Confindustria: crescita del pil quasi nulla mercato del lavoro debole, consumi fermi
«La crescita sarà quasi nulla nel terzo trimestre, dopo che nel secondo si è avuto un aumento dell’1,6% della produzione industriale, concentrato nella prima parte del periodo, che ha originato una temporanea accelerazione del Pil»: è quanto si legge nell’analisi mensile del Centro studi di Confindustria. «Per l’Italia – si legge nell’analisi – si profilano debolezza della domanda interna, minor forza di quella estera, ripercussioni dalle violente turbolenze finanziarie globali e stretta sui conti pubblici».
In particolare, «gli indicatori puntano a una nuova e prolungata fase di variazioni del Pil che saranno molto difficilmente superiori all’1% annuo». Il Centro studi di viale dell’Astronomia ricorda come «l’attività industriale nel terzo trimestre parte dal -0,3% ereditato dal secondo. Gli indicatori qualitativi sono in corale arretramento: gli indici Pmi hanno rilevato in giugno ordini calanti nel manifatturiero (47,5, minimo da 20 mesi, da 51,1) e nel terziario (47,4, da 50,1). Giudizi e attese delle imprese rivelano la fiacca dinamica produttiva».
Non solo: «l’anticipatore Ocse è in calo dall’inizio del 2010 (maggio -0,6% su aprile, -2,7% annuo) e punta a decelerazione almeno fino a fine 2011». In definitiva, il quadro è davvero poco rassicurante: «l’anticipatore Ocse continua a scendere; il Pmi è in zona recessione nel manifatturiero e nei servizi, con ordini in diminuzione; l’occupazione langue; i consumi sono piatti; il contesto per gli investimenti è deteriorato; l’export frena più dei mercati di sbocco. L’aumento dei tassi Bce ostacola la ripresa e accentua le difficoltà dei debitori, specie con il credito bancario sempre molto selettivo».
«Il mercato del lavoro in Italia rimane debole» ed i consumi «hanno un profilo piatto», si legge nel rapporto che ricorda come «a maggio il tasso di disoccupazione è salito all’8,1% (+0,1 su aprile) e al 28,9% (+0,4) tra i giovani sotto i 25 anni», mentre «a giugno la percentuale di imprese che si attendeva una riduzione del numero di addetti nei successivi tre mesi (17,5%) è tornata a essere superiore a quella di quante prevedevano un incremento (16,0%): un deterioramento che ricalca quello delle previsioni delle aziende sulle condizioni economiche in cui operano».
Non a caso, dice il Csc, «i consumi risentono delle difficoltà occupazionali e della dinamica dei prezzi al consumo: vendite al dettaglio e immatricolazioni di auto hanno un profilo piatto» e «la domanda interna ristagna».