Corte di Cassazione n° 196 – rimozione del veicolo in sosta da una proprietà condominiale affidata a società privata – legittimità – risarcimento danni – 09.01.2007
caso di specie, un Condominio incaricava una società privata di
rimuovere dal portico condominiale un ciclomotore abusivamente
parcheggiato nonostante la presenza di appositi cartelli con
l’indicazione “divieto di sosta” e con l’avvertimento che i motoveicoli
sarebbero stati rimossi a spese dei trasgressori. Il proprietario del
veicolo adiva il Giudice di Pace di Bologna, il quale rigettava la
domanda costringendo lo stesso a ricorrere in Cassazione. La Suprema
Corte ha confermato la sentenza del Giudice di Pace:”La sentenza ha
solo fatto applicazione del principio dell’autotutela o difesa privata
del possesso e del principio stabilito nell’art. 2043 c.c, per il quale
colui che col proprio fatto doloso o colposo cagiona ad altri un danno
ingiusto è obbligato al risarcimento. Ha cioè ritenuto che il
possessore, molestato nel possesso, possa, personalmente o a mezzo di
un terzo cui abbia all’uopo affidato il relativo incarico, far cessare
la molestia in atto rimuovendo la cosa con la quale l’offesa viene
esercitata ed abbia altresì diritto al rimborso delle spese dovute al
terzo per la rimozione, in quanto causate dal fatto illecito del
molestatore”.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg, ri Magistrati: Dott. Gaetano FIDUCCIA – Presidente Dott. Francesco TRIFONE – Consigliere Dott. Giovanni FEDERICO – Consigliere Dott. Nino FICO – Rei- Consigliere Dott. Raffaele FRASCA – Consigliere
ha pronunciato la seguente SENTENZA
sul ricorso proposto da: Fo.Ro.,
nella qualità di legale rappresentante della Unione Bo.Se. s. n. c.
(Ub.), elettivamente domiciliata in Ro. Lu.Fl.n.(…) in presso lo
studio dell”avvocato Gi.Gr., difeso dall’avvocato Fa.Qu. giusta delega
in atti; ricorrente
contro Ce.So..St.
DI Mi.De. & C. Sa., elettivamente domiciliato in Ro. Lu.Ar.Da.Br.
9, presso lo studio dell’avvocato Ar.Le., che lo difenda unitamente
all’avvocato Ba.Bu., giusta delega in atti; controricorrente
avverso la sentenza n. 2761/02 del Giudice di pace di Bologna, emessa il 20/8/2002, depositata il 23/09/02; RG. 1046/2002;
udita
la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/09/06 dal
Consigliere Dott. Nino FICO; udito l’Avvocato Fa.Gu.;
udito 1! Avvocato Ba.Bu.;
udito
il P. M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele
CENICCOLA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In
esecuzione del contratto di prestazione d’opera stipulato con il
Condominio di via Fa., Bo., il Centro Soccorso stradale (CSS) di Mi.De.
e C. s. a. s. ha rimosso dal portico condominiale il ciclomotore di
proprietà dell’Unione Bo.Se. s. n. e. t ivi abusivamente parcheggiato
nonostante la presenza di appositi cartelli con l’indicazione di
“proprietà privata – divieto di sosta” e con l’avvertimento che i
motoveicoli sarebbero stati rimossi a spese dei trasgressori. Ro.Fo.,
legale rappresentante della società proprietaria del ciclomotore, ha
ritirato il mezzo, pagando la somma di lire 130,000 per spese di
rimozione trasporto e custodia, e, deducendo l’illegittimità della
rimozione in quanto operata da privato e non dall’autorità
amministrativa all’uopo preposta, ha adito il giudice di pace di
Bologna per la condanna del CSS alla restituzione della somma, oltre al
risarcimento dei danni.
Il
giudice di pace ha respinto la domanda ritenendo legittima la rimozione
del veicolo, per avere il CSS, operando su incarico del condominio,
fatto valere il diritto del medesimo alla rimozione più rapida
possibile della molestia al possesso e al godimento del portico,
costituita dalla presenza del ciclomotore ivi abusivamente
parcheggiato, e giustificato il pagamento delle spese di rimozione
trasporto e custodia da parte del proprietario del mezzo in quanto
causate dal di lui fatto illecito, ex art. 2043 c.c.
Avverso
la decisione il Fo., nella qualità, ha proposto ricorso per cassazione
affidandolo a quattro motivi, illustrati da memoria.
Il CSS ha resistito con controricorso, anch’esso f illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con
i primi tre motivi (violazione degli artt. 97, 42, 41 e 23 Cost.,
nonché apparenza e perplessità della 3 motivazione), da trattare
congiuntamente perché intimamente connessi, il ricorrente ha dedotto
che il portico, anche se di proprietà privata, in quanto gravato da
passaggio pubblico pedonale è soggetto alla disciplina del codice della
strada e pertanto il privato non ha alcun potere dì accertare
violazioni, rimuovere veicoli e applicare sanzioni pecuniarie,
spettando tali poteri, tutti di carattere pubblicistico, esclusivamente
agli organi di polizia ai sensi dell’art. 12 dello stesso codice, e che
il giudice di pace, nel ritenere legittimo l’esercizio di tali poteri
da parte del CSS e dovute le spese a titolo di risarcimento dei danni
conseguenti all’abusivo parcheggio del ciclomotore nell’area del
portico, è incorso nella violazione delle norme richiamate e nel
denunziato vizio di motivazione.
Le censure sono inammissibili.
La
sentenza non ha attribuito al privato il potere di accertare violazioni
in materia di circolazione stradale e di applicare sanzioni pecuniarie
ovvero sanzioni amministrative accessorie, costituenti espletamento di
servizi di polizia stradale, riservati ai soggetti indicati nell’art.
12 del codice della strada. Ha solo fatto applicazione del principio
dell’autotutela o difesa privata del possesso e del principio stabilito
nell’art. 2043 ce, per il quale colui che col proprio fatto doloso o
colposo cagiona ad altri un danno ingiusto è obbligato al risarcimento.
Ha cioè ritenuto che il possessore, molestato nel possesso, possa,
personalmente o a mezzo di un terzo cui abbia all’uopo affidato il
relativo incarico, far cessare la molestia in atto rimuovendo la cosa
con la quale l’offesa viene esercitata ed abbia altresì diritto al
rimborso delle spese dovute al terzo per la rimozione, in quanto
causate dal fatto illecito del molestatore.
Le censure,
pertanto, non solo non investono in nulla le rationes decidendi, ma,
sotto il profilo o pretesto della violazione di norme costituzionali e
di un’apparente o perplessa motivazione, prospettano violazioni di
leggi, in particolare del codice della strada, escluse dall’ambito
della ricorribilità per cassazione delle sentenze pronunciate dal
giudice di pace secondo equità, ai sensi del secondo comma dell’art.
113 c.p. c Anche sotto il profilo del vizio di motivazione, infatti,
oggetto di doglianza non sono le rationes decidendi o la loro
identificazione, ma l’attribuzione al privato dì poteri di polizia
stradale e il mancato preventivo accertamento del fatto illecito e del
danno giustificativi del pagamento delle spese di rimozione trasporto e
custodia del ciclomotore.
Col
quarto motivo (violazione dei principi in materia di autotutela) il
ricorrente ha dedotto che le ipotesi di autotutela sono tassativamente
previste, sicché non è configurabile nel nostro ordinamento, per il
carattere eccezionale di tali ipotesi, la possibilità di farvi ricorso
al di fuori dì esse, anche se si tratti di possesso.
La censura è infondata.
Il
c.d. principio dell’autotutela possessoria, o della legittima difesa
privata del possesso, per il quale chi è spogliato del possesso o in
esso è molestato può, se lo faccia immediatamente {in continenti), cioè
mentre dura l’offesa, ritogliere legittimamente egli stesso allo
spoliator la cosa o rimuovere la molestia di cui è vittima, senza
incorrere nel reato di ragion fattasi (esercizio arbitrario delle
proprie ragioni), consacrato nel diritto romano e nel diritto canonico,
espressamente codificato nel codice civile germanico e in quello
svizzero, contenuto in una norma del progetto preliminare del nostro
codice civile, non riprodotta nel testo definitivo del codice perché
ritenuta superflua, trova ingresso nel nostro diritto come principio di
ragione naturale, prima ancora che giuridica, siccome riconosciuto da
autorevole dottrina, nonché espressamente individuato da specifici
arresti di questa Corte (Cass. 31 luglio 1947, n. 1332, Cass. 24 aprile
1954, n. 1267; Cass. 8 novembre 1958, n. 3660; Cass. 22 febbraio 1963,
n. 431).
Il ricorso va dunque respinto. Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
P.Q, M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.