenti, avevano contestato la circostanza della difformità,
ritenuta dal primo giudice, della decisione assembleare rispetto alla
destinazione culturale del bene comune. Né la delibera di cui si tratta
aveva violato l’art. 1120 cod. civ., avendo disciplinato l’uso della
cosa comune a scopi di utilità generale.
9.1 – La censura è infondata.
9.2
– Come esattamente rilevato nella sentenza impugnata, la decisione di
primo grado n. 5470 del 2001 aveva ritenuto la nullità della delibera
condominiale relativa alla messa in opera della sbarra sul duplice
rilievo della lesione dei diritti degli opponenti che essa aveva
determinato, e della mancanza di autorizzazione della Soprintendenza
per i Beni Ambientali e Architettonici, necessaria trattandosi di area
assoggettato a vincolo culturale.
Ebbene, nonostante la ormai
tardiva contestazione, gli attuali ricorrenti non avevano impugnato la
decisione in quest’ultima parte, limitandosi a dar conto della
esistenza del vincolo culturale – al solo scopo di escludere che
sussistesse alcun diritto dei condomini opponenti né di altri di
parcheggiare nel cortile le proprie autovetture, e, quindi, che fosse
stata perpetrata una lesione di tale diritto -, senza preoccuparsi di
smentire l’affermazione del primo giudice relativa al mancato rilascio
delle prescritte autorizzazioni.
Tale omissione rende
sicuramente ineccepibile il convincimento della Corte di merito in
ordine al carattere definitivo della decisione di primo grado sul punto
della nullità della delibera impugnata, alla stregua del principio
secondo il quale una pronuncia basata su due distinte rationes
decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione
adottata, può essere utilmente impugnata solo mediante la denuncia di
entrambe.
9.3 – Per la medesima ragione, nessun rilievo assume
nemmeno la odierna censura attinente alla insussistenza, nella specie,
di una violazione dell’art. 1120 c.c., comma 2, per non essere
configurabile una innovazione idonea ad arrecare pregiudizio alla
stabilità o alla sicurezza dell’edificio, o ad alterarne il decoro
architettonico o a renderne talune parti inservibili all’uso o al
godimento anche di un solo condomino.
10 – Con riguardo al gravame nei confronti della sentenza del 3 aprile 2001, sono state sollevate tre censure.
Con
la prima di esse, si lamenta violazione dell’art. 100 cod. proc. civ.,
per avere la Corte di merito rigettato la eccezione di inammissibilità
della opposizione di N. G. alla delibera del 13 gennaio 2000, per
carenza di interesse alla impugnativa. Osservano i ricorrenti che,
trattandosi di azione di annullamento del deliberato assembleare per
presunta lesione del diritto alla informazione, il N. avrebbe dovuto
dimostrare in concreto la sussistenza di un proprio interesse ad agire
attraverso la dimostrazione della necessità di ricorrere al giudice per
evitare una lesione attuale del proprio diritto ed il conseguente danno
alla propria sfera giuridica, laddove egli era uno dei maggiori
beneficiati dall’atto condominiale impugnato, in quanto titolare del
più ampio box esistente all’interno del cortile condominiale, con
dotazione di telecomando per il transito delle autovetture di sua
proprietà.
11.1 – La censura è destituita di fondamento.
11.2
– In tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee
condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall’art. 1137 cod.
civ., ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla
deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello
alla rimozione dell’atto impugnato, essendo l’interesse ad agire
richiesto dall’art. 100 cod. proc. civ., come condizione dell’azione di
annullamento anzidetta, costituito proprio dall’accertamento dei vizi
formali di cui sono affette le deliberazioni (cfr., tra le altre,
Cass., sentenze n. 4270 del 2001, n. 6742 del 2004, n. 15087 del 2005).
Alla
stregua di tale principio di diritto, nella specie, come rilevato dalla
Corte di merito, innanzi alla quale il predetto vizio era già stato
dedotto, il N. era legittimato ad impugnare la delibera in questione,
avendo dedotto, tra l’altro, un vizio della delibera medesima attinente
alla formazione della volontà assembleare, ed, in particolare, la
nullità od annullabilità della delibera per il fatto che l’ordine del
giorno relativo alla assemblea nel corso della quale essa era stata
adottata aveva ad oggetto la sola verifica della installazione della
sbarra tra l’androne e il cortile, e non la statuizione che sarebbe
stata poi assunta.
12 – Con la seconda censura, si lamenta
omessa, carente, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
punto decisivo della controversia, ancora violazione dell’art. 100 cod.
proc. civ., e dell’art. 1105 cod. civ., comma 3, art. 1109 cod. civ.,
n. 2, e art. 1137 cod. civ., per avere il giudice di appello rigettato
la eccezione di inammissibilità della opposizione alla delibera del 13
gennaio 2000 per carenza di interesse di entrambi gli opponenti. Dal
relativo verbale assembleare risultava – osservano i ricorrenti – che
il dott. De Cicco, delegato dei condomini opponenti B. e N., aveva
dichiarato, in riferimento ai punti all’ordine del giorno, di non
essere contrario alla installazione dell’ascensore e di essere
contrario alla installazione della sbarra elettronica ed alla
variazione dei dispositivi già in uso. E dunque, il De Cicco non si era
astenuto dal votare, sicché i suoi delegati non sarebbero stati
legittimati ad impugnare il deliberato assembleare per presunto vizio
di informazione.
13 – Infine, i ricorrenti deducono ancora la
violazione dell’art. 1105 cod. civ., comma 3, art. 1109 cod. civ., n. 2
e art. 1137 cod. civ. e dell’art. 100 cod. proc. civ., per avere la
Corte d’appello rigettato il gravame avverso la sentenza del 3 aprile
2001 e confermato l’annullamento della delibera del 13 gennaio 2000,
per incompletezza ed inesattezza dell’ordine del giorno, il quale non
avrebbe assolto la propria funzione di rendere edotti i condomini sugli
argomenti da trattare. Secondo i ricorrenti, detto ordine del giorno
conteneva la indicazione sintetica degli stessi, nonché l’espressa
previsione delle decisioni consequenziali da assumere, e la
deliberazione che scaturì da quella assemblea fu pertinente e
convergente rispetto al tema della discussione quale indicato nel
predetto atto, tant’è che i condomini opponenti parteciparono,
attraverso il dott. De Cicco, dagli stessi delegato, alla discussione
ed alla votazione anche sulla installazione della sbarra elettronica e
variazione di dispositivi o serrature già in uso, esprimendo voto
contrario.
14.1 – Le censure, da esaminare congiuntamente, siccome strettamente connesse sul piano logico-giuridico, sono inammissibili.
14.2
– Esse impingono, invero, nelle valutazioni discrezionali del giudice
di merito in ordine alla interpretazione dei fatti accaduti nel corso
dell’assemblea del 13 gennaio 2000. La Corte partenopea ha, al
riguardo, precisato che il De Cicco dichiarò, in detta sede, che,
dovendo attenersi strettamente ai punti all’ordine del giorno – il
quale prevedeva la verifica dell’installazione della sbarra -, “non
poteva esprimere alcuna deliberazione su quanto esposto dall’avv.to L.
a nome dell’assemblea”, ed ha ragionevolmente valorizzato tali
affermazioni traendone la conclusione che lo stesso De Cicco avesse
inteso in tal modo astenersi dal votare sul punto, con la conseguenza
che i condomini da lui delegati ben potevano impugnare la delibera in
questione.
14.3 – Quanto all’argomento dei ricorrenti relativo
alla ritenuta ricomprensione nell’ordine del giorno del tema della
sostituzione del congegno elettronico del cancello, la Corte
territoriale ha confermato la decisione di primo grado che aveva
annullato la delibera del 13 gennaio 2000, sulla base del rilievo che
con essa si era stabilito di dare attuazione alla precedente delibera
del 18 maggio 1999, relativa alla installazione della sbarra,
sostituendo il meccanismo elettronico che governava il cancello e
consegnando il relativo telecomando ai proprietari e conduttori dei
boxes situati nel cortile, optando per un’alternativa non prevista dal
predetto ordine del giorno.
A tale conclusione la Corte di
merito è pervenuta sulla base dell’indirizzo giurisprudenziale secondo
il quale, affinché la delibera di un’assemblea condominiale sia valida,
è necessario che l’avviso di convocazione elenchi, sia pure in modo non
analitico e minuzioso, specificamente gli argomenti da trattare sì da
far comprendere i termini essenziali di essi e consentire agli aventi
diritto le conseguenti determinazioni anche relativamente alla
partecipazione alla deliberazione. In particolare la disposizione
dell’art. 1105 cod. civ., comma 3 – applicabile anche in materia di
condominio di edifici – la quale prescrive che tutti i partecipanti
debbano essere preventivamente informati delle questioni e delle
materie sulle quali sono chiamati a deliberare, non comporta che
nell’avviso di convocazione debba essere prefigurato lo sviluppo della
discussione ed il risultato dell’esame dei singoli punti da parte
dell’assemblea (v. Cass., sentenze n. 3634 del 2000, n. 13763 del 2004,
n. 21298 del 2007).
14.4 – Nella specie, ha ritenuto il giudice
di secondo grado che la decisione di modificare il congegno elettronico
del cancello già esistente non costituisse un conseguente e possibile
risultato della logica linea evolutiva della discussione relativa alla
“verifica” della installazione della sbarra, non essendovi alcun nesso
di consequenzialità tra la prima ed il secondo.
Ebbene,
l’accertamento della completezza o meno dell’ordine del giorno di
un’assemblea condominiale – nonché della pertinenza della deliberazione
dell’assemblea al tema in discussione indicato nell’ordine del giorno
contenuto nel relativo avviso di convocazione – è demandato
all’apprezzamento del giudice del merito, insindacabile in sede di
legittimità se, come nella specie, adeguatamente motivato (v. Cass.,
sentenze n. 3634 del 2000, n. 13763 del 2004, n. 21298 del 2007,
citate).
15 – Alla luce della conclusione della correttezza
della conferma della decisione di primo grado relativa alla
illegittimità della delibera assembleare del 13 gennaio 2000, si può
ora passare all’esame dell’ultima doglianza relativa al giudizio di
appello sulla sentenza del 13 aprile 2001, con la quale si deduce
violazione dell’art. 2377 cod. civ., u.c. e dell’art. 100 cod. proc.
civ., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa
un punto decisivo della controversia, per avere il giudice di secondo
grado rigettato la eccezione di intervenuta cessazione della materia
del contendere a seguito della revoca della impugnata delibera del 18
maggio 1999, alla stregua del rilievo che anche la successiva delibera
del 13 gennaio 2000, che aveva sostituito la prima, era illegittima.
16.1 – La censura è infondata.
16.2
– Avuto riguardo, infatti, alla illegittimità della seconda delibera,
relativa alla sostituzione del congegno elettrico di apertura del
cancello, correttamente il giudice di merito ha escluso di poter fare
applicazione della disposizione dell’art. 2377 cod. civ., u.c.
(estensibile, per il suo carattere generale, anche alle assemblee dei
condomini degli edifici), secondo la quale l’annullamento della
deliberazione dell’assemblea della società per azioni non può aver
luogo se la deliberazione sia stata sostituita con altra presa in
conformità della legge o dell’atto costitutivo, con conseguente
cessazione della materia del contendere quando l’assemblea regolarmente
riconvocata abbia deliberato sui medesimi argomenti della delibera
oggetto dell’impugnazione, ponendo in essere, pur in assenza di forme
particolari, un atto sostanzialmente sostitutivo di quello invalido (v.
Cass., sentenze n. 12439 del 1997, n. 10445 del 1998).
17 – Il
ricorso deve, conclusivamente, essere rigettato. In ossequio al
criterio della soccombenza, le spese del giudizio, che vengono
liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico dei soccombenti.
P.Q.M.
La
Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento
delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2200,00, di
cui Euro 2000,00 per onorari.
L’annullamento della deliberazione
dell’assemblea della società per azioni non può aver luogo se la
deliberazione sia stata sostituita con altra presa in conformità della
legge o dell’atto costitutivo, con conseguente cessazione della materia
del contendere quando l’assemblea regolarmente riconvocata abbia
deliberato sui medesimi argomenti della delibera oggetto
dell’impugnazione, ponendo in essere, pur in assenza di forme
particolari, un atto sostanzialmente sostitutivo di quello invalido. (1-12)