Contributi solo per chi lavora nell’impresa familiare in modo regolare e costante
Ad un imprenditore veniva notificata dall’INPS una cartella esattoriale con il quale gli veniva intimato il pagamento dei contributi per il lavoro dei collaboratori della sua impresa familiare costituita da un esercizio commerciale per la rivendita al minuto di articoli sportivi, da caccia e da pesca. Egli si opponeva a suddetta cartella affermando che l’attività oggetto di ispezione da parte dell’INPS non poteva considerarsi come attività lavorativa rientrante nell’ambito di una impresa familiare.
Il Giudice di primo grado – adito sulla questione – accoglieva la tesi difensiva, mentre, il giudice di appello riformava la decisione considerando dovuti i contributi previdenziali richieste dall’Ente.
L’imprenditore ricorreva in Cassazione contro tale decisione.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte – con la sentenza n. 13580 del 30 maggio 2013 – ha precisato che per laqualificazione del rapporto di lavoro nell’impresa familiare vanno considerati i seguenti elementi:
- il “nomen iuris” dato al rapporto dalle parti;
- lo svolgimento di un’attività lavorativa continua (non saltuaria ma regolare e costante);
- l’accrescimento della produttività dell’impresa (necessario per determinare la quota di partecipazione agli utili e agli incrementi);
Per quanto attiene, in particolare, l’insorgenza dell’obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciale, la Corte ha poi affermato che è richiesta l’abitualità e la prevalenza della partecipazione a tale lavoro con carattere continuativo e non occasionale.
Nel caso di specie tali elementi non erano stati sufficientemente provati in sede di accertamento, pertanto, i Giudici di legittimità hanno accolto il ricorso e cassato la sentenza.
Fonte: www.fiscopiu.it