Corte di Cassazione n° 20754/09 – insidia e trabocchetto – responsabilità della PA nonostante la notevole estensione della strada -28.09.09
La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, avente ad oggetto un sinistro stradale provocato da insidia stradale, ha ribadito che non si può escludere l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. nei confronti dell’ente proprietario, anche
se tali beni hanno una notevole estensione tale da non consentire una
idonea vigilanza per evitare situazioni di pericolo. La Corte ha
richiamato l’ultimo orientamento espresso nella sentenza del 2008
(Cass. n. 20427/2008) ricordando di aver superato il vecchio indirizzo secondo
cui l’art. 2051 c.c., sarebbe “applicabile nei confronti della P.A.,
per le categorie di beni demaniali quali le strade pubbliche, solamente
quando, per le ridotte dimensioni, ne è possibile un efficace controllo
ed una costante vigilanza da parte della P.A., tale da impedire
l’insorgenza di cause di pericolo per gli utenti”.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
SENTENZA N° N. 20754
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:Dott. DI NANNI Luigi Francesco – PresidenteDott. FILADORO Camillo – ConsigliereDott. FINOCCHIARO Mario – ConsigliereDott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere Dott. D’AMICO Paolo – Consigliereha pronunciato la seguente:
sentenza sul ricorso 17492/2005 proposto da: …….,
……., elettivamente domiciliati in ROMA, ……., presso lo studio
dell’avvocato ……., che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ……. giusta delega a margine del ricorso;- ricorrenti
– contro …….
in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, ……., presso gli UFFICI DELL’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, da cui è difeso per legge;- controricorrente
– avverso
la sentenza n. 170/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA SEZIONE Quarta
CIVILE, emessa il 15/12/2004, depositata il 28/01/2005, R.G.N.
2382/2001; udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 24/06/2009 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO; udito l’Avvocato …….; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESO
Con atto di
citazione notificato il 28 novembre 1997 ……. e ……. convenivano
in giudizio davanti al Pretore di Venezia l’……. per sentirla
condannare al risarcimento dei. danni subiti dalle loro autovetture a
seguito di un evento franoso verificatosi lungo la statale n. …….
L’……. si
costituiva eccependo l’incompetenza per territorio del giudice adito e,
nel merito, la sussistenza di una loro responsabilità. Con
sentenza non definitiva il Pretore pronunciava sulla questione
pregiudiziale affermando la propria competenza; quindi, il Tribunale di
Venezia (divenuto competente a decidere la controversia) condannava
l’……. a risarcire il danno patrimoniale, quantificato a favore del
……. in complessive L. 3.876.580 ed a favore del ……. in L.
2.097.520, oltre accessori.
Il Tribunale
rilevava la sussistenza della responsabilità in capo all’ente convenuto
sotto il profilo dell’art. 2051 c.c., in presenza di danno cagionato da
una res insidiosa. L’……. proponeva appello chiedendo il totale rigetto della domanda.
Al gravame si opponevano entrambi gli appellati, chiedendo la conferma della sentenza.
La Corte
distrettuale accoglieva l’appello e in riforma della sentenza impugnata
rigettava le domande avanzate dagli appellanti nei confronti
dell’…….
Proponevano ricorso per cassazione ……. e …….. Resisteva l’……., ora ……. spa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Sostiene
l’impugnata sentenza che l’invocazione, nella fattispecie per cui è
causa, dell’art. 2051 c.c., prospettata dal Tribunale, non è
condivisibile, non essendo configurabile, alla luce della prevalente
giurisprudenza, un dovere di custodia sulla strada in oggetto da parte
della pubblica amministrazione. Un dovere di custodia, prosegue la
Corte distrettuale, potrebbe al più riguardare il tracciato della
strada e le sue pertinenze, ma non può certo estendersi fino a
comprendere fenomeni che si sono manifestati al di fuori della sede
stradale, con caduta di massi da una ripa a monte.
Per la Corte
d’Appello di Venezia non è neppure fondata la tesi relativa ad una
responsabilità aquiliana secondo i principi generali desumibili
dall’art. 2043 c.c., atteso che la pubblica amministrazione aveva già
provveduto a segnalare la situazione di pericolo nel tratto di strada
in esame, laddove gli appellati non hanno dimostrato, come era loro
onere, che la situazione fosse di per sé oggettivamente prevedibile e
tale da rendere necessaria l’attivazione di misure di emergenza.
Neppure,
secondo la Corte territoriale, è configurabile una responsabilità per
“insidia stradale”, atteso che il danno fu provocato non da massi
presenti sulla strada ma da quelli rotolati da zone sovrastanti.
Con i due
motivi del ricorso, che per la loro stretta connessione devono essere
congiuntamente trattati, i ricorrenti rispettivamente denunciano: 1) “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., nonchè travisamento del fatti”; 2) “Violazione e/o falsa applicazione art. 2051 c.c.”. Sostengono
in particolare ……. e ……. che il Giudice d’appello ha errato sia
nel non applicare l’art. 2043 c.c., alla fattispecie per cui è causa,
sia nel valutare i fatti di causa.
A loro avviso infatti i tre presupposti per l’applicazione dell’art.
2043 c.c., sono presenti nella condotta dell’……. ed in specie: un
comportamento negligente nella manutenzione dell’assetto stradale anche
alla luce dell’art. 3 del T.U. della circolazione stradale approvato
con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, che impone all’Ente gestore della
strada di garantire la sicurezza degli utenti; un nesso di causalità
tra la condotta del soggetto agente e l’evento dannoso che ha visto
coinvolti i soggetti danneggiati; un evento dannoso in relazione al
quale nessuna contestazione di sorta è stata sollevata da parte
convenuta.
Qualora non
dovesse essere ravvisata una responsabilità extracontrattuale ai sensi
dell’art. 2043 c.c., concludono i ricorrenti, potrebbe di pieno diritto
ritenersi applicabile al caso di specie, soprattutto alla luce della
più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, il disposto di
cui all’art. 2051 c.c., in tema di danno da cose in custodia.
Il ricorso è fondato.
In materia
di responsabilità civile per manutenzione delle strade si è
ulteriormente evidenziata (Cass. n. 20427 del 2008) la necessità di
superare il precedente indirizzo di questa Corte che riteneva
applicabile l’art. 2051 c.c., nei confronti della P.A., per le
categorie di beni demaniali quali le strade pubbliche, solamente
quando, per le ridotte dimensioni, ne è possibile un efficace controllo
ed una costante vigilanza da parte della P.A., tale da impedire
l’insorgenza di cause di pericolo per gli utenti (Cass. 26 settembre
2006, n. 20827; Cass. 12 luglio 2006, n. 15779; Cass. 6 luglio 2006, n.
15383).
S’è dunque ritenuto di dover affermare il diverso principio secondo il
quale: la responsabilità da cosa in custodia presuppone che il soggetto
cui la si imputa abbia con la cosa stessa (e sia in grado di esplicare
riguardo ad essa) un potere di sorveglianza, di modificarne lo stato e
di escludere che altri vi apporti modifiche.
S’è ulteriormente precisato:
a) che per le strade aperte al traffico l’ente proprietario si trova
certamente in tale situazione una volta accertato che il fatto dannoso
si è verificato a causa di una anomalia della strada stessa (il cui
onere probatorio grava sul danneggiato);
b) che è comunque configurabile la responsabilità dell’ente pubblico
custode, salvo che quest’ultimo non dimostri di non avere potuto far
nulla per evitare il danno;
c) che l’ente proprietario non può far nulla quando la situazione
all’origine del danno si determina non come conseguenza di un
precedente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada ma in
maniera improvvisa, atteso che solo quest’ultima (al pari della
eventuale colpa esclusiva dello stesso danneggiato in ordine al
verificarsi del fatto) integra il caso fortuito previsto dall’art. 2051
c.c., quale scriminante della responsabilità del custode.
Si è concluso, in sintesi, a) che agli enti pubblici proprietari di
strade aperte al pubblico transito in linea generale è applicabile
l’art. 2051 c.c., in riferimento alle situazioni di pericolo
“immanentemente” connesse alla struttura o alle pertinenze della strada
stessa, essendo peraltro configurabile il caso fortuito in relazione a
quelle provocate dagli stessi utenti, ovvero da una repentina e non
specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa;
b) che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata
allo scopo di garantire un intervento tempestivo, la suddetta
situazione non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo
strettamente necessario a provvedere (Cass. 29 marzo 2007, n. 7763;
Cass. 2 febbraio 2007, n. 2308).
Ancor più di
recente si è quindi sostenuto, a ulteriore specificazione dei criteri
sin qui elaborati, che ai fini del giudizio sulla qualificazione della
prevedibilità o meno della repentina alterazione dello stato della
cosa, quale quella verificatasi nella specie (frana), occorre avere
riguardo, per quanto concerne i pericoli derivanti da situazioni
strutturali e dalle caratteristiche della cosa, al tipo di pericolosità
che ha provocato l’evento di danno e che può atteggiarsi diversamente,
ove si tratti di una strada, in relazione ai caratteri specifici di
ciascun tratto ed agli analoghi eventi che lo abbiano in precedenza
interessato (Cass., 3 aprile 2009, n. 8157).
La Corte
d’Appello, nell’impugnata sentenza ha errato proprio nel non tener
conto della specifica pericolosità del tratto di strada in cui si
verifica il sinistro, caratterizzata dalla franosità del terreno
sovrastante, come risulta del resto dalla precedente apposizione di
segnali di pericolo.
Per tale
ragione l’impugnata sentenza deve essere cassata, con rinvio alla Corte
d’Appello di Venezia in diversa composizione che deciderà anche sulle
spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il ricorso e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa
composizione che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2009