Corte di Cassazione n° 10651/08 – viaggi “tutto compreso” – responsabilità del tour operetor – 24.04.08
La Corte di
Cassazione, nella sentenza in esame, rigettando il ricorso presentato
da un tour operetor, ha confermato la sentenza di accoglimento emessa
in primo grado dal Giudice di Pace di Roma e ribadita in appello dal
Tribunale, in materia di viaggi cd. “tutto compreso” e risarcimento del
“danno da vacanza rovinata”. La Suprema Corte ha, tra l’altro,
affrontato la problematica relativa all’esonero del professionista
dalla responsabilità, nel caso in cui la mancata o inesatta esecuzione
del contratto è imputabile al consumatore ovvero dipende da fatto
imprevedibile o inevitabile del terzo o da forza maggiore o caso
fortuito.
CORTE DI CASSAZIONE
I Saz. Civile
– Sentenza n. 10651/2008
Svolgimento del processo
F.A. e C.G. agivano in giudizio nei confronti della s.p.a. “I Viaggi
del V. ” deducendo di aver acquistato un soggiorno “tutto compreso”
nell’isola di Djerba, in Tunisia, in un villaggio turistico “V. “.
La vacanza era stata compromessa dalle condizioni di impraticabilità
del mare durante tutto il loro soggiorno a causa dello scarico abusivo
compiuto da una petroliera.
Gli attori lamentavano la mancata adozione da parte del tour operator
di misure idonee a fornire loro servizi alternativi durante il
soggiorno e chiedevano di essere indennizzati per il danno loro
derivato a causa di tale comportamento della società convenuta.
Il Giudice
di Pace di Roma, con sentenza n. 647/00, accoglieva la domanda
liquidando, in favore degli attori, il danno nella complessiva somma
per entrambi di L. 1.400.000, pari alla metà del costo della vacanza.
Proponeva
appello la società “I Viaggi del V. ” e il Tribunale di Roma, con
sentenza n. 548 9/03, confermava la decisione del Giudice di pace.
Il
Tribunale, dopo aver rilevato che il contratto intercorso fra le parti
aveva avuto ad oggetto un soggiorno nel villaggio balneare di Djerba
della V. secondo la formula del pacchetto turistico “tutto compreso”
(c.d. package tour) e che le condizioni del mare furono durante il
soggiorno compromesse in modo gravissimo dallo scarico abusivo di una
petroliera al largo della costa tunisina, affermava che le condizioni
di impraticabilità del mare avevano comportato l’impossibilità per
l’organizzatore del viaggio di fornire una parte importante della
prestazione.
Riteneva infatti il giudice dell’appello che il soggiorno aveva perso
di utilità a causa delle condizioni di impraticabilità del mare e,
conseguentemente, applicava il D.Lgs. n. 111 del 1995, art. 12, comma
4, che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva comunitaria
n. 314/1990/CEE. Secondo tale disposizione normativa, nel caso in cui,
dopo la partenza, una parte dei servizi previsti dal contratto di
viaggio “tutto compreso” non può essere effettuata, l’organizzatore è
tenuto a predisporre adeguate soluzioni alternative per la prosecuzione
del viaggio programmato oppure a rimborsare il consumatore nei limiti
della differenza fra le prestazioni originariamente previste e quelle
effettuate, salvo il risarcimento del danno.
Nella specie il Tribunale ha riscontrato che l’operatore turistico non
aveva adempiuto all’obbligo di attivarsi per offrire al cliente
soluzioni alternative nè aveva offerto una parziale restituzione del
prezzo.
Contro la sentenza del Tribunale di Roma ricorre per cassazione con due motivi la spa I Viaggi del V. . Si difendono con controricorso e depositando memoria ex art. 378 c.p.c.. F.A. e C.G.. Motivi della decisione
In primo
luogo va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, ex artt.
365 e 83 c.p.c., proposta da parte dei controricorrenti con riferimento
all’autentica della procura effettuata da un avvocato non
cassazionista.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile sezione
2^ n. 23994 del 27 dicembre 2004, Rv. 578501) ha chiarito che la
mancata certificazione, da parte del difensore, dell’autografia della
firma da parte del ricorrente, apposta sulla procura speciale in calce
o a margine del ricorso per cassazione, costituisce mera irregolarità,
che non comporta la nullità della procura “ad litem”, sia perchè tale
nullità non è comminata dalla legge, sia perchè detta formalità non
incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo
dell’atto, individuabile nella formazione del rapporto processuale
attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato, salvo
che la controparte non contesti, con valide e specifiche ragioni e
prove, l’autografia della firma non autenticata.
Con il primo
motivo di ricorso la società “I viaggi del V. ” lamenta la mancata
applicazione del D.Lgs. n. 111 del 1995, art. 17, che prevede l’esonero
del professionista dalla responsabilità di cui agli artt. 15 e 16 del
decreto, nel caso in cui la mancata o inesatta esecuzione del contratto
è imputabile al consumatore ovvero dipende da fatto imprevedibile o
inevitabile del terzo o da forza maggiore o caso fortuito. Peraltro
nella specie la ricorrente contesta che vi sia stata esecuzione
parziale del contratto dato che i signori C. e F. hanno usufruito
comunque, oltre al viaggio, dell’alloggio, del vitto e dei servizi
accessori.
Con il
secondo motivo di ricorso si lamenta l’omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione e si rileva in particolare che la sentenza
impugnata si contraddice laddove pur riconoscendo il carattere
eccezionale ed imprevedibile dell’evento non ne trae le logiche
conseguenze. Per altro verso rileva la ricorrente che non sono state
valutate le circostanze per cui i sigg.ri C. e F. non hanno presentato
nel corso del soggiorno alcuna lamentela e sono stati i soli clienti
che, relativamente al periodo in questione, hanno proposto un’azione
risarcitoria.
I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione logica e giuridica. Come
è stato messo in evidenza, sia in dottrina che in giurisprudenza, il
viaggio tutto compreso (noto anche come travel package o pacchetto
turistico) costituisce un nuovo tipo contrattuale nel quale la
“finalità turistica” (o, con espressione più generale, lo “scopo di
piacere”) non è un motivo irrilevante ma si sostanzia nell’interesse
che lo stesso è funzionalmente volto a soddisfare, connotandone la
causa concreta e determinando, perciò, l’essenzialità di tutte le
attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente
fine del godimento della vacanza per come essa viene proposta
dall’organizzatore del viaggio (c.d. tour operator) e accettata
dall’utente (si veda in particolare Cassazione civile sezione 3^, n.
16315 del 24 febbraio 2001, Rv. 598453).
Si è parlato nella letteratura di commercializzazione in sé della
vacanza, esprimendo, in tal modo, il rilievo causale che assume il bene
immateriale della vacanza definita dall’insieme degli elementi che
consentono all’utente di godere di un periodo di riposo e di svago
orientato su una precisa formula proposta dall’organizzatore del
viaggio.
A tale
ricostruzione della causa contrattuale si è pervenuti in considerazione
della ratio della disciplina normativa di origine comunitaria
(direttiva CEE/90/314) che è fortemente improntata dalle finalità di
tutelare il diritto del consumatore a fruire effettivamente della
vacanza offerta sul mercato dall’operatore turistico e di consentirgli
la facoltà di recedere dal contratto nel caso in cui la fruizione dei
servizi caratterizzanti l’offerta si rendano indisponibili sia prima
che dopo lai partenza. Per altro verso la disciplina di recepimento
della direttiva comunitaria, attualmente trasposta nel codice del
consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, artt. da 82 a 100), assicura
agli imprenditori la possibilità di perseguire la conservazione del
contratto mediante offerte alternative e ai consumatori l’opportunità
di non subire o ridurre il danno derivante dalla mancata o inesatta
esecuzione della prestazione che costituisce nel suo complesso il
pacchetto turistico.
Di
particolare rilievo, sotto questo profilo, quanto previsto dall’art. 91
del codice del consumo per l’ipotesi in cui, dopo la partenza, una
parte essenziale dei servizi previsti dal contratto non può essere
fornita. In tale ipotesi dell’art. 91, comma 4, prevede che
l’organizzatore predispone adeguate soluzioni alternative per la
prosecuzione del viaggio programmato, non comportanti oneri di
qualsiasi tipo a carico del consumatore, oppure rimborsa quest’ultimo
nei limiti della differenza tra le prestazioni originariamente previste
e quelle effettuate, salvo il risarcimento del danno. Il comma
successivo prevede poi che, se non è possibile alcuna soluzione
alternativa o il consumatore non l’accetta per un giustificato motivo,
l’organizzatore gli mette a disposizione un mezzo di trasporto
equivalente per il ritorno al luogo di partenza o ad altro luogo
convenuto e gli restituisce la differenza fra il costo delle
prestazioni previste e quello delle prestazioni effettuate fino al
momento del rientro anticipato.
La
controversia in esame pone alcuni problemi interpretativi concernenti
specificamente le disposizioni citate contenute nell’art. 91. In primo
luogo va chiarita con riferimento a tale disposizione l’estensione del
concetto di servizi che costituiscono una parte essenziale della
prestazione turistica a carico dell’organizzatore di viaggi. In secondo
luogo ci si deve chiedere se il comportamento, cui l’imprenditore è
tenuto in base alla norma in discussione, presupponga che
l’impossibilità di fornire, dopo la partenza, i servizi costituenti
parte essenziale della prestazione derivi solo da fatto ascrivibile
all’imprenditore stesso. Infine deve valutarsi se l’imprenditore sia
esente dall’osservanza delle prescrizioni della norma in esame qualora
l’impossibilità di fornire i servizi derivi da caso fortuito, forza
maggiore o fatto ascrivibile a un terzo che abbia i requisiti
dell’imprevedibilità e inevitabilità.
Quanto al
primo punto deve rilevarsi che il Tribunale ha correttamente posto la
questione interpretativa che caratterizza la presente controversia
rilevando che sebbene la fruizione del mare e della spiaggia non possa
essere considerata in senso stretto un servizio turistico tuttavia è
evidente che essa costituisce il presupposto di utilità del pacchetto
turistico. Da questa logica considerazione deriva che è eccessivamente
restrittiva una lettura dell’espressione servizi come prestazioni
direttamente dipendenti dall’attività e dalla struttura imprenditoriale
dell’organizzatore del viaggio. In ogni caso è eccessivamente
restrittivo, se si tiene conto della descritta ratio ispiratrice della
direttiva comunitaria, un campo di applicazione dell’art. 12 del
decreto legislativo, e attualmente dell’art. 91 del codice del consumo,
limitato alle sole ipotesi in cui l’esecuzione del contratto è impedita
o fortemente pregiudicata da fattori che rientrino nel potere di
controllo del tour operator. Se, per esempio, si considera l’ipotesi di
un viaggio organizzato è evidente ritenere che il venir meno di una
linea di trasporto pubblico che avrebbe dovuto consentire di
raggiungere una certa località costituirà, oggettivamente, il venir
meno di un servizio essenziale per il programmato svolgimento del
viaggio cui l’organizzatore dovrà comunque supplire, ad esempio, con il
ricorso a mezzi di trasporto propri o privati.
Deve
ritenersi quindi logica e coerente alla ratio della direttiva
comunitaria una interpretazione che renda applicabile la norma anche
quando a venir meno non sono i servizi riconducibili all’attività del
tour operator ma piuttosto i presupposti estrinseci della vacanza che
rendono rilevanti e utili i servizi offerti dal tour operator.
Il metro di valutazione per l’applicazione della norma deve essere
quindi quello dell’utente dei servizi che ha diritto a fruire
attraverso di essi a quelle utilità tipiche del soggiorno, della
vacanza o del viaggio che il tour operator ha posto sul mercato. In
queste utilità rientrano ad esempio le possibilità di accesso alle
attrattive ambientali, artistiche o storiche che sono alla base della
scelta da parte del turista di acquistare quello specifico pacchetto
turistico sicchè la impossibilità di accedere ad esse costituisce il
venir meno di un presupposto essenziale di utilizzazione del servizio
che l’organizzazione e la struttura ricettiva dell’organizzatore del
viaggio mettono a disposizione del consumatore.
Nella specie
sembra rispondente a tale interpretazione riconnettere alla fruibilità
di un mare di particolare bellezza e attrattività come quello
dell’isola di Djerba il carattere di presupposto essenziale del
servizio tale da costituire una parte essenziale della prestazione
turistica perchè strettamente connesso all’ubicazione e al richiamo
commerciale del villaggio presso cui era programmato il soggiorno.
Sotto questo aspetto la motivazione del giudice di merito appare dunque
congrua e conforme a una lettura della norma che tenga conto di quella
rilevanza causale che la vacanza assume nel c.d. travel package. Senza
che sia possibile attribuire alcun vizio, di insufficienza o
incongruenza, alla motivazione che non ha tenuto conto né dei mancati
reclami immediati degli odierni controricorrenti, né della mancata
proposizione di azioni giudiziali da parte degli altri soggiornanti.
Il disposto dell’art. 91 del codice del consumo non autorizza certo a
prefigurare una sorta di acquiescenza del consumatore alla mancata
attivazione dell’organizzatore tale da giustificarla e renderla non
sanzionabile.
La risposta
al primo quesito che ci si è posti rende più agevole quelle ai due
quesiti successivi. Infatti tali risposte sono coerenti alla prima se
si ha come punto di orientamento nell’interpretazione della disciplina
comunitaria la sua funzione ispiratrice primaria. Quella di tutelare il
godimento di un bene (la vacanza) che riveste un particolare valore
esistenziale nella vita delle persone che dedicano la maggior parte del
loro tempo al lavoro. Sicché il legislatore è intervenuto per garantire
la corrispondenza fra aspettativa di svago, riposo, evasione,
apprendimento che una vacanza può fornire e offerta commerciale
proveniente dal tour operator. Ovviamente quest’ultimo non potrà
garantire, per esempio, la soddisfazione spirituale o estetica che il
consumatore si era prefigurato di trarre da quella vacanza ma sarà
tenuto a garantire i servizi che almeno teoricamente possono attribuire
quel piacere del viaggio o del soggiorno che il consumatore ha
percepito come il valore specifico e determinante dell’offerta
commerciale dell’organizzatore e, per quanto si è detto in precedenza,
sarà tenuto ad adoperarsi quando il presupposto di utilizzabilità dei
servizi sia venuto a mancare. In
questa prospettiva non vi è alcuna ragione, né alcuna ragione testuale
in particolare, per ritenere che gli obblighi di predisporre adeguate
soluzioni alternative per la prosecuzione del viaggio programmato (non
comportanti oneri di qualsiasi tipo a carico del consumatore), oppure
di rimborsare quest’ultimo nei limiti della differenza tra le
prestazioni originariamente previste e quelle effettuate, non
sussistano nel caso in cui i servizi previsti non siano fruibili per
fatto non imputabile al tour operator. Quest’ultimo assume infatti un
obbligazione di risultato (cfr.Cassazione Sez. 3^, Sentenza n. 21343
del 09/11/2004, Rv. 578572) con la stipulazione del contratto di
viaggio o soggiorno tutto compreso e di tale risultato è tenuto a
rispondere.
Il legislatore comunitario e nazionale hanno ovviamente limitato questa
responsabilità del tour operator per renderla compatibile con il
carattere economico della sua attività. In questa prospettiva opera già
l’opzione, prevista dell’art. 91 del codice del consumo, comma 4, fra
la offerta di servizi alternativi o quella del rimborso della
differenza fra prestazione originariamente prevista e prestazione
effettuata. In questa prospettiva va letto anche l’esonero di
responsabilità previsto dall’art. 96 del codice del consumo (che
riproduce il testo del D.Lgs. n. 111 del 1995, art. 17).
Tale esonero
di responsabilità non si riferisce però alla prestazione di servizi
alternativi o agli obblighi del tour operator (previsti dall’art. 91
per le ipotesi di modifiche delle condizioni contrattuali), come
pretenderebbe la società ricorrente, ma si riferisce invece alla
responsabilità per danni derivanti dall’inadempimento o dalla inesatta
esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto
turistico (responsabilità disciplinata dagli artt. 94 – 95 del codice
del consumo).
Ne risulta
quindi che la causa dell’inadempimento, o inesatto adempimento, delle
prestazioni previste nel pacchetto turistico resta indifferente, se si
ha riguardo agli obblighi e diritti derivanti dalla disciplina delle
modifiche delle condizioni contrattuali di cui all’art. 91 del codice
del consumo.
Al contrario il tour operator non sarà responsabile per i danni
ascrivibili all’inadempimento o inesatto adempimento qualora dimostri
la sussistenza delle condizioni per l’esonero di responsabilità
previsto dall’art. 96. Una
estensione della disciplina dell’esonero agli obblighi derivanti
dall’art. 91, deve invece escludersi oltre che per ragioni testuali
anche per l’evidente contrasto che si verificherebbe con la ratio della
disciplina comunitaria e con lo stesso principio fondamentale sancito
in questa materia dall’art. 38 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea che prevede come fine istituzionale dell’Unione un
elevato livello di tutela dei consumatori.
Tale elevato livello di tutela consiste proprio, nella specie,
nell’irrilevanza della causa del venir meno delle condizioni di
utilizzabilità dei servizi previsti nel contratto di soggiorno tutto
compreso e ciò al fine di impedire che eventi estranei alla
responsabilità del consumatore e del tour operator comportino l’esonero
di responsabilità di quest’ultimo per l’adempimento degli obblighi
derivanti dall’art. 91 del codice del consumo. Esonero che
comporterebbe una ripartizione del rischio per gli eventi esterni alle
specifiche prestazioni delle parti a totale carico del consumatore. Con
l’adempimento di tali obblighi il legislatore ha invece previsto una
serie di meccanismi che possono qualificarsi come strumenti di
riequilibrio della sinallagmaticità del contratto e di tutela
dell’effettività di una prestazione avente un rilevante valore
immateriale per il consumatore.
La finalità e l’operatività stessa di tali strumenti è quindi
intrinsecamente incompatibile con la valutazione della responsabilità
del tour operator per la causazione di quei fattori esterni che
comportano l’inutilizzabilità o la ridotta utilizzabilità dei suoi
servizi.
Il ricorso va pertanto respinto con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte: Rigetta
il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.100,00, di cui
Euro 100,00, per spese, con spese generali e accessori di legge.
Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2008