Condominio e danni: fatto colposo del danneggiato e principio di autoresponsabilità
Negli ultimi anni, la giurisprudenza è stata chiamata a misurarsi con
la tema della responsabilità da cose in custodia con particolare
riferimento ai danni da insidie stradali, ambito nel quale ci si
continua ad interrogare sulla stessa applicabilità dell’art. 2051 c.c..
La particolare figura di responsabilità de qua, in sé
considerata, pone questioni interpretative di carattere generale, che
pongono seri problemi applicativi anche in caso di “ordinaria”
applicazione della norma.
Nel caso deciso da Cassazione Civile, Sezione III, 29 novembre 2011, n.
25239, i giudici di Piazza Cavour si sono trovati a decidere in merito
ai danni che il proprietario di un locale seminterrato, dapprima adibito
a magazzino e poi a locale commerciale, imputava al condominio, nella
sua qualità di custode delle parti comuni dell’edificio e –
specificamente – dei muri comuni, causati da infiltrazioni di acqua ed
umidità.
Nel corso del giudizio, era stato accertato che le lamentate
infiltrazioni erano dovute alla tecnica di costruzione e di
coibentazione utilizzata all’epoca della edificazione del fabbricato,
che il ctu aveva ritenuto idonea per un magazzino, ma insufficiente per
un locale commerciale.
Secondo l’originale impostazione adottata dai giudici di merito, la
responsabilità del condominio andava esclusa in applicazione dell’art.
844 c.c., avuto riguardo al concetto di normale tollerabilità delle
immissioni che esclude ogni tutela in favore del proprietario
asseritamente danneggiato.
La Corte di Cassazione, rilevata a chiare lettere la radicale
inconferenza del riferimento all’art. 844 c.c., riconducono la
fattispecie integralmente all’alveo dell’art. 2051 c.c. e impostano la
questione – più correttamente – sul piano del caso fortuito e, più
specificamente, del fatto colposo del danneggiato.
Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, infatti, il caso fortuito “può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato,
avente un’efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso
eziologico tra la cosa e l’evento dannoso o da affiancarsi come
ulteriore contributo utile nella produzione del danno”.
Nella fattispecie, il fatto colposo del danneggiato, giudicato alla
stregua di fattore causale da solo sufficiente a condurre all’evento
dannoso e, come tale, idoneo ad interrompere qualsiasi collegamento
eziologico tra la cosa in custodia (i muri comuni) e l’evento di danno
(infiltrazioni di acqua ed umidità) è stato ravvisato nel mutamento di
destinazione d’uso del locale seminterrato, da locale magazzino in
locale commerciale, che impediva la normale aereazione del locale stesso
dando corso ai danni.
La soluzione adottata dai Giudici di Legittimità si configura come espressione del principio di autoresponsabilità,
desumibile non solo dall’art. 1227 c.c. ma anche dal dovere di
solidarietà sociale sancito dall’art. 2 Cost., che si risolve in uno
strumento per indurre anche gli eventuali danneggiati a contribuire
affinché un pregiudizio non si verifichi ed è finalizzato ad ottenere
una migliore ripartizione dei compiti tra danneggiante e vittima.