Conti correnti, l’Antitrust: spese troppo alte
Le nuove commissioni bancarie sono ben più costose della vecchio odioso
costo del massimo scoperto. Insomma, il danno è servito per i clienti
delle banche. A lanciare l’allarme è l’Antitrust in una segnalazione
inviata al governo, al Parlamento e alla Banca d’Italia, al termine di
un accurato monitoraggio. Un’indagine effettuata sulle condizioni alla
clientela applicate da sette istituti bancari, valide anche per le
banche dei rispettivi gruppi, che può considerarsi rappresentativa
dell’intero sistema bancario, visto che ha coinvolto tutti i maggiori
operatori del settore. Il risultato è chiaro: per gli scoperti
transitori di conto corrente si è verificato un innalzamento dei costi
per i correntisti. Ma le banche non ci stanno e rispediscono le accuse
al mittente: «Chiediamo un confronto con l’Antitrust», fa sapere l’Abi,
«per conoscere nel dettaglio l’analisi svolta». Perché l’Associazione
bancaria ha più di una «perplessità sul metodo e sul merito»
dell’indagine. In attesa del confronto, rimane agli atti che, secondo
l’Antitrust, per chi va in rosso sul conto i costi sono aumentati fino
a picchi di 15 volte rispetto alla vecchia commissione di massimo
scoperto. «In particolare – scrive nel dettaglio l’Autorità garante per
la concorrenza e il mercato – per lo scoperto è emerso che,
considerando importi e durate del rosso rappresentativi di un
comportamento medio dei correntisti privi di fido, le nuove condizioni
si presentano in cinque casi peggiorative, da circa il doppio sino a
quindici volte. In un sesto caso, invece, le condizioni sono risultate
equivalenti a quelle vigenti con il precedente regime normativo, e solo
in un caso sono più vantaggiose». Per i clienti che possono contare
invece sul fido la situazione ha subito un sostanziale peggioramento
rispetto all’applicazione della commissione di massimo scoperto «fino
all’entrata in vigore della legge del 3 agosto 2009». Legge in base
alla quale «l’ammontare del corrispettivo omnicomprensivo per il
servizio di messa a disposizione delle somme non può superare lo 0,50%,
per trimestre dell’importo dell’affidamento, a pena di nullità del
patto di remunerazione». La modifica, sottolinea l’Antitrust, ha così
ridotto le precedenti aliquote trimestrali variabili dallo 0,90%
all’1,50% trimestrale, oppure aliquote annue ricomprese tra il 3,60% e
il 6%. Si trattava di aliquote che, secondo le verifiche effettuate,
risultavano sempre peggiorative della commissione di massimo scoperto
quando gli utilizzi delle somme avvenivano entro il fido e più
vantaggiose solo quando si verificava uno sconfinamento rispetto alla
somma affidata, penalizzando così i clienti virtuosi. Le nuove
commissioni, evidenzia ancora l’Antitrust, avevano inoltre una
struttura regressiva, risultando più penalizzanti per i clienti che
avevano un fido minore. Con la legge dello scorso agosto, invece, le
nuove commissioni sono diventate più vantaggiose, ma solo a partire da
un ammontare di utilizzo del fido superiore circa alla metà. Insomma,
dall’abolizione del massimo scoperto non sembrano arrivati i tanto
sospirati risparmi. E le associazioni dei consumatori sono già sul
piede di guerra. Adusbef e Federconsumatori avvieranno class action
contro banche.