Corte di Cassazione n° 1957/09 – il parcheggiatore privato risponde del furto totale o parziale dell’auto custodita – 27.01.09
Il parcheggio di
un’auto in un piazzale gestito da una ditta privata dà luogo ad un
contratto atipico cui trova applicazione la disciplina normativa
dettata per il contratto di deposito oneroso, con conseguente
responsabilità del gestore nel caso di furto del veicolo, ben potendo
l’obbligo di custodia prescindere dalla presenza di persone addette
specificatamente a ricevere quella consegna e ad effettuare la connessa
sorveglianza e bastando all’uopo diverse ed equipollenti modalità,
quali appunto l’adozione di sistemi completamente automatizzati per la
procedura di ingresso e di uscita dei veicoli dal parcheggio mediante
schede magnetizzate. Inoltre, la Corte ha precisato che
l’esposizione di un cartello affisso all’ingresso del parcheggio, con
cui la ditta rappresenta di non rispondere del furto totale o parziale
delle auto, non esclude la responsabilità della stessa, trattandosi di
clausola di esclusione della responsabilità di carattere vessatorio, la
quale è inefficace ove non sia stata approvata specificamente per
iscritto.
CORTE DI CASSAZIONE
Sezione III civile Sentenza 27 gennaio 2009, n. 1957
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 31 ottobre 1997 la Uap Italiana s.p.a. (già
L’Abeille Compagnia Italiana di Assicurazioni s.p.a.), premesso che
ignoti avevano rubato l’autoveicolo Pajero, di proprietà di I.
Domenico, che era stato lasciato nel parcheggio gestito dall’A.T.M. –
Azienda Trasporti Municipali e che, essendo il veicolo assicurato
contro il furto con L’Abeille, questa il 24 marzo 1997 aveva versato
all’assicurato la somma di Lire 45.000.000, conveniva in giudizio
dinanzi al Pretore di Milano l’ATM chiedendo che la medesima venisse
condannata ex art. 1916 c.c. a pagarle la somma predetta, oltre
interessi legali e rivalutazione monetaria. Riassunta
la causa, non iscritta a ruolo, con atto notificato il 21 maggio 1998,
si costituiva l’ATM, contestando la fondatezza della domanda.
Il Tribunale
di Milano rigettava la domanda e, proposto appello avverso detta
sentenza da parte della Axa Assicurazioni s.p.a. (già Uap Italiana),
gravame resistito dall’ATM, la Corte d’appello di Milano con sentenza
depositata il 19 marzo 2004 condannava l’appellata a pagare
all’appellante la somma di Euro 23.240,56, oltre rivalutazione dal 24
marzo 1997 e gli interessi legali sulla somma stessa, rivalutata anno
per anno secondo gli indici Istat sul costo della vita, dal 24 marzo
1998 alla data della sentenza, nonché gli interessi legali sulla somma
finale rivalutata sino al saldo. Avverso
tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’ATM, con due motivi,
mentre l’Axa ha resistito al gravame con controricorso. L’ATM ha deposto in atti anche una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt.
1766 e ss. c.c. in relazione agli artt. 1571 c.c., 15 l. 122/1989 e 7,
comma 1, lett. f), d.lgs. 285/1992, la violazione dell’art. 1341, comma
2, c.c., nonché carente, illogica e contraddittoria motivazione su
punti essenziali della controversia, avendo la Corte di merito
erroneamente ritenuto che nella specie dovesse essere applicata la
normativa relativa al contratto atipico di parcheggio. Con
il secondo motivo lamenta invece omessa e/o insufficiente motivazione
in ordine ad un punto decisivo circa la prova dell’accadimento
materiale del fatto.
1. Il primo motivo è infondato.
Ed invero,
la Corte d’appello ha esposto, con motivazione assolutamente congrua ed
esente da vizi logici e giuridici, le ragioni per le quali ha ritenuto
che nel caso di specie si vertesse in tema di contratto atipico di
parcheggio e che ad esso si applicasse la disciplina di cui agli artt.
1766 ss. c.c. ed in particolare quella dettata per il deposito oneroso,
facendo riferimento alla circostanza che la consegna dell’autoveicolo
dell’I. al gestore era avvenuta con la sua immissione nell’area
recintata di Cascina Gobba previo superamento di una sbarra, che poteva
avvenire solo dopo il rilascio di una scheda magnetica da un apposito
dispositivo, mentre lo stesso conducente poteva uscire dopo aver
pagato, mediante l’introduzione, in altro apparecchio, della predetta
scheda, il corrispettivo dovuto e dopo l’immissione della stessa scheda
in una macchina per la conferma dell’eseguito pagamento.
La stessa
Corte ha altresì evidenziato la circostanza che dall’avviso affisso
prima dell’ingresso nell’area di parcheggio (riproducente l’estratto
del regolamento approvato dalla giunta comunale milanese con delibera
n. 1740 del 24 novembre 1993) risultava che l’ATM non rispondeva, tra
l’altro, per il furto totale o parziale del veicolo, ma ha giustamente
considerato tale limitazione di responsabilità affatto inefficace, in
quanto non approvata specificamente per iscritto ai sensi dell’art.
1341, secondo comma, c.c., dovendosi essa ritenere quale condizione
generale di contratto ed essendo il suddetto avviso assimilabile a
tutti gli effetti ad un’offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. (v. Cass.
civ., 15 novembre 2002, n. 16079). Anche
sull’elemento essenziale per la configurabilità del contratto atipico
di parcheggio come assimilabile, quanto alla disciplina giuridica
applicabile, al deposito, e cioè l’obbligo di custodia da parte del
depositario (art. 1766 c.c.), giustamente la Corte di merito ha
rilevato come non sia affatto necessario l’affidamento del veicolo ad
una persona fisica, poiché la consegna può materialmente realizzarsi
attraverso la sua immissione nell’area a ciò predisposta, previo
perfezionamento del contratto mediante introduzione di monete
nell’apposito meccanismo, ben potendo l’obbligo di custodia prescindere
dalla presenza di persone addette specificatamente a ricevere quella
consegna e ad effettuare la connessa sorveglianza e bastando all’uopo
diverse ed equipollenti modalità, quali appunto l’adozione di sistemi
completamente automatizzati per la procedura di ingresso e di uscita
dei veicoli dal parcheggio mediante schede magnetizzate.
Va ancora
aggiunto, per completezza di motivazione, che la Corte territoriale,
contrariamente a quanto eccepito dalla ricorrente, non ha trascurato,
nel corso dello svolgimento dell’iter logico-argomentativo in ordine
alla qualificazione giuridica del contratto di parcheggio, di prendere
in considerazione il contenuto dell’art. 7, comma 1, lett. f), del
d.lgs. n. 285/1992.
Risulta,
infatti, dall’esame della sentenza impugnata (v. pagg. 8-9), che la
Corte di merito ha motivatamente escluso l’applicabilità nel caso di
specie della norma suddetta, atteso che quest’ultima riguarda la
destinazione di zone cittadine a parcheggio con dispositivi di
controllo della durata della sosta a pagamento, e cioè in sostanza la
sola sosta dei veicoli nella pubblica via, mentre nella specie si è
trattato di parcheggio entro un’area recintata, al cui ingresso
risultava apposto l’avviso sopra menzionato mediante il quale il
gestore del parcheggio stesso effettuava un’offerta al pubblico ai
sensi dell’art. 1336 c.c.
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Quello introdotto con il presente motivo risulta, infatti, un tema di
contestazione che non aveva mai formato oggetto di dibattito tra le
parti nell’ambito dei giudizi di merito, per cui ne resta precluso
l’esame per la prima volta nel giudizio di legittimità. Si
aggiunga che il motivo difetta inoltre del requisito di
autosufficienza, in quanto incombeva comunque alla ricorrente,
trattandosi di questione giuridica (assolvimento dell’onere probatorio
ex art. 2697 c.c.) che implica un accertamento di fatto in ordine alla
sussistenza o meno del furto dell’auto in danno dell’I., l’onere non
solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione stessa dinanzi al
giudice di merito, ma anche di specificare in quale atto del giudizio
precedente lo abbia fatto, in modo tale da consentire a questa Corte di
controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di
esaminare nel merito tale questione (v. Cass. civ., sez. III, 22
ottobre 2002, n. 14905).
3. Il
ricorso va, pertanto, rigettato, con la conseguente condanna della
ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla soc. Axa
Assicurazioni le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro
3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed
accessori di legge.