Consiglio di Stato Sez. V, decisione 13.09.2005 n° 4689 (Emanuela Tiramani)
N.4689/05 REG.DEC.
N. 7181 REG. RIC.
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n.7181 del 2004, proposto dalla Soc. SESIT PUGLIA S.P.A, in persona del Presidente, legale rappresentante in carica, Sig. Romeo Rodiglio, nonchÈ ai fini del presente giudizio, per impedimento del Presidente in persona del V. Presidnete in carica, Rag. Luciano Giannelli (come da atti specificati in ricorso), rappresentata e difesa dallíAvv. Antonio Damascelli, con domicilio eletto in Roma, via L. Arbib Pascucci n. 66, presso lo studio dellíAvv. Prof. Vincenzo Del Pozzo;
contro
la Soc. MAJOR PLASTIC, S.r.l., rappresentata e difesa dallíAvv. Fulvio Mastroviti, con domicilio eletto in Roma, Via Ennio Quirino Visconti, presso lo studio delíAvv. Maria Stella Lo Pinto;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sez. I, n. 2331/2004, del 26 maggio 2004, notificata in data 16 giugno 2004, avente ad oggetto provvedimento di fermo di autoveicolo per mancato pagamento di cartelle tributarie;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Soc. MAJOR PLASTIC S.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 22 marzo 2005, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; l’Avv. Damascelli per l’appellante e l’Avv. Lofoco in sostituzione dell’Avv. Mastroviti per l’appellata.
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. La Sezione I del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, con sentenza n. 2331/2004, del 26 maggio 2004, – disattesa líeccezione di inammissibilitý per difetto di giurisdizione della resistente soc. SESIT PUGLIA, attuale appellata immediatamente resa, in forma semplificata, a seguito della camera di consiglio del 19 maggio 2004, fissata per líesame della domanda cautelare, ha accolto il ricorso proposto dalla Soc. MAJOR PASTIC avverso la comunicazione di fermo dellíautoveicolo Martoletti ML 10, effettuata dalla suddetta soc. SESIT PUGLIA, in qualitý di concessionaria della riscossione della Provincia di Bari, per mancato pagamento di carichi a ruolo scaduti, portati in due cartelle di pagamento regolarmente notificate, riferiti a precedenti avvisi di liquidazione notificati a cura dellíAgenzia delle entrate di Brindisi, impugnati dalla interessata davanti alla competente CTP. Parte resistente Ë stata altresÏ condannata al risarcimento del danno e delle spese giudiziarie in favore della ricorrente.
Avverso líanzidetta sentenza si grava la SESIT PUGLIA, la quale deduce in primo luogo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo chiedendo che la sentenza appellata venga riformata, con declaratoria di inammissibilitý, sul tale base, del ricorso di primo grado, o, subordinatamente, con reiezione nel merito, per mancanza di fondamento del suddetto ricorso, in ogni caso, con vittoria di spese del doppio grado del giudizio.
Si Ë costituita in giudizio líappellata che resiste allíappello, chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
La Sezione ha dapprima accordato al tutela cautelare richiesta dallíappellante, sospendendo, con ordinanza motivata n. 4356/2004 del 24 settembre 2004, líefficacia della sentenza appellata. Successivamente la causa Ë stata chiamata allíudienza di merito del 22 marzo 2005 e trattenuta in decisione.
2. Líappello Ë manifestamente fondato nella parte in cui Ë volto, in via principale, a denunciare il difetto di giurisdizione.
Come sopra precisato, la controversia investe il fermo amministrativo disposto da una concessionaria della riscossione di entrate tributarie, a norma dellíart. 86 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, introdotto (nella formulazione anteriore alla riforma di cui allíart. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193) dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che ha modificato líintero titolo II del D.P.R. n. 602 del 1973.
La sezione I del Tribnale amministrativo Regionale della Puglia, sulla scia di propri precedenti in termini (ord. n. 216 del 5 marzo 2003 e sent. n. 1567 del 3 aprile 2003) ha ritenuto la giurisdizione amministrativa, sul presupposto della natura provvedimentale della misura adottata e della relativa comunicazione.
La tesi Ë erronea e deve essere disattesa.
Líinnovazione che il decreto legislativo del 2001 ha introdotto alla disciplina dellíistituto, quale originariamente previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, con le modifiche succedutesi fino al 1999, non ha innovato la natura giuridica del fermo, essendo intervenuta, esclusivamente a svincolare il concessionario dalla intermediazione della direzione regionale delle entrate e dal previo esperimento negativo del pignoramento del bene mobile registrato, conferendogli direttamente la possibilitý di disporre il fermo dei beni mobili registrati, sul solo presupposto della scadenza del termine stabilito dal primo comma dellíart. 50 dello stesso decreto, senza attribuire al concessionario poteri di natura amministrativo-tributaria, propri dellíAmministrazione, bensÏ muovendosi nella logica ñ propria del diritto comune ñ della attribuzione (al creditore) di strumenti idonei a ricercare e conservare i cespiti del patrimonio del debitore idonei a garantire, in sede esecutiva, la soddisfazione del credito, sia pure con la peculiaritý connesse al titolo per il quale si procede alla riscossione coattiva.
Invero, nella stesura originale del D.P.R. n. 602 (e cioË prima della riforma del 1999), líistituto del fermo amministrativo Ë stato aggiunto, al testo del D.P.R. del 1973, dall’art. 5, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 (art. 91 bis), per i veicoli a motore ed alcune categorie di autoscafi, attribuendosene la competenza a disporlo alla direzione regionale delle imposte sui redditi, allorchÈ il concessionario avesse dimostrato líimpossibilitý di eseguire il pignoramento per mancato reperimento del bene.
Nel pi˜ ordinato assetto della riscossione coattiva, impresso dalla riforma del 1999, il fermo amministrativo si estende alla generalitý dei beni mobili registrati, ma conserva líoriginaria connotazione di strumento inteso alla conservazione del bene alla soddisfazione del credito tributario, affidato alla determinazione dellíufficio finanziario regionale, allorchÈ líesecuzione forzata non sia stata possibile, per mancato reperimento del bene.
Esso Ë stato inserito, sistematicamente, negli atti della riscossione (Titolo II) e, specificamente, al Capo III, espressamente intitolato ìDisposizioni particolari in materia di espropriazione di beni mobili registratiî, in immediata successione al capo intitolato ìEspropriazione forzataî (capo II), nella cui Sezione I sono contenute le disposizioni generali in tema di riscossione coattiva, , fra cui quelle dettate dallíart. 50 (termine per líinizio dellíesecuzione), il cui comma 1 Ë espressamente richiamato nel comma 1 del vigente testo dellíart. 86.
La precedente disciplina ñ con líattribuire la competenza di disporre il fermo alla direzione regionale delle entrate ed il condizionarne líesperimento al mancato reperimento del bene da pignorare ñ lasciava líiniziativa del fermo allíAmministrazione titolare del diritto di credito, ed al concessionario la sua esecuzione, mediante líiscrizione nel pubblico registro, dopo di che questíultimo non era esonerato dal perseguire il bene attraverso la procedura di pignoramento, con le conseguenti responsabilitý.
CiÚ rallentava ovviamente, in maniera sensibile il procedimento di riscossione coattiva, accentuando líaleatorietý del recupero; líattribuzione diretta, al concessionario, della potestý di dare corso alla misura conservativa, con il solo limite del decorso del termine stabilito dallíart. 50 comma 1 e salve, in ogni caso, le dilazioni o le sospensioni di pagamento accordate, si inserisce nel quadro delle misure di semplificazione ed accelerazione delle procedure, che il legislatore nazionale ha, nella pi˜ recente produzione normativa, delegato al Governo, in questa come in altre materie.
Sia prima, sia successivamente alla riforma del 2001, peraltro, il fermo amministrativo dei beni mobili registrati assolve ad una funzione di conservazione del cespite patrimoniale del debitore, in vista della espropriazione forzata intesa alla realizzazione del credito tributario, per molti versi assimilabile (con le peculiaritý dovute alla natura del bene) alla iscrizione ipotecaria sui beni immobili prevista dallíart. 77 dello stesso decreto.
Come appare evidente, dalla collocazione sistematica e dal testo della norma che lo prevede (nella formulazione attuale ed in quelle precedenti) lo strumento, pur non collocandosi ancora nella fase della esecuzione, o degli atti esecutivi, costituisce un mezzo cautelativo ed anticipatorio degli effetti espropriativi dellíesecuzione, che sottrae il bene innanzitutto allíuso al quale Ë destinato (e da cui potrebbero derivare conseguenze dirette sulla idoneitý a soddisfare, con líesecuzione, la realizzazione coattiva, totale o parziale, del credito) ed alla circolazione giuridica in danno del creditore.
In tale contesto, líenunciato secondo cui, trascorso il termine previsto dal primo comma dellíart. 50 (sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento) il concessionario ìpuÚî disporre il fermo amministrativo del bene mobile registrato, conferisce, al soggetto responsabile della riscossione, non giý un singolare potere autoritativo e discrezionale in vista degli interessi pubblici specifici affidati alla cura dellíAmministrazione concedente, bensÏ una potestý che si colloca (concettualmente) nel quadro dei diritti potestativi del creditore (ossia quella di promuovere atti conservativi sul patrimonio del debitore in vista della esecuzione forzata) che trovano nel diritto comune la naturale collocazione e nel giudice ordinario quello naturale, in quanto la soggezione del debitore allíesercizio della potestý ha la sua fonte nel debito certo, liquido ed esigibile, che vincola il debitore alla sua estinzione (con i mezzi ordinari o con líesecuzione forzata), e nel rapporto obbligatorio la sua intrinseca giustificazione.
Come correttamente dedotto dallíappellante, la controversia relativa al fermo, sia nella fase della sua esecuzione che in quella della sua disposizione, della quale viene dato avviso al debitore, non riguarda nÈ il tributo per il quale si procede alla riscossione, nÈ la materia del pubblico servizio anche nella pi˜ lata accezione assunta dal testo dellíart. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (come sostituito dalla legge n. 205 del 2000,e prima dellíintervento demolitore della Corte costituzionale), ma si muove su di un binario del tutto differente, che ha nel giudice ordinario líautoritý giurisdizionale deputata a conoscere delle relative controversie (nel limite in cui le stesse non siano sottratte alla cognizione di alcun giudice) come specificato dallíart. 57 del D.P.R. n. 602 del 1973 (che non ammette le opposizioni di cui allíart. 615 c.p.c., fatta eccezione per quelle relative alla pignorabilitý dei beni).
Eí stato osservato (TAR Campania, Sez. I, n. 12025 del 16 settembre 2004) che líesecuzione del fermo, affidata ora direttamente al concessionario, non costituisce altro che líespressione dello jus eligendi (diritto di scelta) ordinariamente riconosciuto, nelle procedure esecutive, al creditore procedente tra i diversi mezzi di aggressione del patrimonio dellíesecutato o tra diversi beni passibili di esecuzione forzata; si tratta, dunque, di una facoltý di diritto comune destinata ad incidere nella sfera giuridica del debitore (ne non vi si puÚ sottrarre se non con líestinzione del debito), accostabili alle potestý amministrative, soltanto per il tratto comune della soggezione di chi Ë destinato a subirle, senza che, per questo, il potere esercitato esca dalla sfera delle relazioni intersoggetive per essere ricondotto ai rapporti governati dal diritto pubblico, la cui tutela appartiene alla cognizione del giudice amministrativo.
Deve dunque concludersi nel senso che il fermo amministrativo Ë atto funzionale alla esecuzione, che – pure con le connotazioni particolari derivanti dalla natura del rapporto obbligatorio in forza del quale il debitore Ë tenuto al pagamento e della legislazione speciale che lo prevede, accordando poteri extra ordinem al creditore ed allo stesso incaricato della riscossione – deve comunque essere inquadrato (per di pi˜ nella sistemazione pi˜ corretta derivante dalla riforma del 2001, che ha opportunamente individuato nello stesso responsabile della riscossione il soggetto abilitato a disporlo) fra gli strumenti di conservazione dei cespiti patrimoniali sui quali puÚ essere soddisfatto coattivamente il credito, che líordinamento ordinariamente appresta alla generalitý creditori (in base alla scelta politica, di carattere generale e di diritto comune, di una tutela pi˜ incisiva degli interessi dei creditori, nel rapporto intersoggettivo debito-credito), cosÏ come prodromica allíesecuzione Ë la notificazione della cartella esattoriale che assolve, nel procedimento di riscossione, alla medesima funzione della notificazione del precetto di pagamento di diritto comune.
In tale quadro, la cognizione delle controversie ad esso relativo si sottrae alla giurisdizione del giudice amministrativo, sia a quella costitutiva di legittimitý (non essendovi provvedimento amministrativo lesivo di interessi legittimi del titolare del bene che ne assoggettato) sia a quella esclusiva, eccezionalmente demandata a tale giudice.
Una certa propensione a ricondurre líistituto nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, chiarissima in talune non condivisibili pronunce di primo grado del giudice amministrativo, fra cui quella in esame (Tar Abruzzo, Pescara, 19 luglio 2004, n. 704; Tar Puglia, Bari, sez. I, 6 maggio 2004, n. 2065, 16 aprile 2003, n. 1764, 8 aprile 2003, n. 1812, 3 aprile 2003, n. 1567; Tar Puglia, Lecce, sez. I, 7 luglio 2004, n. 4880) e percepibile anche nellíordinanza cautelare della Sezione IV del Consiglio di Stato n. 3259 del 13 luglio 2004 (che, invero, non contiene una motivazione espressa sul punto della giurisdizione) Ë ormai risolta, in radice, in senso contrario, dal ridimensionamento delle attribuzioni del giudice amministrativo, conseguente alla sentenza della Corte costituzionale 5-6 luglio 2004, n. 204, che ha significativamente modificato il testo dellíart. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (come sostituito dalla legge n. 205 del 2000), dichiarandone, tra l’altro, l’illegittimitý del primo comma, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ´tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelliª anzichÈ ´le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennitý, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonchȪ.
Deve, dunque, darsi atto che Ë invece, corretto líorientamento prevalente (oltre al TAR Campania, sopra citato, TAR Emilia Romagna, n. 2516 del 25 novembre 2003; TAR Calabria n. 2110 del 20 giugno 2003; TAR Lombardia, n. 1140 del 5 maggio 2003, TAR Veneto, n. 886 del 30 gennaio 2003), che, coerentemente alla giurisprudenza di merito del giudice ordinario (Tribunale di Novara, 9 maggio 2003) nega, in materia, la giurisdizione amministrativa.
3. Líappello, pertanto, deve essere accolto, e, conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere interamente riformata, con declaratoria di inammissibilitý del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione, e condanna della originaria ricorrente (resistente in questo grado), in favore dellíappellante, alle spese di entrambi i gradi del giudizio, che si liquidano in dispositivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, accoglie líappello in epigrafe e, per líeffetto, in riforma totale della sentenza 2331/2004 del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione I, dichiarata inammissibile, per difetto di giurisdizione, il ricorso n. 848/04 Reg. Gen. TAR Puglia;
Condanna la soc. MAJOR PASTIC s.r.l. in persona del legale rappresentante in carica, al pagamento, in favore dellíappellante, delle spese dei due gradi del giudizio che si liquidano in complessivi Ä 3.000,00= oltre IVA e CPA, come per legge;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autoritý amministrativa.
CosÏ deciso in Roma, addÏ 22 marzo 2005, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:
Raffaele CARBONI PRESIDENTE
Giuseppe FARINA CONSIGLIERE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Est. CONSIGLIERE
Paolo BONVINO CONSIGLIERE
Goffredo ZACCARDI CONSIGLIERE
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Chiarenza Millemaggi Cogliani F.to Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
F.to Antonietta Fancello
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13 settembre 2005
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio Natale