Conto corrente bancario – clausole anatocistiche – nullità – sussistenza [art. 1283 c.c.]
Sono nulle le clausole anatocistiche, perché basate su un uso negoziale, anziché normativo. (1) (2)
(1) Sulla legittimità, in taluni casi, degli interessi anatocistici, si veda Corte Costituzionale 341/2007.
(2) Sulla Class Action, si veda il recente eBook di Tanza-Cafaro, La Class Action Italiana, Strumenti di Tutela, Altalex eBook, 2008.
(Fonte: Altalex Massimario 13/2008. Cfr. nota di Cristina Ravera)
Corte di Appello
Roma
Sezione II
Sentenza 8 novembre 2007
Svolgimento del processo
Con atto di citazione dinanzi a questa Corte, notificato il 30 giugno 2001, F., S., M.D. e G.F. hanno interposto appello avverso la sentenza resa il 20 marzo dell’anno precedente dal Tribunale di Roma e di rigetto dell’opposizione del decreto ingiuntivo emesso dal Presidente di quello stesso Tribunale il 25 settembre 1998, su ricorso di C. spa e con il quale, stanti le rispettive qualità di titolare di un conto corrente di corrispondenza e di costituiti fideiussori, agli odierni appellanti era stato ingiunto il pagamento della somma di Lire 66.371.108, oltre interessi e spese monitorie.
A sostegno dell’appello, innanzi tutto, è stato sostenuto che il Tribunale non avrebbe dovuto ricavate l’effettiva pattuizione degli interessi legali ingiunti dalla scrittura del 10 ottobre 1994, perché non depositata a corredo del ricorso introduttivo; detto documento, sempre a parere degli appellanti, ad ogni modo non avrebbe potuto costituire la misura degli interessi precedentemente maturati. Quali ulteriori motivi di doglianza, inoltre, sono state contestate la mancata capitalizzazione trimestrale dei suddetti interessi, l’inidoneità del saldaconto a costituire idonea prova scritta per l’emissione del decreto, la non operatività della garanzia fideiussoria, non essendo stato “quantificato nell’esattezza il credito della Banca convenuta verso il garantito”, e, comunque, la contrarietà a buona fede del comportamento della medesima C. nei confronti dei fideiussori, non debitamente informati del sopravvenuto aggravamento del rischio che il debitore principale non onorasse gli impegni assunti.
Previo l’espletamento di una consulenza tecnico contabile e sulle conclusioni riportate in epigrafe, infine, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Preliminarmente va preso atto della contumacia dell’appellata C., della quale non risultano mai prodotte la procura alle liti e della comparsa di costituzione e risposta, quali viceversa richieste dall’art. 167 cpc per la costituzione in giudizio della parte (ex pl. Cass. 3586/06).
Quanto al merito, non ha fondamento l’assunto degli appellanti circa il divieto, per il giudice dell’opposizione, di esaminare documenti ulteriori e diversi da quelli già depositati a sostegno del ricorso monitorio. A questo proposito, infatti, è sufficiente rammentare che l’opposizione di cui all’art. 645 cpc, anziché un’impugnazione del decreto ingiuntivo, volta a farne valere vizi ovvero originarie ragioni d’invalidità, da luogo a un ordinario giudizio di cognizione di merito, finalizzato all’accertamento dell’esistenza del diritto di credito fatto valere con il ricorso ex art. 633 e 638 cpc, sicché la sentenza che decide il giudizio deve accogliere la domanda del creditore istante, rigettando conseguentemente l’opposizione, qualora riscontri che i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non esistenti al momento della proposizione del ricorso, sussistono tuttavia in quello successivo della decisione (ex pl. Cass. 2573/02; 5844/06). Conformemente a quanto già rilevato dal Tribunale nella sentenza gravata, quindi, le suesposte considerazioni importano la conclusione che la scrittura del 10 ottobre 1994, in effetti, integri appieno il requisito della forma scritta ad substantiam richiesta dall’art. 1284 terzo comma c.c. e, quindi, si da comprovare la conformità al dovuto degli interessi ingiunti. Ad una diversa conclusione, del resto, nemmeno sarebbe lecito pervenire in ragione del fatto che il conto corrente 5069/9, uno dei due per cui è ingiunzione, figura aperto già il 14 giugno 1982, posto difatti che non risulta dedotta, e tanto meno dimostrata, l’insorgenza di un’esposizione debitoria precedenti le pattuizioni di cui alla ridetta scrittura del 10 ottobre 1994 e, quindi, che gli interessi passivi siano stati richiesti con decorrenza anteriore.
L’appello, al contrario, merita accoglimento in tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi; a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 425/00 e che ha dichiarato illegittimo, per violazione dell’art. 76 Cost., l’art. 25 comma terzo, D.Lgs. n. 342/99, il quale aveva fatto salva la validità e l’efficacia – fino all’entrata in vigore della delibera CICR di cui al comma secondo del medesimo art. 25 – delle clausole anatocistiche stipulate in precedenza, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo tali clausole sono disciplinate dalla normativa anteriormente in vigore e, quindi, sono da considerarsi mille, in quanto stipulate in violazione dell’art. 1283 cc, perché basate su un uso negoziale, anziché normativo (Cass. 4092/05; 10599/06).
Ebbene, alla stregua dell’espletata consulenza tecnico contabile, non suscettiva di censure di ordine sia logico che giuridico e che, quindi, la Corte ritiene di fare propria, i saldi dei conti correnti nn. (omissis), all’atto della chiusura sopravvenuta il 3 aprile 1998, figuravano rispettivamente a debito per Lire 66.073.988 ed a credito di Lire 1.873.999 al lordo della capitalizzazione annuale, anziché trimestrale, e con l’esclusione degli interessi superiori al c.d. tasso soglia, per il periodo successivo all’entrata in vigore della L. 108/96.
Quanto ai restanti motivi di appello, invece, è dato ritenere, a tacer d’altro, che gli appellanti, limitatisi in proposito ad una riproposizione meramente assertiva delle loro tesi, non abbiano dunque assolto all’onere della specificità facente loro carico ex art. 342 cpc; a tale proposito, infatti, occorre rammentare la necessità che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime, ragion per cui alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. A questo fine, poi, nemmeno e1 sufficiente che l’individuazione delle censure sia consentita anche indirettamente dal complesso delle argomentazioni svolte a sostegno dei motivi di appello, dovendosi considerare integrato in sufficiente grado l’onere di specificità dei motivi di impugnazione, pur valutato in correlazione con il tenore della motivazione della sentenza impugnata, quando alle argomentazioni in essa esposte siano contrapposte quelle dell’appellante, di guisa da inficiarne il fondamento logico giuridico, come nel caso in cui lo svolgimento dei motivi sia compiuto in termini incompatibili con la complessiva argomentazione della sentenza (ex pl. Cass. 2487/05; 5445/06).
In conclusione e previa la revoca del decreto opposto, dunque, gli appellanti sono tenuti per la minor sorte di cui al dispositivo, oltre agli interessi nella misura ingiunta e salva la loro capitalizzazione annuale.
In ragione della parziale soccombenza, le spese di lite del presente grado vanno dichiarate non ripetibili.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunziando sull’appello di G.F., S., M. e F.D. avverso la sentenza resa il 20 marzo 2000 dal Tribunale Ordinario di Roma, nella causa promossa dai medesimi appellati nei confronti di C. spa: dichiara contumace quest’ultima; revoca il decreto opposto; condanna gli appellanti al pagamento, in favore di C. spa, della somma di Euro 33.156,52 oltre agli interessi ultralegali come ingiunti e previa la loro capitalizzazione annuale; dichiara non ripetibili le spese di lite del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2007.
Depositata in Cancelleria l’8 novembre 2007.