Corte Costituzionale Ordinanza n° 139 – Controversie relative ai contratti conclusi mediante moduli o formulari – 14.05.08
Giudizio di
legittimita’ costituzionale in via incidentale. Procedimento civile –
Procedimento davanti al giudice di pace – Controversie relative ai
contratti conclusi mediante moduli o formulari – Giudizio di equita’
nelle cause di valore non eccedente i millecento euro – Mancata
previsione – Denunciata violazione del principio di ragionevolezza
nonche’ incidenza sul regolare svolgimento dell’iniziativa economica
privata – Esclusione – Manifesta infondatezza della questione. – D.L. 8
febbraio 2003, n. 18 (convertito, con modificazioni, dalla legge 7
aprile 2003, n. 63), art. 1, sostitutivo dell’art. 113, secondo comma,
cod. proc. civ. – Costituzione, artt. 3 e 41. (GU n. 22 del 21-5-2008 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria
FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano
SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo
Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente Ordinanza
nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 1 del
decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia
di giudizio necessario secondo equita), convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 aprile 2003, n. 63, sostitutivo dell’art. 113, secondo
comma, del codice di procedura civile, promosso dal Giudice di pace di
Mercato San Severino, nel procedimento civile vertente tra C. A. e
l’ENEL Distribuzione s.p.a., con ordinanza del 4 novembre 2006,
iscritta al n. 505 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, 1ª serie speciale, dell’anno
2007;
Visti l’atto di costituzione di C. A. nonche’ l’atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell’udienza pubblica del
15 aprile 2008 il giudice relatore Francesco Amirante;
Uditi gli avvocati Roberto Napolitano e Giuseppe Di Geronimo per C. A.
e l’avvocato dello Stato Gianna Maria De Socio per il Presidente del
Consiglio dei ministri. Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile –
instaurato da un privato con atto di citazione notificato il 15 giugno
2006 nei confronti dell’ENEL Distribuzione s.p.a. per ottenere il
risarcimento del danno (quantificato in euro 1.033) asseritamente
subito per effetto dell’interruzione nell’erogazione dell’energia
elettrica – il Giudice di pace di Mercato San Severino ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 1 del decreto-legge 8 febbraio
2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario
secondo equita), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile
2003, n. 63;
che il remittente, dopo aver ricordato che la disposizione censurata ha
modificato l’art. 113, secondo comma, del codice di procedura civile
nel senso di vietare la decisione secondo equita’ delle cause aventi ad
oggetto i cosiddetti contratti di massa anche se di valore inferiore a
millecento euro, afferma, quanto alla rilevanza della questione, che
dal relativo esame dipende la modalita’ di decisione – secondo diritto
ovvero secondo equita’ – del giudizio in oggetto;
che, quanto al merito della questione, il giudice a quo ritiene, in
primo luogo, che la norma di cui si tratta sia in contrasto con il
«principio di ragionevolezza delle leggi», per essere del tutto
inidonea a raggiungere lo scopo, perseguito dal legislatore (ed
enunciato nel preambolo del d.l. n. 18 del 2003), di evitare
difformita’ di pronunce riferite ad identiche tipologie contrattuali,
visto che nel nostro ordinamento vige il principio della non
vincolativita’ dei precedenti giurisprudenziali, principio non
modificato dal decreto-legge in oggetto e non suscettibile di deroghe;
che la disposizione stessa violerebbe, altresi’, l’art. 41 Cost., in
quanto, rendendo comunque appellabili le sentenze dei giudici di pace,
finirebbe per agevolare troppo la parte contrattuale forte la quale,
date le sue maggiori disponibilita’ economiche, avrebbe piu’
possibilita’ di proporre impugnazione e cio’ rappresenterebbe un
ostacolo alla stipulazione dei contratti di massa da parte dei
contraenti deboli;
che e’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
concludendo per la inammissibilita’ o la manifesta infondatezza della
questione;
che si e’ costituito in giudizio il ricorrente nel giudizio principale,
chiedendo, anche in una memoria depositata in prossimita’ dell’udienza,
l’accoglimento della questione, in sostanziale adesione agli argomenti
esposti dal remittente. Considerato che la Corte e’ chiamata a
giudicare, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, della
legittimita’ costituzionale dell’art. 1 del decreto-legge 8 febbraio
2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario
secondo equita), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile
2003, n. 63, nella parte in cui, sostituendo l’art. 113, secondo comma,
del codice di procedura civile, esclude che il giudice di pace decida
secondo equita’ le cause «derivanti da rapporti giuridici relativi a
contratti conclusi secondo le modalita’ di cui all’art. 1342 del codice
civile»; che la questione e’ stata sollevata dal giudice di pace di
Mercato San Severino, il quale e’ stato adito, con citazione notificata
il 15 giugno 2006, da un utente di energia elettrica in base ad un
contratto stipulato su formulario con l’ENEL, per ottenerne la condanna
al risarcimento dei danni nella misura di 1.033 euro per un’illegittima
sospensione della fornitura;
che, secondo il remittente, la norma e’ irragionevole, e quindi
contrastante con l’art. 3 Cost., in quanto la finalita’ – indicata nel
preambolo del d.l. n. 18 del 2003 – di ottenere uniformita’ di giudizi
nelle controversie aventi ad oggetto rapporti derivanti dai cosiddetti
contratti di massa non potrebbe essere raggiunta in un sistema, come
quello italiano, non improntato alla vincolativita’ dei precedenti
giurisprudenziali; che, inoltre, ad avviso del giudice a quo, la
disposizione censurata, obbligando il giudice a decidere la
controversia secondo diritto e rendendo cosi’ sempre appellabile la
relativa sentenza, agevolerebbe troppo il contraente forte che ha
maggiori possibilita’ di proporre impugnazione e, quindi, creerebbe un
ostacolo alla stipulazione dei contratti di massa da parte degli
utenti, limitandone il libero svolgimento dell’attivita’ economica e,
in particolare, contrattuale, garantito dall’art. 41 della
Costituzione;
che la questione e’ manifestamente infondata sotto tutti i profili prospettati;
che una disposizione di legge non e’ irragionevole se, proponendosi una
determinata finalita’, predisponga strumenti che ne garantiscono
soltanto un raggiungimento parziale;
che, indubbiamente, se lo scopo cui e’ preordinata la norma censurata
consiste nell’assicurare decisioni delle cause aventi ad oggetto
rapporti nascenti da contratti conclusi mediante moduli o formulari tra
di loro non discordanti per i criteri che le informano, tale scopo puo’
essere piu’ adeguatamente soddisfatto se le suddette controversie
vengono risolte secondo i criteri generali ed astratti previsti dalle
leggi, anziche’ alla stregua delle particolari circostanze soggettive
ed oggettive di ogni singolo rapporto;
che, a tal fine, nella tradizione della disciplina processuale
italiana, e’ predisposta la funzione nomofilattica della Corte di
cassazione la quale, anche dopo la decisione di questa Corte n. 206 del
2004, ha maggiore ampiezza di incidenza nelle impugnazioni di sentenze
decise secondo diritto rispetto a quelle proposte contro decisioni
prese secondo equita’;
che parimenti non fondato – a voler trascurare ogni considerazione
sulla tempestivita’ della censura e sulla sua pertinenza in un giudizio
in cui non risultano contestate le modalita’ di stipulazione del
contratto da parte dell’utente – e’ il profilo di illegittimita’
prospettato con riguardo all’art. 41 Cost.;
che mentre, infatti, l’applicazione della legge tutela i soggetti piu’
deboli, la previsione di un grado in piu’ di giudizio di merito non
lede, di per se’, gli interessi di questi, i quali, ricorrendone le
condizioni, possono avvalersi del gratuito patrocinio;
che, inoltre, le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo
equita’, per effetto della sostituzione del terzo comma dell’art. 339
cod. proc. civ. disposta dall’art. 1 del decreto legislativo 2 febbraio
2006, n. 40 (applicabile anche nella specie), sono soggette ad appello
«per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme
costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della
materia».
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 1 del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18
(Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo
equita), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2003, n.
63, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 41 della Costituzione,
dal Giudice di pace di Mercato San Severino, con l’ordinanza indicata
in epigrafe. Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2008.
Il Presidente: Bile
Il redattore: Amirante
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 14 maggio 2008.
Il direttore della cancelleria: Di Paola