Corte condanna Italia per denominazione ‘Cioccolato puro’
Anche il Parlamento europeo l’aveva approvata fra le polemiche, e sul voto si erano persino spaccati i Democratici di sinistra.
L’Italia, dopo le proteste dei consumatori e dei ‘puristi’ del cioccolato, aveva varato una normativa che prevedeva la dicitura ‘Cioccolato puro’ nelle denominazioni di vendita, o l’aggiunta di questa indicazione in altra parte dell’etichettatura dei prodotti che non contenevano grassi vegetali sostitutivi. La normativa prevede anche ammende da 3.000 a 8.000 euro in caso di violazione. La Commissione europea, ritenendo che il consumatore è informato sufficientemente sulla presenza o meno nel cioccolato di grassi vegetali sostitutivi mediante la lista degli ingredienti, e che fosse sproporzionato e contrario alla direttiva l’impiego di una distinta denominazione di vendita, aveva deferito allora l’Italia alla Corte Ue, che oggi le ha dato ragione. Secondo la Corte, l’aggiunta di grassi sostitutivi a prodotti di cacao e di cioccolato che rispettano i contenuti minimi previsti dalla normativa Ue non può produrre l’effetto di modificarne sostanzialmente la natura, al punto di trasformarli in prodotti diversi e, di conseguenza, non giustifica una distinzione delle loro denominazioni di vendita.