«La ripresa globale è tornata vigorosa» ma «l’Italia non tiene il passo». Lo afferma il Centro studi di Confindustria (Csc), sottolineando che, per il Paese, «la produzione industriale è invariata in dicembre» (contro il +1,1% di novembre) ed «del 17,8% sotto i livelli pre-crisi».
Intanto il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, annuncia la riforma del fisco e sottolinea «Credo che l’Italia sia un grande paese e all’estero l’Italia è considerata comunque un grande Paese». «Sarà la prima riforma fiscale del nuovo secolo e sarà l’Italia a farla», ha detto Tremonti, facendo il punto sul federalismo: «Un processo fondamentale» e «irreversibile» secondo il ministro che è poi entrato in merito su alcuni dei punti che riguardano il decreto sul federalismo municipale sottolineando che le «addizionali non sono un obbligo ma una facoltà e la scelta dipenderà dai cittadini».
«L’Italia fatica ad andare oltre l’1% nella velocità del pil», sottolineano gli economisti della Confindustria; mentre a livello globale «con la buona performance di fine 2010 e i progressi negli indici anticipatori, il 2011 si presenta come l’anno della stabilizzazione delle aspettative e della riduzione dell’incertezza. Ciò sta facendo ripartire il ciclo degli investimenti nelle economie avanzate più dinamiche (Usa, Germania). Ne beneficeranno occupazione (per ora ancora debole, tranne la tedesca) e consumi (vivaci già gli americani); la crescita così si consolida».
Il percorso, secondo il Centro studi di Confindustria, «rimane, però, accidentato dalla crisi dei debiti pubblici, dalle oscillazioni valutarie e dai rincari delle materie prime, che si traducono in tensioni inflazionistiche (ma al netto di energia e alimentari i prezzi al consumo sono quasi fermi)».
I ritmi di crescita «restano molto differenziati: surriscaldati negli emergenti, soprattutto in Asia; elevati in Usa e Germania; deboli in molti paesi dell’eurozona». Sostenendo, quindi che l’Italia «fatica ad andare oltre l’1% nella velocità del Pil», il Csc afferma che «la prima metà di quest’anno si intravede migliore, con l’export che trarrà vantaggio dal rilancio dell’Est Europa e del Medio Oriente».
Le quotazioni «record delle commodity, destinate a salire ancora, comprimono margini aziendali e potere d’acquisto delle famiglie, agendo da freno alla domanda; il petrolio a 100 dollari al barile sottrae quasi lo 0,3% all’aumento del Pil italiano quest’anno. Nella stessa direzione agisce l’incremento dei tassi a lunga che riflette lo scenario più propizio. Questi effetti restrittivi dovrebbero tranquillizzare le Banche centrali; invece, la Bce – conclude Viale dell’Astronomia – appare ansiosa di dimostrare il suo rigore monetario, nonostante l’alta disoccupazione terrà bassa la dinamica del costo del lavoro».